Omicida sconfitto
-Storie di liberazione e di vittoria sul diavolo
EAN 9788896063279
In una società e in tempi spiritualmente instabili come i nostri, in cui al cosiddetto ateismo pratico e a forme di iperscetticismo antiteista e pseudorazionalista si accompagnano nuovi fervorosi spiritualismi e vecchi bigottismi, un libro sul demonio e sulla sua azione concreta nella vita delle persone può servire a fare un po’ di chiarezza e a diradare alcune delle tante nubi che si addensano attorno alla figura e all’operato degli esorcisti. Tra il pregiudizio di chi vede l’opera esorcistica come un assurdo retaggio medievale, credendo che qualsiasi presunto indemoniato sia solo un malato di mente, e quello di chi cade nel «tranello superstizioso» (p. 14) di vedere il demonio dappertutto, questo testo propone una terza via saggia ed equilibrata: affrontare la realtà della possessione diabolica con la scienza e con la fede.
L’autore, fra Benigno, al secolo Calogero Palilla, licenziato in teologia e laureato in filosofia, è un sacerdote francescano della famiglia dei Frati Minori Rinnovati, nonché esorcista dell’arcidiocesi di Palermo da oltre diciassette anni. Nell’introduzione a sua firma, che segue la prefazione di padre François-Marie Dermine, esorcista domenicano, fra Benigno indugia particolarmente su un elemento, ovvero sull’augurio che questo testo venga letto soprattutto da due categorie di persone: alla prima appartengono i successori degli apostoli, perché «non è cosa normale che un vescovo non abbia mai fatto un esorcismo […] così come non sarebbe cosa normale che un vescovo non avesse mai dato una assoluzione o non avesse celebrato mai una messa, avendo incaricato altri a far questo» (p. 22), e pertanto «sarebbe bello se i nostri vescovi facessero, almeno qualche volta, quello che abitualmente facevano Gesù e gli apostoli» (ivi); alla seconda appartengono coloro che si dichiarano scettici in nome di una presunta visione razionale e scientifica della realtà e pretendono conseguentemente di affermare che «non esistono possessioni diaboliche, perché si tratterebbe solo e unicamente di problemi psichici» (p. 23). A costoro l’autore ricorda che «un qualsiasi ammalato può guarire da una malattia solamente se si sottopone a un trattamento farmacologico o psicoterapeutico. Senza questi due mezzi egli non può mai giungere a una guarigione. Ora le persone, che in questo mio libro portano la loro testimonianza di guarigione attraverso gli esorcismi, non sono state sottoposte né a trattamento farmacologico e neppure a trattamento psicoterapeutico. Ma intanto sono guarite. Come spiegare ciò? Non certamente con l’effetto placebo, giacché la loro guarigione è avvenuta con l’ultimo di una serie di esorcismi, distribuiti nell’arco di più anni» (pp. 23-24), laddove invece ogni «eventuale effetto placebo avrebbe dovuto verificarsi al primo incontro con l’esorcista, non all’ultimo» (p. 24). Da questi scettici, dunque, l’autore non si aspetta che possano «ammettere l’esistenza del diavolo e la possibilità delle possessioni» (ivi), perché una tale ammissione è possibile esclusivamente in un’ottica di fede, ma solo che essi si servano della loro onestà intellettuale per ammettere almeno «che certe patologie […], non si sa come e perché, di fatto scompaiono con la preghiera di esorcismo» (pp. 24-25).
