Citazione spirituale

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Irene Zolea il 5 ottobre 2009 alle 14:11 ha scritto:

Lo consiglio di tutto cuore :)

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Bernadette - F. Bouchard
Libro
F. Bouchard Paoline Edizioni (settembre 2008, 288 p.)

mauro maffioli il 4 ottobre 2009 alle 13:25 ha scritto:

un bellissimo libro condito di tantissimi particolari che ancora non conoscevo sulla vita di Bernadette. Il linguaggio semplice e scorrevole aiuta a comprendere il mistero e la grandezza delle apparizioni di Lourdes. Tra le pagine del libro si ha la possibilità di respirare i profumi e gli umori di quel piccolo paese ai piedi dei Pirenei. Complimenti.MAURO

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Domenico Marzatico il 2 ottobre 2009 alle 19:58 ha scritto:

Opera magistrale di Mons. Angelini.
Stranamente la questione della libertà è spesso elusa o travisata dal pensiero cattolico; la riflessione dell’autore al contrario, mette in luce come la morale cristiana consegni l’uomo proprio alla libertà, durante il promettente cammino della vita.
L’identità di ogni individuo che incontra e accoglie il Vangelo di Gesù si determina mediante l’esercizio della libertà, poiché riconosce il senso dell’esistenza in un’evidenza fenomenologica ben più realista delle incostanti e passeggere ’etiche’proposte dalla psicologia, sociologia e teoria politica, certo non preoccupate né della Salvezza, né della morte.
La morale cristiana, quindi cattolica, non si può dare completamente a monte dell’individuo, poiché prescinderebbe dalle caratteristiche effettive, dalla storia dell’individuo stesso (immerso sempre in un costume e in un’epoca determinati) e dalla evidenza pratica: in tal caso la morale cristiana si risolverebbe in un elenco di divieti, come troppo spesso si evince dalle catechesi e dalla predicazione. La Legge intesa in tal senso, è percepita come ‘recinto’, dove l’identità del soggetto non può compiersi.
Tuttavia, la morale non si può dare nemmeno soltanto a valle di ogni ‘vicenda’, quindi dall’esperienza pratica, di un individuo: in tal senso questo fallirebbe la determinazione della propria identità ; procedere per prove è come vivere senza mai determinarsi.
Il peccato originale infatti, - del quale sono simbolicamente protagonisti l’uomo e la donna nell’Eden, ed il popolo d’Israele nel deserto- insegna che, nonostante l’iniziativa gratuita di Dio, quindi il carattere promettente della vita, l’uomo è sempre tentato di poter mettere alla prova la realtà (esperimento) e sempre meno farsi mettere alla prova da essa (volere ciò che si fa: struttura della libertà).
Il modello fenomenologico è l’unico che permette di tenere insieme la Verità di Dio e la libertà dell’uomo; praticamente tutta la trattazione morale cristiana precedente, compresa la Scolastica (seppur apprezzata per la sua impostazione anche antropologica e per essere stata la prima vera forma di trattazione teorica), ha troppo facilmente considerato l’individuo in senso ideale (a monte della vicenda di ogni uomo), procedendo quindi solo a posteriori delle diverse forme della stessa Parola di Dio (Legge, Profezia, Sapienza, Vangelo): per il credente si configura così un procedimento dunque solamente deduttivo nella relazione con Dio, che tanto si accomuna alla figura dell’homo curvatus dal peccato, delineata dal pensiero protestante e dalle filosofie kantiana e postkantiana.
La coscienza credente (cfr. P. Sequeri ‘Il Dio affidabile’), invece, ha bisogno, in ogni epoca, proprio di quel riferimento costante alla morale biblica per comprendere e criticare quelle forme del costume dal quale è comunque sempre preceduto e plasmato.
Libro - chiave per intendere la teologia dell’autore (per i numerosi argomenti specifici della trattazione morale, si vedano le altre sue pubblicazioni) che chiaramente si intreccia con tutto il pensiero della ‘scuola di Milano’ della facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale.
Raccomandato ad insegnanti, catechisti, credenti e non.
Linguaggio denso ma accessibile, ricca bibliografia.


agostino il 30 settembre 2009 alle 22:01 ha scritto:

lo consiglio a tutti i cristiani cattolici e non cattolici, e a
tutti. la preghiera dell'ufficio divino dona, amore, pace
e gioia.

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Luciano, lucianoravaioli@aclifc.it il 30 settembre 2009 alle 19:32 ha scritto:

Non l'ho ancora letto, ma mi interessa; verrà presentato forse il 20 novembre prossimo a Forlì da parte di un gruppo di associazioni fra cui Acli, Lvia, Incontri, Caritas ecc ecc
Saluti Luciano Acli Forlì

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vane il 30 settembre 2009 alle 14:39 ha scritto:

questo musical è bellissimo lo stiamo preparand a scuola x la fine dell'anno scolastico!!! e stupendo!!!

