Dalla restaurazione compiuta dal Concilio Vaticano II fino ai giorni nostri il Diaconato ha percorso un lungo cammino nel quale è avvenuta una graduale presa di coscienza della sua identità e delle sue potenzialità.In questo testo l'Autore prende in esame proprio lo sviluppo del ministero diaconale, analizzando le ragioni che ne hanno determinato il rinnovamento e le modalità che ne hanno caratterizzato la realizzazione. Con il Concilio infatti è iniziato per il Diaconato un vitale quanto faticoso percorso su due fronti: da un lato l'approfondimento normativo da parte della Santa Sede e delle Conferenze episcopali, dall'altro la presa di coscienza delle diverse comunità che gradualmente si preparano ad accogliere questo ministero.
INTRODUZIONE
Dalla sua restaurazione fino ai giorni nostri, il Diaconato ha percorso un lungo cammino di riflessione sulla sua identità e di graduale presa di coscienza della variegata ricchezza di potenzialità che lo Spirito gli dona in relazione all'oggi ecclesiale e sociale. Segno efficace di grazia e viva presenza ministeriale che rende visibile alla comunità dei credenti il Cristo Servo e Signore, il ministero diaconale si pone oggi in attento e costante dialogo anche con le realtà del mondo, per annunciare a tutti — soprattutto ai poveri di questo nostro tempo — il Cristo speranza degli uomini, ed essere espressione e strumento in mezzo ad essi della stessa diaconia della Chiesa.
Con il Concilio Vaticano II, dopo la decisione non attuata del suo ripristino presa dal Concilio di Trento ', il diaconato viene restaurato nella Chiesa latina come grado permanente della gerarchia. Per giungere a questa determinazione, è stato di rilevanza fondamentale il fatto che l'assemblea conciliare, nell'ottobre del 1963, abbia dato una risposta affermativa ad una delle cinque domande orientative al rinnovamento della vita ecclesiale, che trattava esplicitamente di questo ministero.
Il Vaticano II, Concilio prevalentemente pastorale, con la sua ecclesiologia di comunione centrata sulla Lumen Gentium, stabilisce in maniera inequivocabile che il ministero diaconale rinasca nella Chiesa come ministero "proprio", e non più solamente come tappa per i candidati al sacerdozio. Il documento conciliare tratta del diaconato nell'ambito del III capitolo, dove si parla della Costituzione gerarchica della Chiesa, stabilendo che tale ministero può essere conferito a uomini sia celibi che sposati. La collocazione del diaconato all'interno della Gerarchia viene messa in rilievo attraverso l'accenno alla "imposizione delle mani" e alla "grazia sacramentale", che sottolinea — anche se in maniera ancoraprudente — la sacramentalità di questo ministero. Una indicazione, questa, che emerge in ogni caso dall'insieme del dettato conciliare, che vede la collocazione del diacono al di dentro dell'Ordine, come vera parte — pur se in un "grado inferiore — dei "ministri sacri". L'espressione "inferiore" usata nella Lumen Gentium riflette una terminologia corrente consacrata dall'uso e dal diritto di allora; la ricerca successiva ha preferito espressioni che accentuano più la specificità dei diversi ministeri anziché la superiorità o inferiorità di grado.
Nella Costituzione vengono usati i termini che esprimono chiaramente i tre gradi tradizionali dell'Ordine gerarchico: Episcopato, Presbiterato, Diaconato. L'articolazione tripartita del sacramento dell'Ordine è affermata più volte nella Lumen Gentium. Il testo conciliare, parlando del servizio dei vescovi', afferma che esso viene esercitato con l'aiuto dei sacerdoti e dei diaconi, e sottolinea altresì che il ministero ecclesiastico, di istituzione divina, è esercitato già da antica data attraverso i diversi ordini: vescovi, presbiteri, diaconi'.
La successiva ed importante affermazione della Costituzione conciliare è che i diaconi ricevono l'imposizione delle mani non per il sacerdozio, ma per il servizio, in quanto, sostenuti dalla grazia sacramentale nel ministero della liturgia, della predicazione e della carità, servono il popolo di Dio in comunione col vescovo ed i suoi sacerdoti; tale asserto conferma da una parte tutta la tradizione che esclude il diaconato dalle funzioni sacerdotali, e pone dall'altra il ministero dei diaconi come intermediario tra quello dei vescovi e dei presbiteri con il resto del Popolo di Dio. Pertanto, la formula "sostenuti dalla grazia sacramentale" dice come il diacono sia abilitato alle sue funzioni proprio grazie ad una virtù sacramentale.
Il testo conciliare enumera poi dandone anche de le tre funzioni fondamentali, delle applicazioni specifiche.
La Costituzione dogmatica sulla Chiesa contiene un altro riferimento al diaconato particolarmente interessante. Al capitolo V 5, a proposito della vocazione universale alla santità, si dice che l'impegno di una vita santa per i diaconi deriva soprattutto dalla loro specifica partecipazione alla missione e grazia del supremo Sacerdote. Il Concilio ha così individuato la "peculiarità" del diacono nel "servizio" ai "misteri di Cristo e della Chiesa".
Anche in altri testi conciliaci troviamo riferimenti al diaconato 6. In particolare nel Decreto sull'attività missionaria della Chiesa Ad Gentes, che recepisce la sensibilità soprannaturale espressa dal Concilio in riferimento alla "grazia sacramentale" inserendo il ministero permanente del diacono nella pluralità dei ministeri suscitati dallo Spirito di Dio nel suo Popolo, in tal modo confermando e rafforzando un servizio di fatto già esercitato.