Nel primo capitolo, l’autore tratteggia il profilo del Gesù-esorcista: analizza i racconti degli esorcismi operati dal Signore nel Vangelo di Marco e le relazioni uniche e irripetibili che egli instaurava con i posseduti, operando la liberazione come «manifestazione concreta della sua misericordia» (p. 27). In questa parte del lavoro, fra Benigno si avvale del contributo di monsignor Giuseppe Costanzo, biblista e vescovo emerito di Siracusa, intervenuto nel febbraio del 2007 al terzo convegno regionale degli esorcisti in Sicilia. Dopo alcune preliminari osservazioni al Vangelo di Marco, il capitolo analizza tre dei quattro episodi di esorcismo narrati da questo evangelista: la liberazione dell’indemoniato nella sinagoga di Cafarnao (Mc 1,21-27); l’esorcismo dell’indemoniato di Gerasa (Mc 5,1-20); l’esorcismo del giovane posseduto da uno spirito muto (Mc 9,14-29). In Marco, il conflitto tra il Cristo e satana è una costante, tanto che «si ha l’impressione che la missione di Gesù sia un continuo confronto con satana, che Egli è venuto a rovinare in modo da liberare l’uomo, tenuto in suo potere» (p. 31). Ciononostante, Marco rivela una «insolita sobrietà» (p. 53) nel trattare l’argomento, infatti non si intrattiene in alcuna speculazione «sui nomi dei demoni, sulla loro gerarchia, sul loro habitat, sulla loro natura» (ivi) e su tutti quegli altri elementi che costituivano la demonologia dell’epoca, la quale trovava ampio spazio tanto nella cultura israelitica quanto in quella pagana. L’evangelista, invece, è assolutamente scevro da qualsivoglia attenzione morbosa verso il fenomeno delle possessioni e degli esorcismi: il narrarne è per lui funzionale alla rivelazione della natura di Gesù (il demone gli dice «Io so chi tu sei: il Santo di Dio» Mc 1,24) e della sua missione (liberare l’uomo). In altri termini, dunque, a Marco non interessa affatto fare leva sulla paura: ogni volta che parla di satana non è per fare demonologia, bensì per fare cristologia e soteriologia. A questo riguardo, fra Benigno pone particolare attenzione all’esorcismo dell’indemoniato di Gerasa, laddove, dopo la liberazione dell’uomo e il conseguente annegamento dei porci, gli abitanti del posto pregano Gesù di andar via, perché, pur avendo visto la bontà delle sue opere, si preoccupano maggiormente di difendere i propri interessi. Questo elemento spiega come mai, nonostante la battaglia cosmica tra Bene e Male si sia conclusa con il trionfo di Cristo su satana, quest’ultimo continui ad avere un enorme potere: «Di fronte all’opposizione di satana, Gesù lotta e vince; di fronte all’opposizione dell’uomo, Gesù si arrende […]. E così l’opposizione di satana dura ancora nell’oscurità dell’uomo. Satana di per sé non avrebbe potere, perché è stato vinto da Cristo. Se ha potere, è perché trova connivenza nel cuore dell’uomo» (p. 43).
Il secondo capitolo è riservato alle Testimonianze: la lotta di Gesù contro il maligno e le sue legioni, infatti, prosegue ancora oggi attraverso il ministero pastorale dell’esorcismo «che egli ha affidato alla chiesa» (p. 63). Un ministero che è opera di misericordia, come hanno potuto sperimentare le quattordici persone, le cui storie sono raccontate in questo capitolo. Si tratta di altrettanti casi di liberazione, giunta dopo lunghissimi anni di sofferenza. Quattordici vicende che non sono un mero numero da usare per la casistica, ma persone con un volto e un nome, persone come noi, sane di mente, seguite personalmente da fra Benigno e dalla sua nutrita equipe composta da medici, psicoterapeuti e pedagogisti.
A tratti l’autore “si fa da parte” e affida la narrazione a voci terze che sono state testimoni qualificati dei fatti, come padre Damiano, sacerdote inizialmente incredulo in materia di possessioni, o come Stella, una docente specializzata nell’osservazione e nella gestione dei soggetti affetti da disturbi cognitivo-comportamentali e socio-affettivi, che con grande scetticismo iniziale “segue” il caso di un ragazzo, considerandolo semplicemente un “malato di mente”, per poi ritrovarsi a pregare per la sua liberazione. In altri punti, invece, l’autore lascia la parola proprio alla persona liberata e ai suoi familiari: a Fabio, oppresso dal maligno fin da bambino e liberato grazie all’amore della comunità; a Mario, ventenne caduto, insieme a un amico, nella trappola di una setta satanica; ad Aurora, giovane sposa giunta a un passo dalla morte; a Marcella, assistita con grande amore dal marito in ogni prova; a Marianna, madre minorenne violentata e picchiata ripetutamente nella sua casa infestata; a Teresa, passata per le mani di un mago, come sua madre e sua nonna; a Lorenzo, guidato dalle voci verso l’autodistruzione; a Sofia, liberata per intercessione di Padre Matteo La Grua; a Carola, ribellatasi alla madre che praticava l’occultismo; a Beatrice, dalla cui vicenda sono nate conversioni; a Gertrude, liberata dopo aver scalato il monte Krizevac; a Greta, colpita dal demonio nella vita coniugale; a Giusy, dotata di poteri medianici per la sua appartenenza a un’organizzazione pseudoreligiosa; a Gero, che praticava la cosiddetta “magia bianca”, convinto di essere posseduto da “spiriti buoni”, ma che in realtà era inconsapevolmente al servizio del demonio.
