Chiesa e Stato in Italia dalla grande guerra al nuovo concordato (1914-1984) Con CD-ROM
(Dibattiti storici)EAN 9788815132802
Nella ricorrenza degli ottant’anni dalla firma dei Patti lateranensi la collana dell’archivio storico del Senato pubblica un volume curato da Roberto Pertici destinato a suscitare particolare interesse non solo presso gli studiosi di storia delle relazioni tra Chiesa e Stato in Italia. Il volume comprende una sezione dedicata ai Dibattiti parlamentari, selezionati in riferimento ai temi affrontati in un’ampia ricostruzione storica, che a partire dalla prima guerra mondiale arriva agli anni della revisione del Concordato (1984). L’autore, docente di Storia contemporanea presso l’Università di Bergamo, ricostruisce attentamente le linee generali di una storia assai complessa, ben nota nelle sue linee generali, ma ancora da approfondire attraverso la consultazione da quel materiale documentario finora poco accessibile rappresentato da note diplomatiche, appunti privati di uomini politici e prelati di curia che si sono trovati al centro di discussioni e trattative riservate o addirittura segrete.
L’autore del volume mette al centro della sua ricostruzione, com’è ovvio, i momenti essenziali della storia delle relazioni tra chiesa e stato in Italia: i Patti lateranensi, la discussione sull’art. 7 della Costituzione repubblicana e la revisione del Concordato sottoscritta nel 1984. Tutto questo nell’orizzonte della storia politica e politico-religiosa, di cui appaiono i principali protagonisti, i diversi percorsi ideologici e gli sviluppi dottrinali (giuridici, teologici e canonistici). Le discussioni parlamentari - così contestualizzate - si presentano come il momento in cui differenti tradizioni politiche e giuridiche si confrontano, non sempre in modo costruttivo, fino a determinare scelte che hanno inciso e incidono tuttora nella società italiana. Già all’indomani della Legge delle Guarentigie comincia lentamente a profilarsi nel dibattito politico di fine Ottocento la necessità di risolvere la questione romana attraverso un accordo bilaterale in grado di sanare una frattura assai problematica in un’Italia a grande maggioranza cattolica. Ma il contrasto tra le forze anticlericali e i cattolici, che faticano a riconoscersi nel nuovo stato, non consente l’avvio di un rapporto costruttivo tra l’Italia e la Santa Sede. Solo lentamente il liberalismo italiano, da un lato, e il papato dall’altro giungono a fissare nuove strategie e nuovi criteri capaci di favorire una discussione costruttiva. Con il pontificato di Pio X viene abbandonata nei fatti la pretesa di un qualsiasi recupero della sovranità territoriale, nella prospettiva di assicurare una base giuridica alla posizione internazionale della Santa Sede. L’ipotesi di uno stato in miniatura comincia a farsi strada negli ambienti vaticani soprattutto durante la grande guerra, periodo nel quale la comunicazione tra il pontefice e gli stati europei diventa assai problematica.
In Europa e in Italia anche la politica ecclesiastica dei governi usciti dal tragico conflitto mondiale presenta novità significative. Il separatismo ostile, come nel caso francese, o il giurisdizionalismo aconfessionale, come in Italia, sono gradualmente superati da una considerazione più attenta alla dimensione pubblica e sociale della vita religiosa. Lo stesso Vittorio Emanuele Orlando, nel 1919, durante un incontro riservato a Parigi con il futuro cardinal Cerretti, si fa garante della disponibilità del governo italiano ad una soluzione della Questione romana sulla base di un riconoscimento territoriale. Molti anni dopo, nel 1947, l’anziano politico ricorderà con una certa enfasi in un intervento parlamentare di aver posto le basi di una trattativa di cui il Fascismo aveva vantato tutti i meriti. Pertici si sofferma attentamente su questo episodio, soprattutto al fine di dimostrare che i Patti lateranensi sono stati resi possibili, prima ancora che dall’energico attivismo di Mussolini, da una graduale maturazione interna al liberalismo italiano tra guerra e dopo-guerra. Così le discussioni parlamentari del 1921-22 mostrano che nell’opinione pubblica del paese l’irrigidimento separatista della tradizione anticlericale si sta dissolvendo a favore di una possibile trattativa incentrata sull’eventualità di trasformare in sovranità territoriale il “godimento” dei palazzi apostolici previsto dalla Legge delle Guarentigie. Lentamente la discussione finisce per prendere in considerazione questa opportunità, mentre da parte della Santa Sede viene superata la prospettiva del riconoscimento internazionale del futuro stato e accolta la possibilità di un accordo bilaterale con lo stato italiano.
