Artisti, gioiellieri, eretici
-Il mondo di Lorenzo Lotto tra Riforma e Controriforma
(Collezione storica)EAN 9788842064718
Esaurito
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DETTAGLI DI «Artisti, gioiellieri, eretici»
Tipo
Libro
Titolo
Artisti, gioiellieri, eretici - Il mondo di Lorenzo Lotto tra Riforma e Controriforma
Autore
Firpo Massimo
Editore
Laterza
EAN
9788842064718
Pagine
376
Data
2001
Collana
Collezione storica
COMMENTI DEI LETTORI A «Artisti, gioiellieri, eretici»
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Recensione di Maurizio Abbà della rivista Studia Patavina
Lorenzo Lotto (ca. 1480 – 1556) di solito è citato per il suo eclettismo derivante dalle molteplici esperienze artistiche cui poteva attingere. Molto interessante risulta essere anche l’esplorazione del mondo religioso che lo ha circondato.
Nell’ottobre del 1540 Lorenzo Lotto, sessantenne, registrò nel suo Libro di spese “doi quadretti del retrato de Martin Luter et suo moier” il riferimento evidente è ai ritratti di Martin Lutero e sua moglie Katharina von Bora – ma solo quattordici anni dopo, nel settembre 1554, Lotto sottoscrisse il suo atto di oblazione alla Santa Casa di Loreto.
Questi due dati contrapposti mettono in rilievo la difficoltà di evidenziare con nitidi, costanti ed inequivocabili tratti l’identità religiosa del grande pittore veneziano e proprio questo è un incentivo a capire qualcosa di più. L’identità religiosa di Lorenzo Lotto, la sua coerenza interna o eventuali cambiamenti in essa, costituisce un tema dibattuto da oltre mezzo secolo dalla storiografia.
L’età in cui Lotto ha vissuto e operato emerge nel libro di Massimo Firpo, sullo sfondo vi sono le tensioni religiose del Cinquecento. Basti citare: la comparsa di Lutero, l’istituzione del Sant’Ufficio dell’Inquisizione romana, il sacco di Roma, il concilio di Trento.
In particolare il periodo preso in considerazione da Firpo è compreso tra gli anni Trenta e Cinquanta del XVI secolo, la dislocazione geografica: tra Venezia e le Marche.
Il tempo, gli eventi, e poi i luoghi ed i personaggi che entrarono in contatto con Lorenzo Lotto: ecco allora il convento domenicano dei Santi Giovanni e Paolo, i suoi amici e conoscenti veneziani, tipografi, artisti, letterati e in particolare l’ambiente di orefici e gioiellieri le cui botteghe situate intorno a Rialto erano teatro di animate discussioni teologiche sulla grazia e la predestinazione, la fede e le opere, i sacramenti e l’autorità del papa.
Venezia era considerata, da molti simpatizzanti e aderenti del movimento riformatore, come la “porta” per la Riforma in Italia. Ci si chiede: se e fino a che punto quest’inquietudine religiosa riusciva a inserirsi nella produzione artistica di Lorenzo Lotto? Come poterla decifrare e farla emergere? In sintesi, il quesito centrale è: l’eclettismo del pittore veneziano era solo artistico o, almeno per alcuni anni, vi è stato anche un corrispettivo religioso?
In età contemporanea l’interesse per Lorenzo Lotto ha il suo punto di partenza dalla mostra veneziana del 1953, mentre il dibattito storiografico sull’identità religiosa di Lorenzo Lotto è stato riaperto nel 1976 dal contributo di Giovanni Romano che suggeriva di attribuire al Lotto i disegni per le incisioni per il frontespizio della prima edizione della traduzione biblica di Antonio Brucioli, pubblicata nel 1532 da Lucantonio Giunti. L’autore del volume Massimo Firpo, insegna storia moderna alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, è valente ed acuto studioso dell’età della Riforma e della Controriforma. Del suo libro si deve altresì segnalare anche il notevole (e puntualmente commentato nel corso della trattazione) apparato iconografico, si tratta di 54 figure con opere oltreché di Lorenzo Lotto, alcune con Giovan Francesco Capoferri, e altre di bottega di Lucas Cranach il Vecchio, Hans Brosamer, Carlo da Camerino, Iacopino da Sansovino, Matteo da Treviso, Niccolò d’Aristotele detto lo Zoppino, Alvise Donà, Albrecht Dürer, Girolamo da Treviso, Sebastiano del Piombo.
