Teologia dal Vaticano II
-Analisi storiche e rilievi ermeneutici
(Classici del pensiero cristiano)EAN 9788821576980
Per la celebrazione del cinquantesimo anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, la Scuola del Seminario di Bergamo, che vide Angelo Giuseppe Roncalli alunno e poi insegnante, ha redatto questo volume allo scopo di raccogliere le più significative tra le innumerevoli interpretazioni di cui è stato oggetto l’evento conciliare.
Il testo è suddiviso in otto capitoli, ognuno dei quali scritto da un diverso autore e, anche se apparentemente indipendenti l’uno dall’altro, essi sono ordinati in modo da creare un filo conduttore tra gli stessi. I vari interventi contribuiscono a illuminare l’evento ecclesiale più importante del XX secolo, a tal punto da consentire al lettore di entrare nel Concilio per scoprirne le dinamiche e per conoscere aneddoti e situazioni che ne hanno determinato l’evolversi. Alla luce di questa lettura si comprende come il Vaticano II ebbe una portata culturale oltre che religiosa tale da generare un dibattito tuttora acceso e una serie di dispute interpretative sull’evento stesso. Per orientarsi nel dibattito è necessario, comunque, non perdere di vista il principio di pastoralità che costituisce lo spirito e il fine del Concilio secondo l’intenzione di Giovanni XXIII.
Nel primo capitolo, Il Concilio Vaticano II, bussola per la chiesa, Franco Giulio Brambilla focalizza l’attenzione del lettore sull’intento pastorale del Concilio e sui quattro pilastri che ne reggono la struttura, ossia le quattro costituzioni. Per spiegare l’intento pastorale del Concilio, l’autore ne sottolinea il punctum saliens, ossia la distinzione che Giovanni XXIII fa tra l’antica dottrina del depositum fidei e la formulazione del suo rivestimento; la sostanza dell’antica dottrina è sempre la stessa, ma c’è una nuova formazione delle coscienze di cui non si può non tener conto.
Le parole semplici usate dal papa costituiscono, per Brambilla, lo spunto per spiegare il delicato e tortuoso passaggio da una concezione dottrinalistica a una concezione eventistica della rivelazione; in realtà, l’intento del papa era quello di superare la visione esclusivamente concettualistica della verità cristiana e di far sì che il mistero di Dio incontrasse finalmente la libertà degli uomini. Ed è questo il punctum saliens da cui è scaturito il conflitto delle interpretazioni, il conflitto tra coloro che sostenevano e sostengono che questo passaggio abbia generato una rottura tra una chiesa preconciliare e una post-conciliare, e coloro che, invece, sostengono un principio di continuità. L’autore percorre le quattro costituzioni soffermandosi a lungo, a proposito della Sacrosanctum Concilium, sulle conseguenze del mutamento linguistico. Se può sembrare riduttivo parlare del Concilio come evento linguistico, sta di fatto che, ricevere il dono di Dio attraverso i propri linguaggi, muta radicalmente il nostro rapporto con il mistero di Dio: si passa, così, dal “sentir messa” al “celebrare messa”, a dispetto di coloro che, per esempio, a proposito della liturgia, lamentavano la perdita del senso sacrale e misterico dell’eucaristia. Questa è, infatti, secondo l’autore, la prima eredità del Concilio.
Il mutamento linguistico spinge la chiesa all’ascolto della Parola affinché il tempo della chiesa sia un grande terreno in cui far germinare la Parola stessa. Dunque, la seconda eredità del Concilio è quella lasciataci dalla Dei Verbum: la chiesa del Concilio ha riaperto lo scrigno della Parola. Invece, la terza eredità è quella che si evince dalla Lumen gentium, ossia l’immagine comunionale e comunitaria della chiesa come plebs adunata: da qui la bellissima immagine della chiesa come icona storica della communio trinitaria. Infine, la Gaudium et spes, ponendo l’uomo al centro dello sguardo della chiesa, opera un decisivo confronto tra coscienza cristiana e mondo moderno: è proprio questa la quarta eredità, l’apertura della chiesa al mondo e agli uomini. Solo accogliendo la Parola cristiana nelle situazioni antropologiche si può realizzare l’incontro tra Dio e l’uomo.
Goffredo Zanchi intitola il secondo capitolo Alcuni momenti cruciali del Concilio Vaticano II e fa una cronaca dei momenti più difficili che portarono all’approvazione di Dei Verbum e Lumen gentium. Un lettore che ha immaginato un Concilio svoltosi in un clima di festa e di serena operosità, leggendo questo capitolo deve necessariamente ricredersi! L’autore chiarisce molto bene, attraverso il racconto di alcune vicende, che non tutti i padri conciliari avevano accolto con entusiasmo il Concilio con il suo intento pastorale e questo aveva generato un clima assolutamente teso tanto da portare Giovanni XXIII prima e Paolo VI dopo, a intervenire più volte a mediare le dispute tra gli stessi padri. In particolare la presenza e le continue reazioni di una tenace minoranza, il Coetus Internationalis Patrum, di rigida formazione intellettualistica, mutarono radicalmente l’agenda del Concilio e rallentarono di molto il raggiungimento dell’esito finale. Marcel Lefebvre, la figura di maggiore spicco del Coetus, parlò del Concilio come della sovversione dell’antica dottrina.