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Elena Mancini il 30 settembre 2009 alle 12:20 ha scritto:

Vorrei solo precisare che Franz Jägerstätter è un beato martire e padre (così è stato nominato alla sua beatificazione) austriaco e non tedesco, come potrebbe trasparire dalla descrizione del libro. Una bellissima figura di uomo! Non ho ancora letto il libro, ma non vedo l'ora di sapere come Sicari descrive Jägerstätter, visto che i suoi "ritratti" sono sempre molto ben fatti e profondi; invece Jägerstätter viene a volte descritto come un sempliciotto, disobbediente e per lo più egoista, perché ha preferito farsi condannare a morte, invece di dire "sì" alla chiamata alle armi e non rendere vedova la moglie e orfane le tre figlie. Sono sicura che Sicari avrà valorizzato invece tutta la sua umanità.


aldoux, aldoux@hotmail.it il 30 settembre 2009 alle 00:54 ha scritto:

La libertà non è la sicurezza di pascolare su e giù nel prato recintato, custoditi da un severo pastore armato di bastone e dal suo cane. Ma il coraggio di andare su sentieri impervi dove a seguirlo si rischia la vita. Liberi di fermarci, tornare indietro o cambiare strada. Lui ci ha insegnato a pensare fuori dagli schemi, al di là dei pregiudizi. E noi, oltre a non voler rischiare mai nulla ed a coltivare i nostri vecchi pregiudizi, condanniamo quelli che hanno ancora, e sono pochi purtroppo, la voglia di farlo. Questa Chiesa è vecchia e non sà più parlare agli uomini.

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giuliana brugnoli il 29 settembre 2009 alle 22:17 ha scritto:

Conoscerete attraverso queste pagine la figura di una Beata unica e straordinaria che diverrà giorno dopo giorno amica, confidente e potente avvocata presso Dio.
Si consiglia di leggere anche Un piccolo granello di polvere - Pensieri della Beata Mariam di Gesù Crocifisso - Ed. Cantagalli

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edda il 29 settembre 2009 alle 18:08 ha scritto:

E' un bellissimo cd di canzoni per la Madonna. Grazie a questi canti mi sento più vicina alla nostra Mamma celeste. Unico rammarico: non riesco a reperire gli spartiti.

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luna, teresa.leggiero@tin.it il 29 settembre 2009 alle 09:51 ha scritto:

Leggere questo libro è...fare immediatamente un ' salto in Verticale'...lo leggi tutto d'un fiato e poi lo rileggi soffermandoti in ascolto.Citando la Morelli: "...alla Bellezza le si addice il silenzio".Bellissimo!

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Giuseppe il 28 settembre 2009 alle 22:58 ha scritto:

Considero questo affascinante libro davvero interessante, e' completo allo stesso tempo, perche' si possono vedere le manipolazioni adotte nella cosi detta bibbia dei Tdg. IL confronto e' davvero sbalorditivo a dir poco, si mettono in luce i passi biblici citati da loro, con altre traduzioni come quelle della CEI, NARDONI, LUZZI,ecc, la manipolazione del testo sacro risulta evidente. Doveroso ringrazziamento al sacerdote Paolo Sconocchini per aver realizzato questo importantissimo capolavoro.


Dott. Claudio MASSA, klaumas66@gmail.com il 28 settembre 2009 alle 14:16 ha scritto:

spunti interessanti... mi aspettavo qualcosa di più, ma la prospettiva di ricerca è certamente degna di possibili sviluppi... oltre l'aspetto teologico e scritturale, sarebbe utile un approfondimento antropologico e un confronto inter-religioso, con le religioni mediterraee e mediorientali

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stellamaris il 27 settembre 2009 alle 12:50 ha scritto:

Ma, scusate: per screditare il libro ho trovato scritto in un commento la classica banalità trita e ritrita ovverossia "non siamo più nel medioevo!". Forse che il demonio- purissimo spirito- esisteva solo nel medioevo ed oggi non esiste e non opera più? Ma allora meglio dire apertamente che non si crede nel demonio e nella sua azione ed evitare di dichiararsi cattolici: cattolico è infatti solo chi crede a tutto quanto la Chiesa cattolica ci propone a credere (compreso il demonio come essere personale) e non chi si fa una religione "fai da te"...

