11 febbraio 2013. La notizia bomba viene battuta dall'ANSA alle 11:49, ma dopo pochi minuti fa il giro del mondo. Joseph Ratzinger lascia il pontificato. Un annuncio senza precedenti nell'epoca moderna: dal 28 febbraio non sarà più il capo della Chiesa cattolica. Una scelta che passerà alla storia come "l'evento" per eccellenza della nostra epoca.
Termina dopo otto anni l'incarico iniziato il 19 aprile 2005, quando il conclave lo elesse. Il papa dichiara di lasciare per il bene della Chiesa, per "incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato". Ma che significa veramente? Quali sono i motivi reali che hanno indotto Benedetto XVI a una decisione che scompagina gli equilibri politici interni e internazionali? Le condizioni di salute che vanno peggiorando e le tensioni interne alla curia, riguardanti le varie correnti cardinalizie, sembrano alcune delle ragioni più plausibili. Il dissidio tra riformismo e spirito di conservazione, gli scandali che hanno coinvolto lo IOR e la bufera per le dichiarazioni del "Corvo" sembrano aver logorato il Santo Padre. Ma conosceremo mai le vere ragioni del "gran rifiuto" o rimarrà un altro dei misteri che si nascondono tra i corridoi vaticani? Simone Venturini ricostruisce la figura e il pontificato di papa Ratzinger, suggerisce possibili chiavi di interpretazione del gesto papale e prospetta scenari futuri, nell'imminente apertura del conclave.
PREMESSA
La secolare e simbolica maestosità architettonica di piazza San Pietro fa ogni giorno da cornice al costante afflusso di fedeli da ogni parte del mondo. Il colonnato del Bernini li abbraccia e li protegge come una madre premurosa, assicurando loro che le tenebre non avranno mai la meglio sulla luce.
In questo mondo inquieto e instabile, la sede di Pietro, seppur tra scandali e polemiche, è sempre rimasta un punto di riferimento per milioni di persone che ogni domenica accorrono per ascoltare le parole dell'Angelus.
Questo è uno dei tanti riti della Chiesa rimasti immutati nel corso dei secoli e che, proprio per questo, conferiscono al tempo quella struttura cosmica voluta dal fondatore della Chiesa.
Nessuno il 10 febbraio 2013 avrebbe potuto scorgere le nuvole che andavano a addensarsi all'orizzonte di Roma e che avrebbero cambiato per sempre le sorti della Chiesa e, di riflesso, anche quelle del mondo. Al di là di quanto spiegato da Benedetto XVI sulle motivazioni che lo avrebbero spinto l'indomani al suo clamoroso gesto, è possibile però rintracciare alcune preziose indicazioni di quel che sarebbe accaduto già nell'Angelus di quella stessa domenica.
L'immagine della pesca [commentando il vangelo della domenica (Luca 5,1-11), n.d.a.] rimanda alla missione della Chiesa [...1. L'esperienza di Pietro, certamente singolare, è anche rappresentativa della chiamata di ogni apostolo del Vangelo, che non deve mai scoraggiarsi nell'annunciare Cristo a tutti gli uomini, fino ai confini del mondo. Tuttavia, il testo odierno fa riflettere sulla vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata, essa è opera di Dio. L'uomo non è autore della propria vocazione, ma dà risposta alla proposta divina; e la debolezza umana non deve far paura se Dio chiama. Bisogna avere fiducia nella sua forza che agisce proprio nella nostra povertà; bisogna confidare sempre più nella potenza della sua misericordia, che trasforma e rinnova.
Cari fratelli e sorelle, questa Parola di Dio ravvivi anche in noi e nelle nostre comunità cristiane il coraggio, la fiducia e lo slancio nell'annunciare e testimoniare il Vangelo. Gli insuccessi e le difficoltà non inducano allo scoraggiamento: a noi spetta gettare le reti con fede, il Signore fa il resto. Confidiamo anche nell'intercessione della Vergine Maria, Regina degli Apostoli [...].