Nel terzo capitolo, scritto da Alessandro Cortesi e intitolato Il contributo di Marie-Dominique Chenu al Vaticano II, si espone il contributo portato al Concilio dal teologo francese, il quale, pur avendo partecipato all’assise con un ruolo semiufficiale (era consigliere teologico di monsignor Rolland), collaborò alla stesura di vari documenti. La sua interpretazione dell’evento conciliare fu particolarmente decisiva, sia durante lo svolgimento del Concilio sia dopo la sua conclusione. A differenza degli altri autori di questo volume, Cortesi – più che dimenarsi tra le innumerevoli interpretazioni sul Concilio – coglie, attraverso Chenu, il senso profondo di quella cristianità che Giovanni XXIII voleva lasciar trasparire dal Concilio stesso. Chenu sosteneva che il Concilio doveva finalmente rappresentare la presa di coscienza della chiesa, una chiesa che esce da sé per scoprirsi inviata, per dialogare con gli uomini “là dove essi sono, là dove anche si lasciano prendere dalle tentazioni”: l’evangelizzazione è, infatti, rivolta ai caduti perché la storia dell’umanità è anche storia di peccato, è anche opacità della condizione umana. Chenu fu membro della sottocommissione sui “segni dei tempi”, espressione divenuta famosa in riferimento al rapporto della chiesa con il mondo.
Il quarto capitolo è intitolato Il principio di pastoralità come principio interno del Corpus conciliare. Elementi di riflessione sulle posizioni teologiche ed ecclesiologiche del Concilio. Con un linguaggio spesso tortuoso e filosofico, l’autore, Angelo Bertuletti, si sofferma sull’ermeneutica della rottura con la Tradizione, ossia della discontinuità, e sull’ermeneutica della continuità. Egli abbraccia ed espone la teoria di Christoph Theobald, il quale sostiene che è necessaria un’interpretazione sistematica del Concilio, condotta a partire dall’ipotesi di un principio interno al corpus conciliare, ossia il principio di pastoralità. Interessante è la parte in cui l’autore di questo capitolo si sofferma sulle implicazioni teologiche del principio di pastoralità, sul rapporto tra chiesa, Vangelo e tradizione e sulla loro recezione-trasmissione. Al contesto storico del recettore è attribuita una funzione determinante perché, è ovvio, ogni situazione culturale nuova rilancia da capo il processo di recezioneinterpretazione.
Iniziando a leggere il capitolo quinto, scritto da Giovanni Rota, Il Concilio Vaticano II nel conflitto delle interpretazioni: problemi e prospettive, ci si chiede se Giovanni XXIII immaginava che, a distanza di cinquant’anni dal Concilio, sarebbe stato ancora vivo il dibattito su questioni quali continuità e discontinuità, sul rapporto e sulla validità della teologia pre-conciliare e postconciliare e soprattutto se poteva immaginare che il “suo” Concilio avrebbe generato un ampio mosaico d’incisi e di distinguo. Come fu allora osservato dal teologo Joseph Ratzinger, la prima fase del Concilio fu esuberante: il Concilio fu percepito come un evento liberante e dinamico. Tale esuberanza, però, lasciò presto spazio alla delusione perché la recezione degli insegnamenti conciliari trovò molti ostacoli, rivelandosi così né immediata né facile. Giovanni Paolo II cercò di amplificare la recezione del Vaticano II come evento centrale per l’identità e la missione della Chiesa cattolica: tradizione e rinnovamento non sono in contrasto quando si parla altresì di riforma nella comunità credente. Con Benedetto XVI, il carattere del Concilio è tornato in discussione. In perfetto stile con il suo pontificato, papa Ratzinger ha mantenuto una posizione di equilibrio; egli afferma la volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio, criticando fortemente l’ermeneutica della discontinuità e auspicando una fedele continuità con la bimillenaria tradizione della chiesa. Una chiave risolutiva (tra continuità e discontinuità) potrebbe essere quella del teologo Karl Rahner il quale dice che una delle questioni aperte ancora oggi è se la chiesa possegga ancora, nel periodo post-apostolico, la capacità e i poteri creativi che possedeva nel periodo apostolico, quando poneva in atto poteri con decisioni fondamentali al di là delle competenze ricevute per disposizione diretta di Gesù Risorto. Secondo Rahner, la chiesa può esercitare legittimamente certe possibilità di cui non ha mai fatto uso nel periodo post-apostolico perché la cosa sarebbe stata priva di senso o, addirittura, illegittima. E questo non riguarda certo l’ambito della formulazione, ma riguarda la capacità creativa della chiesa di contestualizzare la rivelazione. La contestualizzazione della rivelazione, per Rahner, è creatività per la chiesa, è capacità di suscitare la risposta dell’uomo, il suo libero consenso alla verità.
