Cammineranno le genti alla tua luce
-Lectio divina per le domeniche di Avvento, Natale, Epifania, Battesimo del Signore. Anno C
(Meditare) [Libro in brossura]EAN 9788801052817
Il simbolismo della luce e dello splendore della gloria divina non può non farci pensare al Natale. Questa luce è, per noi, il Verbo fatto carne. Con la sua nascita cambia la nostra condizione umana e ci sentiamo tutti chiamati alle cose divine. Cristo è quella luce divina dalla quale tutti noi siamo chiamati a lasciarci illuminare e alla cui presenza possiamo invocare Dio come Padre e annunciare agli uomini e alle donne del nostro tempo la bellezza e la novità del Vangelo. Se è vero che la fede è una porta che dobbiamo attraversare, o anche un cammino da compiere che dura tutta la vita, come pure un incontro vivo con una persona, Gesù Cristo, allora dobbiamo riconoscere di aver sempre bisogno della luce divina per orientarci nelle scelte di ogni giorno e per vivere sempre con lui.
La luce della fede, come altresì la luce della Parola che illumina, è il fil rouge che guida le riflessioni di Edoardo Scognamiglio, teologo e filosofo, in questo saggio per il tempo liturgico di Avvento-Natale-Epifania-Battesimo del Signore. Secondo tale prospettiva, il cammino della fede non riguarda semplicemente coloro che ancora non hanno incontrato Cristo, ma proprio noi battezzati, che a volte continuiamo a pensare alla fede come un a presupposto ovvio del vivere comune. L’autore di questo saggio pone in evidenza il carattere escatologico dell’Avvento: la speranza cristiana si apre al Signore che viene, colui che è il Kyrios. Così, il nostro agire cristiano nella storia riceve un nuovo vigore alla luce della risurrezione e della parusia. Già, perché, come ricorda Scognamiglio, non è possibile pensare e celebrare il Natale senza fare riferimento alla Pasqua, cuore della fede cristiana e dello stesso evento Gesù Cristo.
Nelle sue profonde riflessioni, l’autore si pone criticamente innanzi al modo tradizionale d’intendere il Natale e il tempo di Avvento. Se è vero che Dio mantiene nei secoli le sue promesse, allora dobbiamo attendere con gioia e senza turbamento la manifestazione gloriosa del Signore risorto come giudice e salvatore del mondo. È questo il cuore del messaggio della prima domenica di Avvento così come è presentato nella colletta propria dell’Anno C. Ci crediamo veramente? È una questione di fede. Già. In tal senso, veramente la fede e la speranza sono due virtù che si richiamano continuamente. Infatti, l’Avvento è per eccellenza il tempo della grande speranza fondata sulla promessa del Signore che “ritorna”. Facciamo molta attenzione al nostro linguaggio liturgico: il Signore non “ritorna” nel senso che prima se n’era andato e poi viene a visitarci nuovamente.
L’Avvento si riempie di particolare significato a motivo della parusia, cioè della manifestazione gloriosa del Signore che chiude e riempie il senso del tempo e il corso della storia. Gesù non se n’è andato. Egli è in mezzo a noi e vive nella sua chiesa. Riscoprire la forza dell’Avvento vuol dire prendere sul serio il fatto che Gesù si rivelerà nuovamente al mondo non più nell’umiltà di Betlemme, cioè in una condizione di estrema povertà e mansuetudine, bensì come il Vivente, il Risorto, il Giudice dei vivi e dei morti. L’Avvento comprende almeno cinque venute del Signore: la nascita a Betlemme, la parusia alla fine dei tempi, la presenza reale nell’eucaristia, la misteriosa e speciale presenza di Gesù nei poveri e negli ammalati, il suo essere nella chiesa come sacramento e quale suo corpo. Proviamo quest’anno a soffermarci sulla parusia: il Signore verrà a giudicare il mondo, cioè a rivelare agli uomini quello che essi sono veramente. È da qui che il cristiano si carica di speranza e vive con fede l’attesa del Signore. È in virtù di questa parusia che noi leghiamo il tempo di Avvento al mistero del Natale.
Diversamente, non avrebbe senso soffermarci solamente sulla nascita del Figlio di Dio nella carne e celebrarne esclusivamente l’umiltà e il grande e meraviglioso prodigio avvenuto circa duemila anni fa! Se dev’essere la speranza a far fremere i nostri cuori in questo tempo di Avvento, allora significa che abbiamo bisogno di guardare in alto, di cambiare prospettiva, e d’interpretare il senso delle cose e della nostra storia alla luce del Signore che viene, cioè che si manifesta. Si tratta di cambiare completamente prospettiva e di allenarsi a considerare il tempo non come chronos, bensì quale kairos. Non c’è semplicemente un calendario che segna il ritmo del tempo, bensì un evento salvifico che disegna e dà forma al contenuto della nostra salvezza: l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Il tempo (chronos) è diventato kairos dal momento in cui il Verbo si è fatto carne e Dio ci ha parlato nel volto umano di suo Figlio.