Il Fascismo porta pertanto a compimento quanto già avviato prima della marcia su Roma. Ifinità ideologica e politica tra il Fascismo e la chiesa romanaoaliano.l' a favore di una possibile trattativa incentrata sull Queste discussioni sono ricostruite con particolare finezza dall’autore del volume, che intende soprattutto ridimensionare quelle valutazioni storiografiche che sottolineano l’affinità ideologica e politica tra il Fascismo e la chiesa romana. Un’altra ampia ricostruzione storica è dedicata alle vicende successive al 1929, con particolare attenzione ai contrasti tra il regime fascista e la Santa Sede riguardanti l’Azione cattolica. Pertici sviluppa una tesi da cui dissentiamo almeno in parte. In riferimento ad una posizione storiografica affermatasi da decenni osserva: «Si è (…) spesso affermato che quegli scontri non ebbero origine da principî e prassi avvertiti come inconciliabili, ma dalla concorrenza tra due egemonie che volevano essere ugualmente assorbenti dell’intero corpo sociale; ma è anche vero che proprio quei conflitti spinsero gradualmente i vertici della Santa Sede e molti ambienti cattolici a ribadire e ad approfondire, sul piano ideologico e religioso, i caratteri specifici del cattolicesimo e la sua alterità e avversione alle forme del totalitarismo fascista» (p. 157).
Che la politica ecclesiastica del regime abbia insinuato nella gerarchia un certo senso di precarietà e finanche una marcata preoccupazione è fuori discussione, ma è altrettanto evidente che i Patti lateranensi hanno contribuito in modo decisivo a consolidare nell’episcopato italiano, oltreché nel papato, e nelle organizzazioni cattoliche di massa la convinzione che la riconquista cristiana fosse possibile proprio attraverso il nuovo regime, nonostante contrasti di cui è avvertito il carattere meramente congiunturale. I distinguo o i dissensi, per altro storicamente assai significativi, rimasero circoscritti, per non dire relegati, in ambiti ecclesiali e culturali assai ristretti e tutt’altro che capaci di incidere in modo determinante in una chiesa il cui consenso al Fascismo è un dato di fatto storicamente inconfutabile. Solo a partire dal 1938 (leggi razziali) la gerarchia ecclesiastica inizierà a prendere le distanze dal regime, ma senza rinunciare a quelle pretese egemoniche che proprio i Patti lateranensi avevano consolidato e continueranno a favorire nel secondo dopoguerra. Le perplessità e le preoccupazioni della curia romana di fronte ai discorsi di Mussolini in parlamento in occasione della ratifica degli accordi dell’11 febbraio - su cui Pertici si sofferma con attenzione - non vanno certamente interpretati come il segnale di una dissociazione latente: alcune forzature di Mussolini avevano tutto sommato l’intenzione, facilmente comprensibile da parte dei suoi interlocutori d’Oltretevere, di ottenere il consenso delle frange “laiciste” del Fascismo.
Una ricostruzione dettagliata come quella sviluppata da Pertici non poteva non riservare particolare attenzione ai dibattiti dell’Assemblea costituente. La “costituzionalizzazione” dei Patti lateranensi continua ad essere una questione storiografica assai controversa. Il nostro autore si sofferma in particolare sulle differenti posizioni espresse nel corso dei dibattiti e sull’opera di mediazione dei maggiori esponenti democristiani, Dossetti, La Pira, De Gasperi. La questione degli accordi sottoscritti dalla chiesa e dal regime fascista è presentata all’interno della discussione sull’elaborazione di un testo costituzionale che secondo gli ambienti vaticani doveva assumere un forte connotato cattolico. Pertici è assai abile nel ricostruire i delicati equilibri e i compromessi che prendono gradualmente forma nell’assemblea costituente, fino alla decisione di Togliatti di votare a favore dell’art. 7, una scelta motivata non da esigenze tattiche e contingenti, ma espressione di una complessa valutazione storica del ruolo dei cattolici e della chiesa nella società italiana. Avvalendosi dei risultati delle ricerche degli ultimi decenni, Pertici non manca di mettere in evidenza soprattutto il ruolo svolto da Giuseppe Dossetti e della sua elaborazione dottrinale riguardante la pluralità degli ordinamenti giuridici primari. Gli anni Cinquanta e Sessanta erano destinati a riaprire la discussione sui Patti lateranensi: tra alcune norme concordatarie e i nuovi principî costituzionali sussisteva di fatto un contrasto più o meno apertamente ammesso dagli stessi costituenti.
La storia degli ultimi decenni è nota: solo con una gradualità forse eccessiva lo sviluppo della vita democratica, i processi di secolarizzazione della società italiana, da un lato, e le dichiarazioni conciliari sulla libertà religiosa e sul rapporto tra fede e politica, dall’altro, hanno costituito l’orizzonte nel quale ha preso avvio la revisione del Concordato. Forse quest’ultima parte della ricerca di Pertici richiedeva un maggior approfondimento. Per quanto molti documenti pubblici e privati non siano ancora consultabili, sarebbe comunque possibile conoscere non pochi retroscena di una vicenda tortuosa sulla quale molti protagonisti hanno lasciato interessanti testimonianze. L’accordo del 1984 suscita ancora oggi riserve e perplessità anche negli ambienti cattolici che si interrogano sul ruolo politico assunto di fatto dalle gerarchie ecclesiastiche nella vita pubblica del paese, al di là di stereotipati bizantinismi linguistici di circostanza. Per questo gli studiosi faranno un’opera meritoria ricostruendo dettagliatamente le vicende che hanno portato alla revisione del Concordato, mettendo in risalto le valutazioni politiche e religiose che hanno determinato la ricerca di nuovi equilibri tra stato e chiesa.
Tratto dalla rivista Firmana n. 49/2010
(http://www.teologiamarche.it)
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