Non bisogna scoraggiarsi, non bisogna avere paura di fronte ai compiti affidati da Dio per il bene della Chiesa. Questa la sintesi del messaggio di Benedetto XVI, il
quale in questi ultimi anni non si è certo tirato indietro di fronte alle straordinarie emergenze che ha dovuto affrontare: un mondo sempre più lontano dalla fede, gli scandali legati alla pedofilia e quelli interni alla curia. Anche se con una certa titubanza, dovuta probabilmente al suo carattere schivo, egli aveva comunque e sempre assecondato il percorso provvidenziale che da professore di Teologia a Bonn, lo aveva portato a diventare successore di Pietro a Roma.
Niente di nuovo, dunque. Forse fu per questo che l'Angelus del 10 febbraio 2013 passò inosservato ai media nazionali e internazionali, sempre alla ricerca di notizie che possano incuriosire. Ratzinger però aveva già parlato, anche se per cogliere a pieno il senso del suo messaggio si sarebbe dovuto comprendere più profondamente il mistero nascosto nelle sue parole.
Come tutte le sere, le finestre del quarto piano dell'appartamento papale erano rimaste illuminate fino a tardi, come del resto accadeva anche per il suo predecessore Giovanni Paolo II.
Probabilmente erano già sulla sua scrivania i fogli che il pontefice avrebbe letto il giorno seguente davanti ai cardinali. La mattina dopo infatti, come di prassi, si sarebbe riunito il Concistoro, ossia il consiglio cardinalizio del papa, al fine di decretare la beatificazione di alcuni religiosi, tra cui i martiri di Otranto uccisi nel 1480 dai turchi.
Alle ore 11:45 dell' 11 febbraio 2013 però, al di là di ogni possibile previsione, Benedetto XVI pronuncia le parole che segneranno la storia in modo profondo e irrevocabile.
Carissimi Fratelli,
vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell'animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20:00, la sede di Roma, la sede di san Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l'elezione del nuovo Sommo pontefice.
Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l'amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell'eleggere il nuovo Sommo pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.
Nel video che ha ripreso l'annuncio, rilanciato ovunque attraverso YouTube, si nota bene lo sguardo attonito e smarrito del monsignore che siede alla sinistra del pontefice, al fianco del suo cerimoniere, don Guido Marini, che invece resta impassibile e fermo, come del resto il papa. Il giorno precedente Benedetto XVI aveva proclamato alla folla di piazza San Pietro di non scoraggiarsi davanti alle difficoltà e alla chiamata di Dio. Un simile annuncio, il giorno seguente, sembrava dunque contraddittorio.
Non è esagerato affermare che le parole del papa abbiano lasciato tutti nello stupore, tanto da poterle definire "apocalittiche" nel senso più reale e profondo del termine.
Il suo discorso sarà infatti uno di quegli eventi destinati a segnare per sempre la storia rivelandoci — dal greco apokalypsis, "rivelazione" — in modo chiaro e tangibile che qualcosa di grosso sta per accadere sulla terra, nel cuore stesso della Chiesa cattolica. La notizia viene considerata questa volta sufficientemente eclatante da meritare gli onori della cronaca, balzando da un capo all'altro del mondo. Le agenzie giornalistiche definiscono in modo unanime la decisione del papa una sorpresa assoluta, solo in parte comprensibile a partire da indicazioni teologiche e giuridiche.
In una sala stampa divenuta improvvisamente movimentata, padre Lombardi citerà poco dopo le dimissioni, alcuni stralci del libro intervista che il papa concesse nel 2010 al suo amico giornalista Peter Seewald. Intanto, i giornalisti andranno a rispolverare i precedenti storici di un simile gesto, in primis la figura di Celestino V.
Da qui parte questa indagine che, a circa un mese da quell'11 febbraio, vorrebbe far luce sui motivi che possano aver spinto il papa a prendere questa decisione, sul messaggio nascosto nelle sue parole e sugli scenari possibili dopo il 28 febbraio 2013.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
Il ruolo del papa stabilito da Gesù
Prima di iniziare quest'indagine centrata sul gesto storico compiuto da Benedetto XVI, voglio riportare il quadro di riferimento fondamentale in cui inserire quello che è accaduto ottocento anni fa, ciò che sta accadendo e ciò che potrebbe accadere. Si tratta della profezia fondamentale di Gesù su Pietro e sui suoi successori.
Poi Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?». Essi risposero: «Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti». Ed egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?». Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Gesù, replicando, disse: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch'io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte degli inferi non la potranno vincere». (Matteo 16,13-20)