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La voce dei clienti - DVD

Tutti i commenti per «DVD» (da 301 a 315 di 592)


Agnese Fiducia il 10 ottobre 2018 alle 16:10 ha scritto:

Consiglio l'acquisto di questo dvd,soprattutto se non si ha avuto modo di vedere il film. Io dopo che l'ho visto sono rimasta totalmente coinvolta dalla figura di Sant'Ignazio di Loyola. Il suo pensiero e le sue intuizioni sono molto attuali, utili anche agli indaffarati uomini e donne contemporanei,spesso distratti da ciò che impedisce di incontrare Gesù. Un grande esempio di sanità per tutti: giovani, adulti, anziani. Il film è ben fatto ed è bravissimo l'attore che interpreta Sant'Ignazio di Loyola: pare di vedere Sant'Ignazio in persona.

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ANTONIO PIETROPAOLI il 20 settembre 2018 alle 21:20 ha scritto:

Il pacco e' arrivato nel pomeriggio del 20/09 intorno alle 16:30 nota positiva, nota negativa il corriere ha chiesto solo il mio nome e non il cognome questo denota una scarsa serietà e professionalità del corriere e pure scostumato aveva da ridire sul fatto che gli stessi facendo perdere del tempo, per il resto ribadisco pacco arrivato nei tempi previsti. Grazie e arrivederci.

mario montanelli il 23 agosto 2018 alle 22:05 ha scritto:

penso sia eccezzionale,una grande grazia ,un opportunità che mi è offerta.....

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Amer Koronli il 29 agosto 2018 alle 22:55 ha scritto:

Luci della città è un film che raramente risulta assente dalle classifiche delle migliori pellicole mai realizzate, e anche una sua prima visione fa capire allo spettatore il perché. Chaplin presenta qui il suo celebre personaggio del piccolo vagabondo in una delle sue più perfette apparizioni, continuamente coinvolto in una serie di comiche disavventure che manifestano in maniera completa l'incredibile talento del regista-attore. La sequenza di gag non è tuttavia una massa disconnessa, ma un sistema coerentemente intessuto, sorretto dall'inflessibile volontà del protagonista di aiutare la giovane fioraia afflitta da cecità di cui si è innamorato a prima vista. La scena finale, giustamente celebrata, combina dolcezza e tristezza in modo tanto magistrale da provocare un senso di commozione a dir poco sublime.


Amer Koronli il 29 agosto 2018 alle 21:21 ha scritto:

Amadeus, all'apparenza un'opera biografica dedicata all'immenso compositore austriaco, è in realtà una pellicola occupata in parti eguali da due figure, Mozart e Salieri, e non a caso sia Tom Hulce sia F. Murray Abraham vennero candidati all'Oscar come miglior attore protagonista per le loro interpretazioni (il secondo risultò vincitore). Il desiderio di Salieri di distruggere Mozart, anzi, paradossalmente rende il tema della morte di quest'ultimo quasi più significativo di quello della sua vita. Il soggetto centrale, da cui la rivalità scaturisce, è tuttavia di natura ben più astratta, e può essere identificato in uno studio dell'essenza, origine e 'giustizia' del talento. L'angoscia e l'odio di Salieri derivano dalla drammatica consapevolezza della propria mediocrità di fronte al genio incontenibile di Mozart. In questo il film ricorda Andrej Rublëv di Andrej Tarkovskij (un'opera certamente più profonda), più pecisamente lo scontro fra il protagonista e il geloso Kirill.


Amer Koronli il 29 agosto 2018 alle 03:10 ha scritto:

L'ultimo film del celebre regista Cecil B. DeMille è forse anche la sua opera più famosa, degno coronamento di una grande carriera durata oltre quarant'anni, dai tempi del cinema muto al trionfo del Technicolor. In esso ogni cosa è maestosa e imponente, i colori saturi, la musica grandiosa, la durata di quasi quattro ore. Il film simboleggia un'idea di cinema monumentale alla quale DeMille è ancora oggi principalmente associato, e il progresso della tecnologia permette anche allo spettatore moderno di esserne sorpreso, quasi sopraffatto, come certamente lo furono in molti nell'ormai lontano 1956. Per chi fosse un ammiratore del cinema classico hollywoodiano, poi, I Dieci Comandamenti riunisce insieme e fa sfilare (in costume!) tanti dei volti incontrati in film di genere anche molto diverso: non solo Yul Brynner e Charlton Heston, futuro principe Ben-Hur, ma anche Anne Baxter, la perfida Eve di Eva contro Eva, Nina Foch, la ricca Milo di Un americano a Parigi, Edward G. Robinson, protagonista di tanti celebri film noir e gangster, il re dell'horror Vincent Price e persino Judith Anderson, la terrificante Mrs Danvers di Rebecca.