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Liberi di credere - Carlo Maria Martini
Libro

Gianluca D'Alessandro il 25 settembre 2009 alle 16:40 ha scritto:

Karl Rahner, maestro del Concilio, di Martini
e della coscienza relativa

Dietro l’opposizione intra-ecclesiale all’insegnamento di Benedetto XVI c’è il pensiero di un altro influente gesuita…

di Roberto de Mattei



Il nome di Karl Rahner è un passaggio obbligato per chi voglia entrare nel cuore del dibattito intraecclesiale dei nostri giorni. Come perito conciliare del cardinale Franz König il gesuita tedesco svolse, dietro le quinte, un ruolo cruciale nel Vaticano II, fino a essere definito dall’allora decano della Gregoriana, Juan Alfaro, “il massimo ispiratore del Concilio”. Di certo ha dominato il postconcilio come conferenziere di grido e scrittore dalla alluvionale produzione, pronto a intervenire disinvoltamente su tutti i problemi del momento: i suoi titoli sono oltre quattromila, le sue opere, tradotte e diffuse in tutto il mondo, continuano a esercitare una larga influenza sul mondo cattolico contemporaneo.
Sembra giunta però l’ora di “uscire da Rahner”, come implicitamente auspicato da Benedetto XVI nell’ormai storico discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, sulle “ermeneutiche” del Concilio Vaticano II. Lo “spirito del Concilio” a cui si richiamano gli ermeneuti della “discontinuità” ha infatti la sua fonte nel Geist in Welt di Rahner, quello “Spirito nel mondo” che è il titolo del suo primo importante libro, pubblicato nel 1939. Se in questo volume Rahner delinea la sua concezione filosofica della conoscenza, nel successivo, “Uditori della parola” (Hörer des Wortes), pubblicato nel 1941, espone la sua visione propriamente teologica. Le tesi di questi due libri e dei successivi, già lucidamente criticate dal padre Cornelio Fabro (“La svolta antropologica di Karl Rahner”, 1974), sono ora oggetto di un importante volume, a cura di padre Serafino M. Lanzetta, che raccoglie gli atti del convegno tenutosi a Firenze nel novembre 2007, con la partecipazione di eccellenti studiosi, provenienti da diverse parti del mondo: Ignacio Andereggen, Alessandro Apollonio, Giovanni Cavalcoli, Peter M. Fehlner, Joaquín Ferrer Arellano, Brunero Gherardini, Manfred Hauke, Antonio Livi, H. Christian Schmidbaur, Paolo M. Siano, (“Karl Rahner. Un’analisi critica. Le figure, le opere e la recensione. Teologia di Karl Rahner, 1904-1984”. Cantagalli).
Oggetto della scienza teologica, per Rahner, non è Dio, di cui non può essere dimostrata l’esistenza, ma l’uomo, che costituisce l’unica esperienza di cui abbiamo l’immediata certezza. Non si può dunque parlare di Dio al di fuori del processo conoscitivo dell’uomo. Dio, più precisamente, esiste “autocomunicandosi” all’uomo che lo interpella. Rahner afferma che nessuna risposta va al di là dell’orizzonte che la domanda ha già precedentemente delimitato. L’orizzonte di Dio è misurato dall’uomo che, delimitando nella sua domanda la risposta divina, diviene la misura stessa della Rivelazione di Dio. Rahner non dice che l’uomo è necessario a Dio perché Dio possa esistere, ma poiché senza l’uomo Dio non può essere conosciuto, la conoscenza umana diviene la chiave di quella che egli definisce la “svolta antropologica” della teologia. Rahner si richiama spesso a san Tommaso d’Aquino, ma di fatto riduce la metafisica ad antropologia e la antropologia a gnoseologia ed ermeneutica.
La “teologia trascendentale” di Rahner appare, in questa prospettiva, come uno spregiudicato tentativo di liberarsi della tradizionale metafisica tomista, in nome dello stesso san Tommaso. Ciò naturalmente può avvenire solo a condizione di falsificare il pensiero dell’Aquinate. Fabro non esita a definire Rahner “deformator thomisticus radicalis”, a tutti i livelli: dei testi, dei contesti e dei principi. L’esito è un “trasbordo” dal realismo metafisico di Tommaso all’immanentismo di Kant, di Hegel e soprattutto di Heidegger, acclamato dal gesuita tedesco come il suo “unico maestro”.