Lo stile della narrazione è talmente semplice e asciutto da apparire talvolta eccessivamente elementare o perfino infantile: il racconto rifugge la spettacolarizzazione del fenomeno, non indugia mai fanaticamente su dettagli da film horror e non scava mai morbosamente nell’intimità dei protagonisti per generare colpi di scena, ma espone i fatti con chiarezza ed essenzialità talora disarmanti. La presenza sporadica di errori grammaticali e di espressioni gergali o regionali fa intendere che l’autore ha voluto riportare fedelmente le versioni dei diretti interessati, senza snaturarle.
Nel terzo capitolo, l’autore ricorda che la vita di ogni cristiano implica il combattimento contro satana e le sue legioni e più precisamente: contro la sua azione ordinaria (tentazione) e contro la sua azione straordinaria (infestazione, vessazione, possessione). Questa lotta, che ha visto impegnato e vittorioso Gesù, non può non vedere impegnato ciascun suo seguace che, in virtù del battesimo, è innestato in lui. Come ogni combattimento, anche questo prevede armi, armature, strategie di difesa e strategie di attacco. Anche a questo riguardo, fra Benigno espone tutti gli elementi con chiarezza, lucidità e semplicità, citando opportunamente le Scritture, la tradizione e il magistero: elenca i mezzi di difesa (armature) e di offesa (armi); espone le strategie di difesa, analizzando le tappe dell’attività demoniaca; espone le strategie d’attacco che ciascun cristiano può e deve porre in essere per riportare, in Cristo, delle vittorie sul diavolo e sui demoni, distinguendo tra le preghiere di liberazione e di guarigione che possono essere fatte anche da laici o da sacerdoti non-esorcisti e quei riti riservati tassativamente ai «ministri dell’esorcismo solenne» (p. 258); insiste nell’invito – che talvolta diviene comando – rivolto tanto ai laici e ai sacerdoti non-esorcisti quanto agli esorcisti, a tenersi lontano da ogni forma di abuso rispetto alle indicazioni del magistero, da ogni pericolo di cadere nell’automatizzazione dei gesti che si apparenta con la magia, da ogni forma di retribuzione e perfino di offerta spontanea (la preghiera deve svolgersi in gratuità totale), da ogni pericolo di cadere nella spettacolarizzazione o di dar vita a «forme simili all’isterismo, all’artificiosità, alla teatralità o al sensazionalismo», alle quali bisogna preferire sempre una «serena devozione» (p. 259).
Nell’ultimo capitolo, non meno interessante dei precedenti ai quali abbiamo dedicato ampio spazio, l’autore raccoglie indicazioni pastorali sul ministero dell’esorcistato e alcuni ricordi personali «rimasti in sospeso» (p. 269). Il lavoro che ne risulta è un caleidoscopio di assoluto interesse, dal quale si apprende: quanto la chiesa metta in guardia gli esorcisti dal pericolo di trovarsi di fronte a false possessioni; come fanno questi ultimi a distinguere, grazie anche alle equipe scientifiche che li coadiuvano, le autentiche possessioni da disturbi psichiatrici e credulonerie; quali metodologie e tecniche di discernimento l’autore adotta prima, durante e dopo gli esorcismi per fare le opportune verifiche; quali tendenze, situazioni, ambienti e mezzi rappresentano, in quanto canali di diffusione dell’occultismo, delle «finestre aperte» (p. 286) a una possibile azione straordinaria del diavolo.
In definitiva, questo libro di fra Benigno è un testo “per tutti”, ma non “da tutti”. Bisogna, infatti, approcciarsi a esso con assoluta onestà intellettuale e con mente autenticamente scevra da ogni forma di pregiudizio e preconcetto. Solo in questo modo, la sua lettura potrà essere occasione di arricchimento. In caso contrario, probabilmente, si avrà la tentazione di chiuderlo dopo appena qualche pagina.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 3-4/2018
(https://asprenas.it)
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