Amer Koronli il 29 agosto 2018 alle 00:38 ha scritto:

L'angelo del male è un'opera essenziale nella ricca filmografia del grande regista francese Jean Renoir. Considerato uno dei principali prodotti del movimento degli anni '30 conosciuto come 'realismo poetico', il film è allo stesso tempo un elemento fondamentale nella 'preistoria' del genere noir americano, da accostare nella sua genealogia, insieme ad altre pellicole francesi quali Il bandito della Casbah, al più noto contributo dell'espressionismo tedesco. Da sottolinere in tale senso è la presenza di un protagonista afflitto da un male oscuro che sembra svanire, ma che rimane in realtà pericolosamente nascosto, per riemergere infine quasi a simboleggiare l'ineluttabilità stessa del fato, così come di una vera e propria femme fatale, magistralmente interpretata da Simone Simon.


Amer Koronli il 28 agosto 2018 alle 23:24 ha scritto:

Uno dei capolavori del regista danese Carl Theodor Dreyer, Ordet costituisce probabilmente il più grande film a tema religioso che sia mai stato realizzato. Il soggetto arriva a permeare interamente l'opera, rivelandosi in molteplici sfaccettature: i due giovani desiderosi di sposarsi ma separati dalle diverse confessioni delle rispettive famiglie, il padre che ha perso la fede contrapposto alla pia consorte, vero e proprio angelo del focolare, lo studioso di filosofia le cui intense letture di Kierkegaard hanno portato ad una apparente follia, al punto di fargli credere di essere Gesù Cristo. Ciò che prevale tuttavia è l'esplorazione della vera forza della fede, capace di spingersi al di là di ogni limite, raggiunta nel suo stato più puro solo nelle anime dei bambini, e il cui glorioso trionfo rende il finale del film una delle vette più alte dell'intera arte cinematografica.


Amer Koronli il 28 agosto 2018 alle 22:05 ha scritto:

Nazarín, film incluso dal Vaticano fra le migliori pellicole sul tema della religione nel 1995, è figlio del prolifico periodo messicano del celebre regista aragonese Luis Buñuel. La trama si incentra sullo scontro fra valori cristiani e realtà moderne, distillato in una serie di disavventure vissute dal protagonista padre Nazario nel suo tentativo di seguire i precetti evangelici. L'intento di feroce critica verso tale sforzo, rilevato da molta critica, non appare particolarmente evidente: il regista sembra più interessato ad esaminare la qualità della reazione che la natura della condotta di Nazario. In questo il film sembra accostarsi ad Europa '51 di Rossellini, che lo precede di qualche anno, in cui Ingrid Bergman interpreta una figura ispirata a San Francesco d'Assisi, e molti sono infatti i punti di contatto tra le vicende dei protagonisti delle due pellicole, incluso il loro imprigionamento. Quello che colpisce qui (come in altre opere del regista dal tono più esplicitamente irriverente, Simon del deserto e La via lattea) è la fedele attenzione ad alcuni aspetti della religione, più precisamente la rappresentazione della figura del santo. La disponibilità a donare ogni possedimento ad altri, la decisione di lavorare in incognito, l'associazione con donne, anche perdute, le conseguenti accuse di promiscuità, i miracoli, sono tutti elementi centrali di varie opere agiografiche tardoantiche sui Padri del deserto, e la loro presenza qui rafforza in maniera significativa l'idea della difficoltà, forse impossibilità, di inserzione di una vita ideale nel tessuto politico-sociale contemporaneo.