Rahner accetta il punto di partenza cartesiano dell’io come auto-coscienza. L’uomo, spogliato della sua corporeità, è innanzitutto coscienza, puro spirito, immerso nel mondo. Come per Cartesio e per Hegel, anche per Rahner è il conoscere che fonda l’essere, ma la conoscenza ha il suo fondamento nella libertà, perché “nella misura in cui un essere diventa libero, nella medesima misura esso è conoscente”. La coscienza coincide con la volontà dell’uomo e la volontà dell’uomo è l’attuarsi dell’Io. L’Io a sua volta non è sottomesso a nulla che lo possa condizionare, perché il suo fondamento sta proprio nella sua incondizionatezza e dunque nell’assenza di ogni oggettiva limitazione esterna.
La conseguenza della riduzione dell’uomo ad auto-coscienza è la dissoluzione della morale. La libertà prevale sulla conoscenza perché, come afferma Heidegger, dietro il cogito cartesiano irrompe la libertà. L’uomo è coscienza che si auto-conosce e libertà che si auto-realizza. Per Rahner, come per il suo maestro, l’uomo conosce e vive il vero facendosi libero. Il valore morale dell’azione non ha una radice oggettiva, ma è fondato sulla libertà del soggetto.
Forzando il n. 16 della “Lumen Gentium”, in cui si parla della possibilità di salvezza di coloro che “non sono giunti a una conoscenza esplicita di Dio”, Rahner afferma che la salvezza non è un problema, perché è assicurata a tutti, senza limiti di spazio, di tempo e di cultura. La chiesa è una comunità vasta come il mondo, che include i “cristiani anonimi”, i quali, benché possano dirsi non-cattolici, o addirittura atei, hanno la fede implicita. Chiunque infatti “accetta la propria umanità, costui, pur non sapendolo, dice di sì a Cristo, perché in lui ha accettato l’uomo”. Tutti, dunque, anche gli atei, in quanto atei, si salvano se seguono la propria coscienza. Qualsiasi uomo, quando conosce se stesso, anche nel male che compie, se si accetta come tale, allora è auto-redento ed ha fede. E quanto più conosce e accetta la propria “esperienza trascendentale” tanto più ha fede. Questo, osserva giustamente il padre Andereggen, significa che ha più fede un individuo che si sia psicanalizzato freudianamente durante dieci anni, piuttosto che un religioso che preghi (p. 35).
Il cardinale Franz König, uomo di punta del progressismo conciliare, fu il grande “sdoganatore” di Rahner, in odore di eresia fino agli anni Sessanta.
Tra i numerosi e illustri discepoli del gesuita, bisogna ricordare l’ex presidente della Conferenza episcopale tedesca Karl Lehmann e, in Italia, il cardinale Carlo Maria Martini. Le ultime interviste-confessioni di Martini, con Georg Sporschill (“Conversazioni notturne a Gerusalemme”, Mondadori) e con don Luigi Verzé (“Siamo tutti nella stessa barca”, Edizioni San Raffaele), sono di impronta rahneriana, per l’universalismo salvifico e la “morale debole”. Martini, come Rahner, ritiene che la missione della chiesa sia aprire le porte della salvezza a tutti, compresi coloro che si discostano dalla fede e dalla morale cattolica. Lo stesso Martini, istituì a Milano una “cattedra dei non credenti”, per ascoltare il loro contributo alla salvezza del mondo. Il successore di san Carlo Borromeo, rinunciava così al compito di portare Cristo a chi non crede, per affidare ad atei dichiarati come Umberto Eco la missione di “evangelizzare” i fedeli della diocesi ambrosiana.
Non è eccessivo affermare che Rahner è il padre del relativismo teologico contemporaneo. A confermarlo è la sua più intima confidente, Luise Rinser, che l’11 maggio 1965 gli scriveva: “Sai qual è la maggior difficoltà che mi viene da parte tua? Che sei un relativista. Da quando ho imparato a pensare come te non oso affermare nulla con sicurezza” (“Gratwanderung”, Kösel). Qualche anno dopo la stessa Rinser avrebbe solidarizzato con i terroristi Andreas Baader e Gudrun Ensslin. Rahner, da parte sua, il 16 marzo 1984, poco prima di morire, scrisse una lettera in difesa della teologia della liberazione che chiamava i cattolici alle armi in America Latina.
La lettura del libro curato dal padre Lanzetta conferma nell’idea che Karl Rahner, per lo spregiudicato uso delle sue indubbie capacità intellettuali, fu soprattutto un grande avventuriero della teologia. Il giovane Ratzinger subì il fascino della sua personalità, ma intravide presto le conseguenze devastanti del suo pensiero e, sotto un certo aspetto, dedicò tutta la sua successiva opera intellettuale a confutarne le tesi. Oggi il nome di Rahner rappresenta la bandiera teologica di chi si oppone al pensiero antirelativista di Benedetto XVI-Ratzinger. L’analisi critica merita di essere portata fino in fondo.
Il Foglio 16 giugno 2009

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