La ricostruzione storica di Massimo Firpo è magistrale, equilibrata nella prospettiva della storia e della storia dell’arte. Un libro certamente da apprezzare e da accogliere in cui s’intersecano diverse competenze specialistiche. Un solo appunto, a p.198 l’uso del termine “devozioni farisaiche” fatto valere come sinonimo stereotipato di comportamenti di stampo ipocrita. Il dialogo ebraico-cristiano ha comportato ormai da anni la doverosa rivisitazione da parte cristiana di una fraseologia impropria, inadeguata e, in definitiva, errata come l’uso fuori luogo dell’accezione ‘fariseo’. Una considerazione che vale non solo per la teologia ma in generale, scienze storiche comprese.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Nell’ottobre del 1540 Lorenzo Lotto, sessantenne, registrò nel suo Libro di spese “doi quadretti del retrato de Martin Luter et suo moier” il riferimento evidente è ai ritratti di Martin Lutero e sua moglie Katharina von Bora – ma solo quattordici anni dopo, nel settembre 1554, Lotto sottoscrisse il suo atto di oblazione alla Santa Casa di Loreto.
Questi due dati contrapposti mettono in rilievo la difficoltà di evidenziare con nitidi, costanti ed inequivocabili tratti l’identità religiosa del grande pittore veneziano e proprio questo è un incentivo a capire qualcosa di più. L’identità religiosa di Lorenzo Lotto, la sua coerenza interna o eventuali cambiamenti in essa, costituisce un tema dibattuto da oltre mezzo secolo dalla storiografia.
L’età in cui Lotto ha vissuto e operato emerge nel libro di Massimo Firpo, sullo sfondo vi sono le tensioni religiose del Cinquecento. Basti citare: la comparsa di Lutero, l’istituzione del Sant’Ufficio dell’Inquisizione romana, il sacco di Roma, il concilio di Trento.
In particolare il periodo preso in considerazione da Firpo è compreso tra gli anni Trenta e Cinquanta del XVI secolo, la dislocazione geografica: tra Venezia e le Marche.
Il tempo, gli eventi, e poi i luoghi ed i personaggi che entrarono in contatto con Lorenzo Lotto: ecco allora il convento domenicano dei Santi Giovanni e Paolo, i suoi amici e conoscenti veneziani, tipografi, artisti, letterati e in particolare l’ambiente di orefici e gioiellieri le cui botteghe situate intorno a Rialto erano teatro di animate discussioni teologiche sulla grazia e la predestinazione, la fede e le opere, i sacramenti e l’autorità del papa.
Venezia era considerata, da molti simpatizzanti e aderenti del movimento riformatore, come la “porta” per la Riforma in Italia. Ci si chiede: se e fino a che punto quest’inquietudine religiosa riusciva a inserirsi nella produzione artistica di Lorenzo Lotto? Come poterla decifrare e farla emergere? In sintesi, il quesito centrale è: l’eclettismo del pittore veneziano era solo artistico o, almeno per alcuni anni, vi è stato anche un corrispettivo religioso?
In età contemporanea l’interesse per Lorenzo Lotto ha il suo punto di partenza dalla mostra veneziana del 1953, mentre il dibattito storiografico sull’identità religiosa di Lorenzo Lotto è stato riaperto nel 1976 dal contributo di Giovanni Romano che suggeriva di attribuire al Lotto i disegni per le incisioni per il frontespizio della prima edizione della traduzione biblica di Antonio Brucioli, pubblicata nel 1532 da Lucantonio Giunti. L’autore del volume Massimo Firpo, insegna storia moderna alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, è valente ed acuto studioso dell’età della Riforma e della Controriforma. Del suo libro si deve altresì segnalare anche il notevole (e puntualmente commentato nel corso della trattazione) apparato iconografico, si tratta di 54 figure con opere oltreché di Lorenzo Lotto, alcune con Giovan Francesco Capoferri, e altre di bottega di Lucas Cranach il Vecchio, Hans Brosamer, Carlo da Camerino, Iacopino da Sansovino, Matteo da Treviso, Niccolò d’Aristotele detto lo Zoppino, Alvise Donà, Albrecht Dürer, Girolamo da Treviso, Sebastiano del Piombo.
La ricostruzione storica di Massimo Firpo è magistrale, equilibrata nella prospettiva della storia e della storia dell’arte. Un libro certamente da apprezzare e da accogliere in cui s’intersecano diverse competenze specialistiche. Un solo appunto, a p.198 l’uso del termine “devozioni farisaiche” fatto valere come sinonimo stereotipato di comportamenti di stampo ipocrita. Il dialogo ebraico-cristiano ha comportato ormai da anni la doverosa rivisitazione da parte cristiana di una fraseologia impropria, inadeguata e, in definitiva, errata come l’uso fuori luogo dell’accezione ‘fariseo’. Una considerazione che vale non solo per la teologia ma in generale, scienze storiche comprese.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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