La misericordia lungo la storia della Chiesa
(Tau)EAN 9788879623070
Il volume, curato da Luca Bianchi per la collana "Tau" delle Edizioni Biblioteca Francescana, raccoglie le conferenze svoltesi nell'ambito di un ciclo di incontri organizzati dall'Istituto Francescano di Spiritualità della Pontificia Università Antonianum in occasione del Giubileo della Misericordia. I diversi autori sviluppano un aspetto della storia della Chiesa alla luce della misericordia di Dio, offrendo al lettore un'argomentazione che, nella sua semplicità, non manca tuttavia di profondità e di offrire stimoli interessanti. In apertura è il saggio di Marco Candidi (Dalla clemenza dei Cesari alla misericordia cristiana, pp. 7-14) che illustra l'aspetto pagano della misericordia, a partire dall'Iliade omerica passando per l'esplorazione dei concetti di moderazione, equità, clemenza e di pietas, aprendo scorci nel mondo greco e romano. La misericordia, afferma l'autore, è un «umano sentimento ben presente nei popoli dell'antichità classica» (p. 10) e in particolare è il termine clementia a corrispondere a un atteggiamento misericordioso che pare una connotazione peculiare del culto di Mitra (cf. p. 13).
Il contributo di Massimo Pampaloni (Callisto di Roma: un papa fuori dagli schemi, pp. 15-43) propone al lettore la figura straordinaria di papa Callisto, facendo riferimento come fonte all'Elenchos, opera di discussa attribuzione, duramente critica nei confronti del pontefice. Callisto, romano di Trastevere nato nel II secolo da una famiglia probabilmente cristiana e nella condizione di schiavo, aveva ricevuto dal suo padrone Carpoforo un'importante somma di denaro con cui aveva aperto una banca, ricevendo in deposito molto denaro che a un certo punto sparisce. L'Elenchos suggerisce che si tratti di dolo e tra un inseguimento e un tentativo di fuga Callisto viene riconsegnato al padrone che lo mette a girare la macina del mulino. Il prosieguo della vicenda ha tratti romanzeschi: dalla liberazione di Callisto per istanza di altri cristiani passando per un "tentativo" di essere martirizzato e un'ulteriore condanna ad metalla, sino alla nomina a vescovo di Roma, un vescovo "largo di manica" accusa la fonte. La vicenda suscita una questione significativa: «come mantenere la serietà delle alte esigenze cristiane con l'infinita misericordia di Dio?» (p. 29). Un dilemma quello tra misericordia e rigore che riguarda, suggerisce l'autore, tutti i tempi.
Marco Bartoli nel suo intervento considera il tema della misericordia nel vissuto di Francesco d’Assisi (Francesco, uomo della misericordia, pp. 45-74). In prima istanza lo storico si sofferma su un episodio antecedente alla conversione del Santo: il suo viaggio a Roma e l’esperienza dell’incontro con i poveri e della povertà presso San Pietro (miserias experiri), di cui vaglia l’attendibilità storica confrontando diverse fonti ed evidenziandone l’interesse quale «primo incontro tra la Chiesa per i poveri (quella di Innocenzo) e la Chiesa povera (quella di Francesco)» (p. 58). L’attenzione è quindi portata sul celebre incipit del Testamento, dove è centrale il "facere misericordiam" evocato da Francesco: «l’incontro con il lebbroso che prepara l’incontro con il crocifisso» (p. 67) a San Damiano dove «capì che nei poveri che aveva incontrato, aveva incontrato quel Gesù crocifisso» (ivi). Un terzo testo del Santo richiama l’autore: la Lettera a un ministro dove egli esorta il suo interlocutore ad avere sempre misericordia dei fratelli peccatori (semper miserearis, cf. p. 68). Infine Bartoli si sofferma sull’indulgenza della Porziuncola nella sua novità (non era legata a un’offerta e non solo i ricchi potevano avvalersene) e nell’aspetto interessante della conferma divina di essa, ricevuta dal Santo in un lebbrosario, luogo di persone ritenute peccatrici (cf. p. 73). Una misericordia straordinaria davvero rivolta a tutti che, dinanzi ai dubbi sulla sua autenticità o meno, pone una semplice incisiva domanda: «chi mai può aver avuto la libertà spirituale di "inventare" un simile perdono?» (p. 74).
