Il Volto del Risorto
EAN 9788882728434
In occasione dei cinquant’anni del concilio Vaticano II, le Edizioni Cantagalli pubblicano il volume Il volto del Risorto del padre domenicano Marie-Joseph Le Guillou (1920-1990), che vede la luce contemporaneamente anche in una nuova edizione francese (Parole et Silence 2012) e spagnola (Encuentro 2012).
Il testo, già pubblicato da Éditions ouvrières nel 1968 a Parigi, viene corretto da alcune imprecisioni nelle citazioni dei testi conciliari e nelle citazioni bibliche e viene completato nei riferimenti ai discorsi pontifici di Giovanni XXIII e di Paolo VI. Nel breve Invito alla lettura di Gabriel Richi Alberti viene richiamata una ipotesi generale di lettura suggerita dallo stesso Le Guillou: «Il Vaticano II è un Concilio incentrato sul mistero di Gesú Cristo, offerto agli uomini nell’oggi della storia» (p. 7). In effetti, Le Guillou, partecipe ai lavori del Concilio a partire dal secondo periodo, attento studioso e ricercatore della spiritualità orientale, fondatore e direttore dell’Istituto superiore di Studi ecumenici dell’Institut Catholique di Parigi, pone al centro della sua opera la Rivelazione intesa come iniziativa di mediazione tra Dio e l’umanità, tramite Gesú Cristo.
Vista alla luce di Cristo, la chiesa è per eccellenza luogo di relazione, in un duplice senso: in relazione a Cristo e in relazione all’umanità. A tale proposito, nella prefazione all’edizione francese del 1968, il card. Léon-Etienne Ducal, arcivescovo di Algeri, annotava: «La chiesa è il volto di Cristo. Cristo ci rivela il Volto del Padre. La chiesa è il volto del Padre. Non credo di commettere alcun abuso di linguaggio affermando che questo libro ci rivela il volto autentico del secondo concilio del Vaticano. Ciò che l’A. espone è, in una parola, la natura “estatica” della chiesa. La chiesa separata da Cristo non esiste. Essa è solo attraverso Cristo, per Cristo, in Cristo» (pp. 23-24). La prospettiva a cui si ispira Le Guillou è la seguente: nel momento in cui una crisi di fede scuote sia la chiesa cattolica sia le altre chiese, risulta inutile qualsiasi azione di contromisura che non ponga a diretto confronto con Cristo.
Occorre pertanto elaborare una riflessione teologica che conduca la chiesa ad autocomprendersi come splendore della Rivelazione. Infatti, «soltanto la manifestazione del mistero di Dio, rivelato dalla sua azione salvifica e contemplato e amato per Se stesso, potrà illuminare l’uomo e la sua storia. In Gesú Cristo, infatti, ci viene pienamente rivelato il Volto di Dio in quanto volto dell’uomo. In Lui, abbiamo visto il suo Volto e ascoltato la sua Parola» (p. 27). Il percorso proposto da Le Guillou si compone di una brevissima Introduzione e di quattro parti, complessivamente di 20 capitoli. Nel primo capitolo (Quale volto?), l’A. racconta l’esperienza personale che ha ispirato il titolo del volume. La sera del 6 luglio 1966, si trovava all’aeroporto di Parigi-Le Bouget in attesa di prendere l’aereo per Yaoundè (Camerun) che lo avrebbe portato a contatto con l’Africa nera. Il libro era già sostanzialmente composto.
Giunto all’aeroporto di Douala, vede una maschera che gli ricorda «irresistibilmente» il Volto di Cristo e scrive di getto alcune righe: «Non so dire perché, ma stamattina quella maschera mi ha quasi ricapitolato tutto il mistero di Cristo: IL SUO VOLTO. “Se tu conoscessi il dono di Dio…” (Gv 4,10). Se gli uomini potessero conoscere quel volto che è il piú interiore di tutti, che ci edifica e ci conforma a Lui. Ne riproduciamo i tratti» (p. 34). Secondo Le Guillou, il Concilio è stato un «avvenimento spirituale», suscitato dallo Spirito, che ha trasformato il volto della chiesa e che l’ha resa consapevole di essere «sacramento di salvezza per il mondo». Restituita allo slancio della sua prima giovinezza, essa ha potuto prendere coscienza delle «complementarietà cattoliche del suo mistero: la chiesa e la Vergine, la chiesa e il mondo, la Scrittura e la Tradizione, il papa e i vescovi, la gerarchia e il laicato, il cielo e la terra, l’eternità e il tempo» (p. 60).
