EAN 9788842090670
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Definito «Rapporto-proposta», il vol. rilancia «la dimensione antropologica decisiva dell’educazione e, più in generale, una riflessione sulla realtà esistenziale e socio-culturale dell’uomo d’oggi, alla luce dell’antropologia e dell’esperienza cristiana». Se il primo c. getta le basi per una riflessione sull’educazione in chiave antropologica, gli altri cc. ne verificano l’efficacia teorica e pratica nei concreti ambiti in cui la vita umana nasce, cresce ed esprime la sua creatività: famiglia, scuola, comunità cristiana, lavoro, consumo, mass media ecc. La Prefazione è del card. C. Ruini.
Tratto dalla rivista Il Regno n. 22 del 2009
(http://www.ilregno.it)
Il comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana ha approntato questo volume dal sottotitolo curioso: rapporto-proposta. Fin dall’introduzione risulta chiaro l’intento di voler affrontare il tema educativo non a partire dalle tecniche, importanti ma non decisive, bensì dalla sua valenza profonda di «processo umano globale e primordiale», nel quale entrano in gioco e sono determinanti soprattutto le strutture portanti dell’esistenza della persona umana: relazionalità, amore, conoscenza, libertà…
Che il tema dell’educazione sia attuale lo dimostrano le continue pubblicazioni al riguardo. Che lo sia anche nei termini di una «emergenza», la chiesa italiana ne ha preso coscienza e lo sta affrontando ampiamente. Non è un caso che il 61% delle famiglie la consideri la prima emergenza nazionale. Ecco allora i due percorsi del testo: da una parte i dati sull’educazione, il «rapporto», e dall’altra la «proposta». Nel «rapporto» vengono utilizzate le abbondanti ricerche empiriche effettuate negli ultimi anni relativamente ai temi reali (scuola, lavoro, consumi, tempo libero…) e alle problematiche emergenti (bullismo, immigrazione, invecchiamento della popolazione…), presentate in sintesi nell’ultimo capitolo. La «proposta» offerta ai lettori orienta a una sorta di alleanza per l’educazione, nella quale coinvolgere il maggior numero possibile di interlocutori.
L’approccio al tema si pone in continuità con quello inaugurato al convegno ecclesiale di Verona nel 2006, nella considerazione degli ambiti e dei luoghi della vita: la famiglia, la scuola, la comunità cristiana, il lavoro, i mass media, lo sport… Sono i luoghi nei quali le parole, le azioni, le scelte, le prove hanno una valenza educativa/diseducativa. Ne è scaturita una rappresentazione realistica della situazione dell’educazione odierna, che tiene conto dei problemi e delle opportunità. Oggi appaiono ridotte e precarie le possibilità di un’autentica formazione della persona che favorisca la capacità di orientarsi nella vita, di trovare significati e motivazioni per l’impegno, di rapportarsi agli altri in maniera costruttiva. La prospettiva del volume consiste nel mettere a fuoco la valenza non solo cognitiva dell’educazione ma soprattutto formativa della persona, in ordine al tenere insieme la consapevolezza di sé e del mondo, la libertà e la responsabilità delle proprie decisioni. La chiesa si sente interpellata nell’offrire un orizzonte ampio in cui l’educazione non si riduca a un complesso di metodi e di pratiche ma assuma il valore di un significato che coinvolge tutta intera la persona nelle sue molteplici dimensioni. L’emergenza educativa diventa un compito e una sfida per la comunità cristiana. Ma cosa si intende per educazione? A questa domanda fondamentale e non scontata risponde il primo capitolo, dove vengono messe a fuoco le coordinate per cogliere il senso di una azione educativa, come intenderla, cosa comporta.
Al centro della proposta sta la rilettura della dimensione antropologica alla luce della realtà esistenziale e socio-culturale dell’uomo di oggi, nell’ottica dell’antropologia e dell’esperienza cristiana: «L’attuale crisi dell’educazione ha a che fare non solo con singole difficoltà, ma piuttosto con l’idea che abbiamo dell’uomo e del suo futuro». L’intento di rendere manifesto il carattere generativo dell’educazione, alla luce di un’antropologia incentrata sulla costituzione relazionale dell’uomo, porta ad una definizione: l’educare «non è una tecnica per produrre qualcosa in qualcuno, ma un agire per attivare la capacità di azione di altri: in questo senso un agire generatore, che suscita l’identità attiva attraverso una relazione coinvolgente e comunicativa». Nei successivi nove capitoli si cerca di verificarne l’efficacia teorica e pratica nei concreti ambiti della vita umana. Di qui l’attenzione riservata alla famiglia, alla scuola, alla comunità cristiana, quali luoghi privilegiati di educazione e la considerazione di particolari ambiti della vita sociale come il lavoro, i media, lo sport… Nessuna considerazione, invece, sulla realtà politica e sulla cittadinanza.