D’altronde, la forza del cristianesimo nascente è stata proprio quella dell’attesa struggente del Signore che viene. Innanzi a questa manifestazione del Vivente, tutto è ridimensionato e riletto nella giusta prospettiva di fede (cf. pp- 7-8). Sono undici le meditazioni che l’autore offre. Ogni capitolo è così concepito: breve introduzione al tema della domenica, tre paragrafi essenziali in cui s’indaga il senso letterale della Parola relativa alle tre letture proposte dalla liturgia festiva, l’attualizzazione della Parola, gli approfondimenti, le testimonianze, i suggerimenti per la preghiera dei fedeli, alcune proposte concrete, la preghiera conclusiva o l’oratio che ci ricorda il significato autentico della lectio divina. Le riflessioni qui proposte seguono un percorso biblico, teologico-spirituale ed esistenziale. Sono preziosi i riferimenti alle testimonianze: si attinge alla tradizione viva della chiesa e si segue pure un percorso ecumenico e interreligioso.
La lectio divina è rivisitata attraverso il metodo francescano, volto cioè ad applicare il Vangelo nella propria vita sine glossa, come il Poverello, senza perdersi nei meandri delle discussioni filologiche ed esegetiche. Il testo, tuttavia, costituisce una buona indagine biblica. L’autore, infatti, ha ben presente il senso letterale dei testi, che completa e illumina quello spirituale, anagogico e allegorico. Da qui il titolo del presente saggio. Il simbolo della luce ritorna con una certa insistenza nella prima lettura della festa dell’Epifania. La gloria del Signore brilla in Gerusalemme: il profeta la vede come il luogo verso cui tutti i popoli convengono per lodare Dio e offrirgli oro e incenso. La venuta dei magi porta a compimento la visione esaltante di Isaia, o meglio, la venuta dei magi e con loro delle nazioni della terra che riconoscono in Gesù il loro re.
Il profeta Isaia apre uno squarcio sulla gloria della nuova Gerusalemme: Sion è la città rivestita di luce, della gloria divina. Risuona, così, un forte annuncio di salvezza che prende forma nella visione escatologica del grande pellegrinaggio che re e popoli intraprenderanno. La meta di questo pellegrinaggio è Sion. Lo scopo del pellegrinaggio è quello di servire Jhwh. Al timore di un mondo che rifluisce nel caos primordiale, sotto il peso della sua violenza, si contrappone la gioiosa certezza di un universo che trova nel Signore la meta della propria storia e la sorgente stessa della propria stabilità. La città di Sion è personificata ed è invitata a sorgere dallo stato di prostrazione in cui si trova e a rifulgere della sua luce. La luce di Sion è la gloria di Jhwh: la città brilla con lo splendore divino.
È forte l’immagine di Sion che accoglie la luce e la riflette. Ciò è in contrasto con lo stato di caos primordiale in cui è venuto a trovarsi l’universo. È evidente lo scontro tra la luce divina che risplende in Sion e l’oscurità delle tenebre del caos primordiale e delle stesse nazioni. La luce di Sion è il Signore stesso! I popoli e i re, dunque l’umanità socialmente e politicamente strutturata, trovano solo in Sion la luce che indica il cammino della salvezza e della vita. Per noi, questa luce che si rivela e ci riveste è il bambino Gesù, l’Emmanuele. “Palpiterà e si dilaterà il tuo cuore”, dice Isaia a Gerusalemme. Infatti, bisognava dilatare il cuore del popolo di Dio per contenere in esso i nuovi uomini, i nuovi popoli. Proprio questo grido del profeta è la parola chiave dell’Epifania. Bisognava continuamente dilatare il cuore della chiesa, quando entravano in essa sempre nuovi uomini; quando, sulle orme dei pastori e dei magi, dall’Oriente arrivavano a Betlemme sempre nuovi popoli.
Anche ora bisogna sempre dilatare questo cuore, a misura degli uomini e dei popoli, a misura delle epoche e dei tempi. L’Epifania è la festa della vitalità della chiesa (cf. pp. 151-152). Il testo, scritto con linguaggio semplice e accessibile, è un prezioso sussidio per il tempo liturgico di Avvento e di Natale: costituisce una valida guida per preparare l’omelia, per aiutare le comunità a riflettere a partire dalla Parola proclamata e ascoltata, avendo come punto di riferimento le collette festive, i prefazi, le antifone mariane e quelle proprie del tempo di Avvento e di Natale.
Tratto dalla rivista "Asprenas" n. 1-4/2012
(http://www.pftim.it)
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Perfetta Letizia il 23 aprile 2013 alle 14:34 ha scritto:
Un valido aiuto nel periodo dell'anno liturgico durante il quale c'è tanto lavoro da fare...
Spiegazioni e commenti ad hoc...che aiutano a riflettere e a vivere in pienezza il tempo di Natale.
Consigliato per i giovani e gli adulti, ma molto utile anche con i bambini.
Ora ci manca solo il volume che riguarda l'Anno A. ^_^
Don Aurelio Carella il 11 gennaio 2022 alle 17:03 ha scritto:
Commento completo alla liturgia festiva del tempo di Avvento e Natale, anno C, con rifimenti esegetici, spirituali, pastorali e suggerimenti per la celebrazione. Le riflessioni si presentano ordinate e profonde.