L’A., nella prima parte del libro, una volta chiarito l’approccio ermeneutico al Vaticano II di tipo profondamente spirituale, dedica tutta la seconda parte a Cristo, volto del Padre e la terza a La chiesa, volto di Cristo. La seconda parte ruota attorno all’idea di rivelazione in Cristo «unico principio di ogni conoscenza come pure di ogni assimilazione a Dio» (p. 77). Il Concilio, ricollocando Cristo al centro della Rivelazione, da una parte prende le distanze dalla prospettiva teologica agostiniana che lega in modo troppo stretto grazia e redenzione, dall’altra pone le basi per uno sviluppo della coscienza di cattolicità e del senso di reciproca interiorità tra creazione e redenzione. Nella terza parte, l’A. presenta la chiesa come «irradiazione del volto» di Cristo. Essa è anzitutto «segno» ed è «assolutamente relativa alla realtà spirituale che significa: tutto Cristo, capo e membra, nello Spirito Santo, in crescita di grazia» (p. 154); in secondo luogo, essa è costituita come popolo chiamato a dilatare il mistero di Cristo in modo che tutti gli uomini possano accogliere pienamente e consapevolmente l’azione salvifica di Dio nella storia.
Entro tale prospettiva sacramentale della chiesa, l’A. colloca alcuni grandi temi di ecclesiologia come ad esempio la cattolicità, la libertà, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso, la relazione tra chiesa e mondo-storia. In questi capitoli, l’A. si mostra attento a riferire a ogni cristiano ciò che viene attribuito a tutta la chiesa. Cosí egli ribadisce la sua profonda convinzione che tutto deriva dalla contemplazione di Cristo, sia la comprensione della vocazione e della missione della chiesa sia quella di ogni cristiano che vive in modo pieno la condizione della secolarità (cf. pp. 233ss.). Nella quarta parte, l’A. tratta alcuni argomenti piú specifici: la novità di vita del cristiano, la partecipazione al sacerdozio di Cristo e la testimonianza di libertà, l’universalità, l’unità e la diversità nella comunione. A sigillo di tutto, un breve capitolo su Maria Madre di Gesú. È in essa che il Concilio trova il «riflesso perfetto di Cristo».
A conclusione del libro, un capitoletto sull’esperienza dello Spirito da cui prende origine l’autentico processo di radicale rinnovamento e di conformazione a Cristo. L’opera, come già avvertiva Y.-M. Congar recensendola nel 1968 per il giornale Le monde e per il periodico La Croix, si presenta come una grande meditazione spirituale su Cristo e la chiesa. L’A. non gradiva questo tipo di valutazione. Eppure è lui stesso che propone alla chiesa di allontanare lo sguardo da se stessa e dai propri problemi, volgendolo altrove, verso Cristo «contemplato e amato per Se stesso». Questa è l’unica possibilità data alla chiesa per ritrovare identità, senso e vigore necessari per affrontare con slancio missionario le difficoltà del ventesimo secolo. Nelle righe conclusive del libro si legge: «Dobbiamo avere il coraggio di affermare che l’unica risposta allo sconvolgimento introdotto nel mondo dall’ateismo è la presenza discreta e luminosa del mistero di Dio, all’interno della semplicità di una vita umana trasfigurata dallo Spirito» (p. 383).
La chiesa a cui pensa l’A. è quella dello smarrimento interiore e della perdita di senso. Una chiesa che ha perso di vista le autentiche dimensioni della sua natura e della sua missione. È una chiesa in «emergenza di spiritualità» e il concilio Vaticano II rappresenta una esperienza importante. I suoi testi sono di una ricchezza infinita. Nel sottotitolo egli li definisce «grandezza profetica, spirituale e dottrinale, pastorale e missionaria». Essi vengono abbondantemente citati e molto spesso accostati alla sacra Scrittura e ai padri della chiesa, quasi per aumentarne il valore. In tal modo, egli conduce il lettore al confronto con le fonti della fede, per meditarle e applicarle alla vita. Queste sono il luogo dove la fede si rigenera attraverso il confronto con Cristo.
Perciò, dalla contemplazione del volto del Risorto la chiesa trae motivo per autoriformarsi, per dare una nuova configurazione alle dinamiche di relazione interpersonale, al rapporto con la storia, per ritrovare stile evangelico di universale fraternità e di povertà. L’A. sembra non dare molto peso alle questioni istituzionali e agli aspetti problematici presenti nelle pratiche di vita ecclesiale e nel vissuto antropologico delle persone. Sono cose di un altro ordine o campo di interesse, quello temporale, estraneo alle competenze proprie della chiesa. Questo è il limite dell’impostazione dell’opera di Le Guillou che, a differenza del suo confratello Y.-M. Congar, non ha fatto propria quella «ecclesiologia totale» presente, se non in tutti i documenti del Concilio, almeno nella Lumen gentium.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 3/2013
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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