Amer Koronli il 28 agosto 2018 alle 03:58 ha scritto:

Fra i vertici assoluti del neorealismo italiano, il film esprime con particolare eleganza quel felice connubio di intento documentario e costruzione artistica che trasformò il movimento in un fenomeno globale, capace di raggiungere anche il lontano Bengala del grande Satyajit Ray. Il furto della bicicletta di un attacchino, un evento che in una diversa pellicola avrebbe forse potuto costituire una breve scenetta comica, innesca invece qui, dove l'oggetto rubato è presentato come necessario al sostentamento della famiglia del protagonista, un viaggio epico e angoscioso. L'interesse neorealista alla rappresentazione delle classi lavoratrici si discosta dalla carica estetica del realismo poetico francese (nonostante l'ovvio debito) e dalla visione eroica e distante del proletariato del cinema sovietico per restituire un'immagine quanto mai vivida e diretta della Roma del dopoguerra. Allo stesso tempo, la lotta materiale dell'eroe contro fame e povertà si accompagna ad uno sforzo morale contro criminalità ed ingiustizia, alla luce del quale il finale, in cui la vaghezza del plurale del titolo improvvisamente assume una terribile specificità, lascia lo spettatore con un senso di orrore assolutamente struggente.


Amer Koronli il 6 agosto 2018 alle 21:38 ha scritto:

Indubitabilmente il più celebre regista di musical francesi dai tempi di René Clair, Jacques Demy porta a realizzazione in questo film, universalmente riconosciuto come il suo capolavoro, il sogno di creare una pellicola interamente cantata, senza alcun dialogo parlato. L'ispirazione sembra essere derivata dall'opera, ed è proprio al miglior esempio esistente di "opera filmata", I racconti di Hoffmann del geniale duo Powell e Pressburger, che il film, per quanto unico in ultima analisi, può più correttamente essere accostato da un punto di vista tecnico. La storia d'amore che vi viene raccontata è certamente semplice, persino prevedibile, ma forse volutamente archetipica piuttosto che banale o stereotipata. Sulla fragilità della trama torreggia la bellezza di colonna sonora e canzoni, giustamente candidate ai premi Oscar, che pervadono e sorreggono il film in maniera tanto completa quanto ben riuscita. Impossibili da dimenticare gli straordinari colori pastello, con vestiti e carte da parati che si giustappongono e si fondono con risultati esteticamente sublimi.


Amer Koronli il 31 luglio 2018 alle 22:45 ha scritto:

Film affascinante e coinvolgente. Nonostante la critica dell'alta società, tanto cara al regista, appaia, per quanto veramente ben realizzata, poco originale (in particolare se considerata nel contesto delle sue varie iterazioni in altre opere di Buñuel), la costruzione della storia e la sua presentazione sono assolutamente geniali e pienamente da lodare. L'idea centrale che rende il film un capolavoro è quella dell'inspiegabile ed impalpabile intrappolamento di alcuni altolocati convitati in una stanza, in un'atmosfera di mistero sempre più opprimente. Il risultato è una situazione che sembra ricordare, di volta in volta, un giallo di Agatha Christie, un thriller di Hitchcock e un racconto di fantascienza, ma che, in ultima analisi, rimane unica nel suo genere. La crescente tensione è davvero magistrale. Bellissima la scena surrealista dell'incubo di una delle "prigioniere".

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Amer Koronli il 28 luglio 2018 alle 05:36 ha scritto:

Film celeberrimo ed immarcescibile, ricoperto di premi al momento dell'uscita e ancora considerato un classico a quasi sessant'anni da allora. Fra i colossal per antonomasia e simbolo forse di quella produzione "da studio" tipica della vecchia Hollywood, nonostante si debba ricordare che il regista sia il grande William Wyler (suoi Vacanze romane e La signora Miniver). Gli effetti speciali certamente non si discutono, inclusa la famosissima sequenza della corsa delle bighe, entrata nella memoria cinematografica collettiva. Quanto agli attori, se molti si sono giustamente soffermati sulla riuscitissima interpretazione di Charlton Heston, vorrei anche menzionare, fra i personaggi minori, Cathy O'Donnell nel ruolo di Tirzah, scelta dal regista per la sua dolcezza (e chiunque l'abbia vista nello struggente I migliori anni della nostra vita dello stesso Wyler non può che concordare). Veramente suggestivo il modo in cui la storia del protagonista e la vita di Cristo si intrecciano e meravigliosa la maniera di presentazione di quest'ultimo.

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Roberto Rigobello il 31 marzo 2018 alle 18:54 ha scritto:

Molto bello.Avrà in Portugese, sono braziliano.

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Erika Mestriner il 13 marzo 2018 alle 11:43 ha scritto:

Diversa rivisitazione del classico la Bella e la Bestia
Molto aprezzato

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