Pur considerando gli ambiti specifici deputati all’educazione, la trattazione del tema non si presenta settoriale. Lo sforzo riflessivo si concentra sui motivi profondi delle attuali difficoltà e affronta le portanti questioni antropologiche. L’approdo finale non è solo descrittivo e interpretativo: mira soprattutto a offrire un contributo per fare evolvere positivamente la situazione.
La lettura del testo è facilitata dall’attenzione ad aver evitato termini troppo tecnici e dall’aver collocato i rimandi bibliografici alla fine di ogni capitolo, tranne l’ultimo che presenta una ricca raccolta delle principali ricerche empiriche realizzate negli ultimi anni, attinenti ai diversi temi esaminati nel rapporto-proposta.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2009, nr. 3
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
La Prefazione del cardinale Camillo Ruini (pp. IX-XVI) offre le istanze di fondo di questo volume, coordinato da S. Belardinelli, P. Bignardi e F. Botturi (cf. p. XVI). Dal momento che in Occidente l’educazione è diventata un problema, soprattutto per quanto concerne la trasmissione dei modelli di comportamento e di vita, la chiesa che, già per sua natura è mater et magistra, si sente oggi interpellata sia in generale che, nello specifico dell’educazione alla fede, all’interno del più vasto problema ormai denominato dal magistero “sfida educativa” o anche, in termini più drammatici, “emergenza educativa”. Di qui l’idea di un “Rapporto-proposta”, offerto dal Comitato di coordinamento per il Progetto culturale della Cei (cf. p. XVI), che guarda non tanto alle tecniche educative, bensì alle “strutture portanti” del processo dell’educazione, definita significativamente «come un processo umano globale e primordiale» (p. X), soffermandosi soprattutto sul “principio antropologico”, in base al quale «abbiamo bisogno di educazione […] semplicemente per essere uomini» (p. XI). In tal modo, le diverse situazioni concrete dell’educazione – i cui dati empirici relativi, tra l’altro, al disagio giovanile, all’immigrazione, alla scuola e alla formazione, al bullismo, alla famiglia, all’invecchiamento della popolazione…, sono offerti nel capitolo conclusivo (cf. pp. 196- 223) – sono osservate e inventariate senza veli, non soltanto per offrire una possibile diagnosi, anche al fine terapeutico di «fare evolvere positivamente la situazione » (p. XI) anche, dove occorra, correggendo la rotta.
Di qui i densi dieci capitoli del volume, ciascuno attento a un fattore del processo educativo, a partire dall’idea stessa di educazione, in un contesto che ne pregiudica sempre più le possibilità. Nell’orizzonte delle relazioni tra persone, l’educazione, infatti, «ha bisogno alla sua base di un’esperienza elementare di positività, di relazioni semplici e buone, in cui sia tangibile la stima per l’uomo, la (com)passione per il suo cammino e il suo travaglio, la speranza forte nelle sue risorse» (p. 14). A seguire, il ruolo della famiglia, oggettivamente in crisi (come ricorda il capitolo 2, pp. 25-48) sia per quanto concerne la fragilità della coppia che l’incertezza nella relazione tra genitori e figli all’interno del divario tra generazioni, viene affrontato anch’esso nell’ottica della riscoperta di senso. Il nodo fondamentale starebbe nel “legame familiare”, in verità più auspicato che concretamente articolato dalle pagine specifiche. A sua volta la scuola, in un generalizzato orizzonte di crisi del sistema scolastico (cf. cap. 3, pp. 49-87), non appare più, come dovrebbe, «il luogo in cui l’educazione si realizza attraverso la trasmissione di un patrimonio culturale elaborato dalla tradizione, mediante lo studio e la formazione di una coscienza critica» (p. 51). In particolare, l’analisi delle sue trasformazioni strutturali, anche relativamente alla scuola pubblica statale e non statale, rivela che la crisi di entrambe «sta, in una certa misura, proprio nel fatto che stentano a mantenere una propria identità reale e culturale e rischiano di appiattirsi sul consumismo e sul nichilismo dilaganti» (p. 70).