Un'interpretazione globale dell'ecclesiologia del Vaticano II conduce ad una più chiara spiegazione dei passi che hanno caratterizzato la visione del diaconato e il suo conseguente sviluppo. Basata sul mistero e sul sacramento, essa ha messo in evidenza la dimensione esistenziale della Chiesa come comunione, comunità e comunicazione. Proprio i testi conciliari sul diaconato esprimono sostanzialmente questa realtà, ponendo questo ministero nella radice del mistero di comunione della Chiesa e nella sua realtà sacramentale.
Con il Concilio si avvia dunque una nuova stagione per il ministero diaconale e comincia un vitale e faticoso cammino su due fronti: da un lato l'approfondimento normativo da parte della Santa Sede e delle Conferenze Episcopali, dall'altro la presa di coscienza delle diverse comunità che si aprono, anche se lentamente, ad accogliere questo ministero.
Riguardo agli sviluppi dei testi conciliari, il documento pontificio "Sacrum diaconatus ordinem" riprende i compiti che in essi sono indicati, apportando qualche innovazione. Viene ad esempio aggiunta — tra le funzioni del diacono — la guida di comunità disperse. Tale prospettiva aprirà per le comunità parrocchiali nuovi orizzonti non ancora del tutto esplorati. Inoltre, si danno delle direttive circa la formazione dei candidati "giovani" o "adulti". Le restanti questioni, sul ripristino del diaconato e sulle sue modalità, vengono delegate alle Conferenze Episcopali dei vari Paesi.
Nel periodo intercorrente fra il Concilio ecumenico ed il Motu proprio appena menzionato, Papa Paolo VI pronuncia due interventi sul diaconato che rimangono, ancora oggi, fondamentali per la sua comprensione e la sua collocazione dentro la più ampia ed articolata ministerialità ecclesiale.
Nel pontificato di Giovanni Paolo II, come vedremo, non si registra un documento esplicito sul diaconato, ma alcuni suoi discorsi pronunciati in diverse occasione di incontro con i diaconi in varie parti del mondo risultano di grande rilievo dottrinale, esortativo e pastorale. E non mancheranno riferimenti di rilievo anche al Magistero immediatamente successivo a questo pontefice.
La riflessione sullo sviluppo del ministero diaconale che, pur senza presunzione di completezza, andremo a fare si pone quindi come una sorta di "viaggio" attraverso le ragioni che ne hanno determinato la restaurazione ed il rinnovamento e le modalità che ne hanno fin qui caratterizzato la realizzazione: un viaggio affascinante, perché scaturito dall'impulso della "fantasia" innovatrice dello Spirito, e al tempo stesso radicato nella storia degli uomini e capace di giungere fino a noi da un passato lontano nel tempo con una freschezza di motivazioni che parla sorprendentemente il linguaggio della contemporaneità ed entra mirabilmente nella missione della Chiesa al servizio del suo Signore e dell'umanità in cammino.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
LA DIACONIA DELLA CHIESA: MISTERO DI COMUNIONE E DI SERVIZIO
A ciascuno è data una manifestazione dello Spirito per l'utilità comune (1Cor 12,7)
1. Una Chiesa ministeriale memoria viva di Cristo servo Un « segno dei tempi»
La ricuperata consapevolezza dell'indole ministeriale della comunità cristiana è stata uno dei segni dei tempi più significativi del postconcilio. Ciò ha implicato quella riscoperta della realtà pasquale e battesimale della Chiesa che ne rende visibile ed efficace la vitalità nello Spirito secondo l'immagine paolina, una vitalità che si traduce anche a livello operativo, per meglio configurare la struttura ecclesiale e i suoi rapporti interni secondo la volontà del Signore. Questa consapevolezza è dunque, per la Chiesa, un dono da custodire gelosamente, salvaguardando dalle suggestioni della moda la riflessione sui diversi ministeri e sulle relazioni di reciprocità che li contraddistinguono.
La ministerialità qualifica la Chiesa nella sua realtà interna e nei confronti delle dinamiche esterne: Gesù, il Signore e il Maestro, si dichiara servo; la Chiesa, sua sposa, è a servizio della salvezza e della liberazione del mondo; ed ogni partecipazione alla vita della Chiesa — come vocazione di ogni battezzato — è chiamata a servire, altrimenti non è evangelica.
La riflessione sui ministeri tocca e attraversa, quindi, tutto l'oggi della Chiesa; ma non è un discorso comodo, che si possa banalizzare o svendere a suon di parole. E, invece, una realtà esigente — esosa, perfino se ascoltiamo Gesù, il Signore e il Maestro: Io sono venuto a servire e a dare la mia vita come riscatto per molti..., e ancora: Io vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi (cf. Mt 20,24-28; Gv 13,15).
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Padre Eduardo Agustin Aguilar Navarro il 19 settembre 2015 alle 15:28 ha scritto:
Veramente l'acquisto di questo libro è stato in tempo e arrivato bene all'estero. Vi posso consigliare come una libreria eccelente. Anche adesso ho fatto altre acquisti della novità della editrice Vaticana per il giubileo prossimo.
Krzysztof Kaput il 5 ottobre 2018 alle 16:39 ha scritto:
Tutto perfetto e velocissimo. Grazie.
dario Marra il 2 maggio 2020 alle 10:10 ha scritto:
Non ho ancora completato la lettura, comunque dall'impostazione mi pare che colga alcuni elementi fondanti, solo che non chiarisce bene il perché essere sposati debba bloccare un diacono da essere ordinato presbitero. Siamo sempre sul divieto non scritturalmente provato del matrimonio come elemento di impurità cultuale, contraddicendo tutto il piano di Dio sulla creazione dell'uomo. Siamo ancora in una mentalità di purezza cultuale estranea all'essenza del cristianesimo.