Lorenzo Cappelletti mette a tema il rapporto tra il culto dei santi, le indulgenze e le opere di misericordia nella Roma del XV-XVI secolo (Culto dei santi, indulgenze e opere di misericordia a Roma fra XV e XVI secolo, pp. 75-90): l'autore anzitutto inquadra storicamente e teologicamente la prassi delle indulgenze, «corollario a un tempo della soteriologia, dell’escatologia, dell’ecclesiologia e della sacramentaria cristiane» (p. 78). In particolare l’indulgenza plenaria giubilare è sempre stata legata al pellegrinaggio a Roma, per la quantità di memorie e reliquie dei santi presenti nella città , con veri e propri percorsi devozionali (ad esempio la visita alle sette chiese inaugurata da san Filippo Neri nel 1552). L’attenzione è focalizzata sul periodo che intercorre tra il giubileo del 1475 e quello del 1575 (cf. pp. 82-90): in un intrecciarsi di eventi che coinvolgono tutta la cristianità e di fatti più legati alla realtà di Roma, Cappelletti evidenzia il sorgere nell’Urbe di tante iniziative caritative (ad opera di confraternite, nuove fondazioni, sacerdoti, semplici fedeli...). Una fioritura di carità che sarà soprattutto nel giubileo del 1575 «ricco di opere di misericordia individuali e organizzate», stimolate anche dalla personalità di Filippo Neri (cf. p. 87) e da pontefici illuminati. Dopo il XVII secolo, nota l’autore, si assisterà a una decadenza: «nelle iniziative giubilari, prevarranno la spettacolarizzazione e la politicizzazione. Si perpetuano le forme, ma la vena si va inaridendo» (p. 90).
Il "fare misericordia" nelle Congregazioni femminili e francescane dell’Ottocento è il titolo del contributo di Chiara Codazzi: l’autrice illustra il peculiare contesto in cui nell’Ottocento sorgono numerosi istituti femminili francescani (pp. 91-110), inaugurando un nuovo modello di consacrazione e di inserimento nel mondo, nella società, investendo anche in una formazione adeguata alle competenze loro richieste. La Codazzi tratteggia dunque la fisionomia propria del "fare misericordia" di questi Istituti: l’adozione di un "nuovo" criterio di povertà rispetto al quale il lavoro, il servizio riveste una funzione importante, quale occasione di santificazione personale e di guadagnarsi il pane (cf. pp. 101-103); un servizio caritativo che attinge la sua ragion d’essere nella contemplazione di Cristo, della sua compassione (pp. 103-106); una spiccata attenzione alla promozione del senso della giustizia e della dignità di ogni uomo. Questo significò «creare occasioni preziose e inedite per salvaguardare ogni categoria di persone e ogni fascia di esistenza, attraverso opere di cura e di liberazione, di integrazione e di inclusione soprattutto dei più deboli» (p. 107). L’autrice menziona diversi istituti francescani, tracciando un panorama vitale nel tempo in cui essi sono sorti e che stimola riflessioni utili anche sul modo di essere nel mondo della vita religiosa oggi.
Vittoria Marini dedica le sue pagine (La misericordia nel magistero di san Giovanni Paolo II e papa Francesco, pp. 111-155). Il pontefice polacco, afferma l’autrice, «ha puntualizzato l’orizzonte di un nuovo umanesimo, da consegnare alla riflessione dell’uomo contemporaneo, perché ritrovi il senso della propria esistenza» (p. 112) ed è la stessa urgenza missionaria a sollecitare la Chiesa ad annunciare Cristo quale volto misericordioso di Dio. I documenti del magistero in questi termini intendono rispondere alla laicizzazione della società moderna e contemporanea, proponendo il «tema dell’amore divino che si fa vicino all’uomo» (p. 115), manifestazione dell’incarnazione che è mistero di misericordia. La Marini evidenzia come tale sia il nucleo della predicazione della Chiesa: in particolare Giovanni Paolo II ha «rivoluzionato la visione della misericordia, precedentemente considerata dalla coscienza del cristiano del XX secolo semplicemente un accessorio complementare della fede» (p. 121), ma prima di lui sensibili a questo aspetto sono anche papa Roncalli che introduce, in apertura del Vaticano II, il concetto di «medicina della misericordia» (p. 122) e Paolo VI che, nell’ultima sessione pubblica del Concilio, «fa della figura del samaritano un paradigma secondo il quale articolare la spiritualità che scaturisce dal Concilio» (p. 123). Su Giovanni Paolo II (legatissimo alla figura di suor Faustina Kowalska e autore dell’enciclica Dives in misericordia) e su Francesco si concentra la seconda parte del saggio (pp. 125-155): attingendo ai documenti e interventi papali, l’autrice riflette sulla teologia della misericordia sviluppata dai due pontefici in relazione alle congiunture storiche a loro contemporanee, evidenziando una concezione pratica, attiva, esperienziale della misericordia che papa Bergoglio assume anche nel motto del suo pontificato Miserando atque eligendo e coniando un verbo, misericordiando, che ben evidenzia come «questo tipo di amore ha bisogno di essere attuato con le azioni e non semplicemente con le parole» (p. 144).
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LIX, 2019, fasc. 3
(http://www.centrostudiantoniani.it/)
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