La stessa comunità cristiana, che ha come sua finalità l’evangelizzazione (a cui viene dedicato il cap. 4, pp. 72-87), come riconosce francamente il volume, «soffre delle medesime povertà e difficoltà delle altre agenzie educative» (p. 77), eppure non può non rivitalizzare il proprio compito educativo, anche sulla scia della sollecitazione rivolta da papa Benedetto XVI alla città di Roma il 21 gennaio 2008, allorché invitava appunto tutti i credenti al compito “urgente” di educare, in una situazione divenuta ormai di “emergenza educativa”. Ecco perché «la nuova attenzione all’educazione sta orientando a ripensare, aggiornare, rendere più adeguati i processi educativi» (pp. 86-87). Dopo le istituzioni educative, il volume dedica attenzioni alle azioni e agli ambiti educativi che richiedono maggiore attenzione e inversioni di rotta, soffermandosi sul lavoro (pp. 88-110), sull’impresa (pp. 111-127), sul consumo (pp. 128- 143), sui mass media (pp. 144-165), sullo spettacolo (pp. 166-180) e, infine, sullo sport (pp. 181-195). Non ci si può, purtroppo, soffermare su ognuno di questi rilevanti ambiti. Ma resta, comunque, notevole il fatto che la pastorale italiana sia sollecitata a guardare anche a quei settori che, in un recente passato, sembravano meramente applicativi di teorie e prassi educative. Essi sono, invece, analizzati come altrettanti ambiti significativi dell’esistenza umana, dunque da gestire ed educare. Così, «l’associazionismo sportivo costituisce senza dubbio un impegnativo banco di prova, una sfida positiva e di enorme utilità per la società civile» (p. 185).
A loro volta, i media, formidabili strumenti per comunicare e per veicolare “esempi”, pur supponendo sempre le relazioni interumane, interferiscono in quanto strumenti nel processo educativo, quindi «possono assecondarlo e sostenerlo come renderlo più arduo e rischioso» (p. 149). Perfino i consumi della nostra società opulenta ed estetizzante, se opportunamente ripensati in ottica educativa, prospettano nuove possibilità, al punto «che i consumi, nuova frontiera della cittadinanza, servano non solo a rassicurare noi stessi, offrirci nuove esperienze, ancorare la nostra eventualmente traballante identità, ma anche a trovare un nuovo rapporto con gli altri, una nuova socialità e una nuova moralità» (p. 137). Non appesantiti da note, i lineari capitoli di questo libro sono, comunque, corredati ognuno di riferimenti bibliografici essenziali per gli adeguati approfondimenti.
Tratto dalla rivista Asprenas n. 4/2009
(http://www.pftim.it)
Il testo che presentiamo parte da un approfondimento di educazione (Per un’idea di educazione) e svolge nei capitoli, successivi al primo, quanto riguarda i seguenti “luoghi” dell’educazione: famiglia, scuola, comunità cristiana, lavoro, consumo, mass media, spettacolo, sport. «Per facilitarne la lettura si è deciso di evitare tecnicismi accademici e rimandi alle note bibliografiche. Fatta eccezione per l’ultimo capitolo, il quale contiene una ricca bibliografia sulle principali ricerche empiriche realizzate negli ultimi anni, attinenti ai diversi temi che sono stati esaminati nel Rapporto-proposta, per gli altri capitoli ci si è limitati a indicare una piccola bibliografia di riferimento» (p. XVI). La Prefazione del card. Ruini, dopo aver fatto riferimento alla vocazione educativa della Chiesa ed all’emergenza educativa, chiarisce che «questo Rapporto-proposta non è […] settoriale: prende in attenta considerazione ciascuno degli ambiti specificamente deputati all’educazione, come la famiglia e la scuola, o che comunque possono svolgere in essa un ruolo significativo, ma ha l’ambizione di riflettere sui motivi più profondi delle attuali difficoltà e affronta pertanto alcune fondamentali questioni antropologiche.
Avendo come scopo la formazione e lo sviluppo del soggetto umano, l’educazione è infatti intrinsecamente connessa con le risposte che vengono date ai grandi interrogativi riguardo all’uomo» (p. XI). Ritengo decisivo quanto proposto nel 1° capitolo Per un’idea di educazione, nel paragrafo Dai valori alla relazione generativa: «Ciò che dà vita e vigore a quanto vale (valori) è, dunque, ciò cui esso mira, cioè l’esperienza che se ne può fare». Non solamente perché «La pertinenza alla vita è ciò che dà rilievo ai valori, per cui essi hanno senso per l’esperienza che rendono possibile» (p. 11), ma perché, se non sono vissuti, i valori non esistono e non sono neppure compresi. Sono i valori vissuti che rendono possibile la convivenza civile. Ora i valori vissuti si vivono e, quindi, apprendono, come giustamente è ivi affermato, nella relazione generativa: i genitori non solamente «figliano», ma generano, cioè trasmettono valori ai figli, che sono tali anche e soprattutto per questo; non unicamente, quindi, per il dono della vita fisica; non soltanto per l’indipendenza economica che garantiscono ai figli, permettendo loro di crescere, non dipendendo unicamente dai propri genitori; ma soprattutto per la vita spirituale e formalmente umana, della quale garantiscono la crescita e, quindi, del vissuto di valori e di tradizioni ai quali educano attraverso l’esperienza vitale, cioè di ciò che è più personale e più intimo della proprietà dei beni e che permette una crescita formalmente umana. La libertà di apprendimento è diritto costitutivo di ogni persona umana in quanto tale.
