Lungo la penisola, monasteri medievali, costruiti come fortezze, hanno difeso civiltà, accolto pellegrini, celebrato la grandezza di dinastie aristocratiche. Ci sono poi monasteri rinascimentali e barocchi, e anche edifici nuovi che testimoniano della recente rinascita monastica. Da Novalesa a Camaldoli, da La Verna a Subiaco e Praglia, da Rosano a Campello, a Grottaferrata: l’itinerario si snoda fra luoghi storici e luoghi recenti del monachesimo italiano, tutti animati da una vita spirituale autentica. Un richiamo forte, una atmosfera di raccoglimento e una promessa di elevazione interiore, capaci – come a Bose – di attrarre anche persone che non si riconoscono nella fede.
Ancora oggi i monasteri – come secoli fa – ci regalano l’esperienza del silenzio, che sanno trasmettere anche solo con la conformazione degli spazi, con la scansione della giornata che si svolge secondo ritmi millenari.
Lucetta Scaraffia - Ha insegnato Storia contemporanea nella Sapienza - Università di Roma. Fra i suoi libri segnaliamo «Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia» (con M. Pelaja, Laterza, 2008), «Loreto» (1998), «Il giubileo» (1999), «Donne ottimiste» (2004), pubblicati dal Mulino. È editorialista del «Messaggero» e «L’Osservatore Romano» – per il quale dirige il mensile «Donne chiesa mondo» – e collabora con «Il Sole 24 Ore».
INTRODUZIONE
Prima del viaggio
Sono ancora molti i monasteri e i conventi che punteggiano la penisola italiana con una fitta trama, che va dal centro delle città ai luoghi più impervi e nascosti. Realtà molto diverse tra di loro, e molto diverse da quelle che sono state nel passato.
Ai due antipodi di queste numerose realtà possiamo collocare, da una parte, i monasteri o conventi dove ancora vivono i religiosi, e che talvolta sono chiusi al pubblico esterno, e dall'altra quelli che non solo sono stati evacuati dagli abitanti a cui erano destinati, ma che successivamente sono stati trasformati in caserme, scuole, ospedali, se non addirittura in alberghi di prestigio. Oppure in case di appartamenti, come racconta Anna Foa nel suo bel libro sull'edificio nel ghetto di Roma, antico convento e poi residenza di ebrei poveri.
Nel mezzo possiamo collocare monasteri e conventi abitati da un numero di religiosi molto inferiore a quello che potrebbero ospitare, che si aprono per vari motivi ai visitatori, anche per ragioni di mera sopravvivenza. Di conseguenza, l'esperienza di chi ii visita può essere molto diversa, può variare a seconda della situazione, ma possiamo affermare con una certa sicurezza che qualcosa dell'aura antica è rimasto in tutti, anche nelle caserme, anche negli hotel di lusso, qualcosa che fa ricordare che lì era silenzio, che lì la scansione del tempo profano era sostituita dal susseguirsi dei ritmi sacri della liturgia. Quindi possiamo concludere che visitarli, entrare magari anche furtivamente, fingendo di frequentare quella scuola, di visitare qualcuno in quell'ospedale, vale sempre la pena.
I monasteri o i conventi - e presto spiegheremo la differenza - mantengono nelle loro mura i segni di una storia spesso appassionante, il ricordo di lunghe ore di meditazione, di canto sacro e di preghiera, ma anche di carità. La loro struttura - che pure può essere molto diversa svela non solo i diversi modi di intendere un progetto di vita comunitaria, ma addirittura di creare un luogo speciale, dove possa avvenire l'incontro diretto dell'essere umano con Dio. Più ancora delle chiese, perché prevedevano - e in molti casi prevedono ancora - di essere abitati da un gruppo di eletti, persone che offrivano la propria vita al Signore, che rinunciavano a se stessi per incontrarlo che si erano purificate, quindi, dalle inquietudini umane.
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Un utente il 10 aprile 2017 alle 18:29 ha scritto:
Andare per monasteri mi è sempre piaciuto. Un libro che risulta però essere un po' incompleto per la sua pochezza di luoghi di contemplazione. Forse poteva spingersi oltre e cercare qualcosa di più nascosto e meno conosciuto.