Nel sesto capitolo, Massimo Epis mette a fuoco la problematica di fondo relativa alla libertà religiosa già nel titolo stesso: L’appello alla libertà religiosa emblema del relativismo o questione di fedeltà al Vangelo? Quella della libertà religiosa non è certo una questione che nasce con il Concilio. Essa è una costante nella lunga e conflittuale vicenda del rapporto tra Chiesa cattolica e storia moderna della libertà.
Nel settimo capitolo, L’etica e il diritto. La politica e la questione della laicità, Maurizio Chiodi opera una riflessione sul rapporto tra il diritto nel senso politico del termine e la religione, partendo come presupposto dal capitolo IV di Gaudium et spes in cui sono offerte le linee essenziali riguardanti l’attività temporale e politica dei credenti. Attraverso quattro modelli giuridici sono riassunte alcune tra le posizioni più significative presenti nel dibattito contemporaneo.
Il primo modello è quello giuspositivista. L’autore espone la posizione di Marco Lorenzo Scarpelli, presidente del primo Comitato nazionale per la bioetica, il quale sostiene che la laicità è un modo di procedere in base alla sola ragione, indipendentemente da premesse religiose: queste non potrebbero valere per tutti. L’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II è lo spunto per introdurre il modello giusnaturalista che, in netta contrapposizione con quello giuspositivista, stabilisce la differenza tra le leggi positive e il diritto naturale. Le prime costituiscono il diritto stabilito dal legislatore, mentre l’altro ha una valenza intrinseca che l’uomo “non produce” ma che si fonda sulla natura: esso è inscritto nel cuore dell’uomo, è immutabile, è costante, a prescindere dai mutamenti sociali. Il terzo modello giuridico è quello liberale del teorico tedesco Habermas. Quest’ultimo sostiene l’idea di uno Stato liberale ideologicamente neutrale. Pur presupponendo la neutralità, è però necessario che lo Stato liberale si mantenga a uguale distanza da qualsiasi forma di pregiudizio, tanto da quelle che favoriscono la scienza tanto da quelle che privilegiano la fede. Tuttavia, esso resta aperto e disponibile ad apprendere dall’una e dall’altra. Infatti, la neutralità dello Stato liberale non significa disinteresse né indifferenza ma disponibilità all’apprendimento. Il quarto modello proposto dall’autore è quello del filosofo francese Ricoeur ossia deontologico-teleologico. Ricoeur mette assieme sia le istanze del modello giuspositivista sia quelle del modello giusnaturalista perché sostiene che la forza della giustizia sta nella dialettica del buono e del giusto; il diritto è stabilito legalmente, ma la giustizia non si può pensare se non nel suo rapporto con il bene. C’è un’inclusione tra il giusto e il buono: il bene implica necessariamente la giustizia e questo rapporto è mediato dall’istituzione. Perciò, il “giusto” si colloca tra etica e politica. Dalla trattazione di questi modelli giuridici, l’autore fa derivare quella che è la sua idea di laicità. Chiodi parla di “laicità vivente” ossia di una laicità che nasce dall’apprendimento reciproco tra cittadini credenti e cittadini non credenti.
L’ottavo capitolo, l’ultimo del volume, è intitolato Il rapporto tra cristianesimo-cultura: oggetto dell’evento conciliare, soggetto del suo cammino di recezione. Luca Bressan, l’autore, si focalizza sul rapporto tra cristianesimo-cultura come nodo critico che decide il giudizio sul Concilio ecumenico Vaticano II. Secondo lo studioso Theobald, questo rapporto è il soggetto del processo di revisione istituzionale della chiesa ed è il vero motore dell’evento conciliare. Con il Concilio s’inaugura, da parte della chiesa, un processo di discernimento nei confronti della cultura che si traduce in una crescente attenzione alla forma dell’annuncio, all’evolversi della storia e alle trasformazioni sociali di cui l’uomo è protagonista.
Per il linguaggio abbastanza chiaro e discorsivo, il testo risulta accessibile a un vasto pubblico. Se ne consiglia vivamente la lettura, soprattutto per riscoprire quel grande evento dello Spirito Santo che è stato il Concilio Vaticano II.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-2/2015
(http://www.pftim.it)
-
17,00 €→ 16,15 € -
22,00 €→ 20,90 € -
-
-
-
-
-
-
-
25,00 €→ 23,75 € -
-
15,00 €→ 14,25 € -
-
-
-
-
-
-
Qui trovi riportati i commenti degli utenti di LibreriadelSanto.it, con il nome dell'utente e il voto (espresso da 1 a 5 stelline) che ha dato al prodotto.
I commenti compaiono ordinati per data di inserimento dal meno recente (in alto) al più recente (in basso).
Francesco Riola il 11 giugno 2017 alle 19:02 ha scritto:
Ottimo testo sulla storia del concilio II