Se reca dolore alla persona venire distaccata dalla sua proprietà fino a provocarne la morte; se ripugna entrare in questa sfera; quanto più non ripugna e causa dolore la manipolazione della persona attraverso l’insegnamento imposto soprattutto nell’età nella quale la persona umana non è in grado di difendersi da se stessa! Con l’invenzione della radio e, soprattutto, della televisione, le famiglie si sono spalancate al mondo, cioè alla realtà esterna, ma l’ambiente familiare non si è evoluto da protagonista dal punto di vista educativo, anzi è stato progressivamente svuotato. Non solamente, ma da tempo la scuola di Stato ha strappato i figli ai genitori imponendo stili di vita non sempre condivisi dalle famiglie. Le famiglie in generale non sono più state riconosciute e, soprattutto, rispettate come il fondamento della società civile, né la persona umana è stata riconosciuta sempre come effettiva origine del diritto. Ciò ha sempre più impoverito le famiglie, con il risultato che il vissuto nostro si è a poco a poco virtualizzato e i genitori hanno sempre meno influito nello sviluppare e consolidare il vissuto valoriale dei figli, non fosse altro che per la forzata e prolungata assenza da casa. Nella successione generazionale tale impoverimento riesce a mutare la vita e la cultura di un popolo. Questo discorso potrebbe essere sistematicamente sviluppato nei capitoli che trattano dei vari «luoghi» dell’educazione, in maggiore coerenza con quanto proposto nel 2° capitolo Famiglia. A titolo di esempio e di conferma, nel 6° capitolo Impresa, viene giustamente sostenuto: «Una scuola che non coltiva nei giovani il senso dell’intrapresa economica non aiuta lo sviluppo» (p. 116). Ed ancora, l’8° capitolo Mass media inizia così: «Tra educazione e comunicazione c’è uno stretto rapporto, un rapporto originario, poiché si educa comunicando. La relazione educativa avviene attraverso parole, gesti, azioni nella comunicazione interpersonale, ma si serve anche di linguaggi e canali comunicativi artificiali, a partire dalla scrittura fino ai moderni media audiovisivi e telematici» (p. 144).
Emerge un’interazione tra i vari “luoghi” dell’educazione, la quale deve trovare il punto di partenza e la responsabilità educativa nei genitori, titolari del progetto educativo dei loro figli, e, in tutti gli altri, forme sussidiarie nei confronti dei genitori. L’organizzazione democratica della vita civile, se è veramente tale, deve garantire il principio di sussidiarietà. Purtroppo, scuola, lavoro, consumo, mass media, spettacolo, sport sono fortemente diretti dall’organizzazione statale (sia dello Stato persona che apparato, come Regioni, Province e Comuni). E la comunità cristiana non esiste senza la “chiesa domestica”. Esistono luoghi di educazione se il vissuto, che viene sviluppato, è carico di valori e, quindi, costruisce convivenza civile. Il fondamento sul quale tutto regge sono i genitori; e l’ambiente educativo primigenio è la famiglia. La riflessione e la motivazione teorica, importantissima da quando il preadolescente ne inizia lo sviluppo, servono di sostegno, ma non sostituiscono il vissuto.
Tratto dalla rivista "Salesianum" 72 (2010) 2, 392-394
(http://las.unisal.it)
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ARIELLA MASSARELLI il 3 agosto 2014 alle 16:18 ha scritto:
Ho utilizzato questo libro come approfondimento ad un corso di teologia morale sociale: mette in evidenza delle problematiche sociali lavoro, impresa, scuola, famiglia...che sono sotto gli occhi di tutti, ma che toccano solo superficialmente. Aiuta a prenderne coscienza ed approfondirne gli aspetti per poter nel nostro quotidiano dare il nostro "piccolo contributo" a migliorare il nostro vivere.