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Teologia sponsale e sacramento delle nozze. Simbolo e simbolismo nuziale
(Nuovi saggi teologici)EAN 9788810405642
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DETTAGLI DI «Teologia sponsale e sacramento delle nozze. Simbolo e simbolismo nuziale»
Tipo
Libro
Titolo
Teologia sponsale e sacramento delle nozze. Simbolo e simbolismo nuziale
Autore
Mazzanti Giorgio
Editore
Edizioni Dehoniane Bologna
EAN
9788810405642
Pagine
320
Data
gennaio 2002
Peso
356 grammi
Altezza
21,5 cm
Larghezza
14 cm
Collana
Nuovi saggi teologici
COMMENTI DEI LETTORI A «Teologia sponsale e sacramento delle nozze. Simbolo e simbolismo nuziale»
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Recensione di Giampaolo Dianin della rivista Studia Patavina
La simbolica nuziale non è tema nuovo per Giorgio Mozzanti, docente di Teologia sacramentaria a Firenze e all’Urbaniana di Roma, fine conoscitore dei Padri della chiesa e attento ai risvolti spirituali della sua ricerca. La teologia dei sacramenti è certamente l’approccio che gli è più familiare, senza dimenticare la sensibilità poetica che lo ha portato a pubblicare diverse raccolte di poesie. In questi ultimi anni abbiamo visto il suo nome in quasi tutti i convegni organizzati dall’Ufficio per la pastorale della famiglia della CEI; in queste occasioni ha presentato, da diverse angolature, la sua teologia sponsale che in questo volume trova un’analisi sistematica anche se, come afferma l’autore, più che di un saggio si tratta di un “assaggio”, ancora bisognoso di precisazioni (p. 14).
La pretesa che accompagna tutto il volume non è di poco conto: Mazzanti assume il simbolismo nuziale come un vero e proprio paradigma con cui rileggere l’intero mistero cristiano. La sua ricerca spazia così dalla teologia Trinitaria fino a quella sacramentaria, dalla cristologia all’ecclesiologia, dall’escatologia alla pneumatologia fino alla mariologia. Lo sguardo simbolico non è sinonimo di imprecisione e vaghezza ma si presenta, agli occhi dell’autore, come quello più idoneo ad affrontare il mistero e a tenere insieme i diversi aspetti di qualcosa che non si lascia ridurre a formule e concetti.
Il primo capitolo mette subito in rilievo la prospettiva sacramentale e soprattutto eucaristica. L’Eucaristia ricapitola l’intera finalità nuziale dell’opera di Gesú, lo Sposo che a Cana inaugura la nuova alleanza e sulla croce la porta alla sua “consumazione”. L’Eucaristia compie la profezia nuziale dell’evento creativo che già era culminata nell’incarnazione che pure è matrimonio di Dio con l’umanità. L’Eucaristia svela così il significato originario e anticipa il compimento escatologico di una storia salvifica che è tutta nuziale. Le nozze umane e ancor più quelle vissute nel Signore, si presentano come svelamento del mistero nuziale e insieme come simbolo che ci permette di penetrare nello stesso mistero. Le nozze sono insieme evento, mistero e simbolo.
Il secondo capitolo è una rilettura del Vangelo in chiave nuziale. Gesú venendo su questa terra trova una “nuzialità ferita” e tutto il suo parlare e agire è finalizzato a ricostruire la relazione dell’umanità con Dio, così com’era al principio. Il nemico da affrontare è quella “sclerocardia” incarnata dal tradimento di Giuda, dal rinnegamento di Pietro, dalla ristrettezza mentale dei farisei. E così saranno proprio le immagini e le discussioni sul matrimonio a svelare il progetto originale di Dio e la durezza di cuore dell’umanità. Ma, sembra dire Mazzanti, le considerazioni sul divorzio aprono un orizzonte più vasto, perché “per un verso Cristo assolutizza il contenuto della nuzialità come il vero fine ultimo dell’umanità nel suo insieme, dall’altro relativizza la sua forma umana mondano/temporale, rendendola davvero sacramento” (p. 98). “Il destino delle nozze umane è compiersi e, quindi, superarsi proprio in ciò stesso di cui sono segno e anticipazione” (p. 99). Lo testimoniano in particolare i gesti nuziali di Gesú come la purificazione del tempio, il dialogo con la samaritana, con l’adultera e con tante altre donne, figlie di Eva, che rappresentano la sposa che viene accompagnata a rinascere dal peccato e dalla miseria umana, per essere amata da Gesú fino al dono della vita. “La morte suggella e sigilla, dunque, l’unione nuziale tra Cristo e la sua umanità/sposa, la quale si trova provocata e riabilitata a essere tale accettando dalle mani del Cristo il dono delle sue mani da accogliere con le proprie mani” (p. 131).
Non poteva mancare il testo della lettera agli Efesini (5,21-33) che è oggetto di attenzioni in tutto il capitolo terzo e viene messo al centro per far da ponte tra la protologia e l’escatologia. Da una parte, infatti, il testo richiama Genesi 2,24 e indica nel rapporto Cristo/Chiesa l’archetipo della stessa relazione uomo/donna, dall’altra riconosce che la meta della relazione Cristo/Chiesa è quella di “farsi comparire davanti la sposa senza macchia né ruga ma santa e immacolata” (Ef 5,27). La nuzialità ci fa capire, commenta Mazzanti, che “il Figlio di Dio non poteva non lasciare la casa del Padre, per unirsi alla sua sposa” (p. 140). Mazzanti riconosce nella teologia paolina una svolta: “Nelle precedenti lettere la comprensione nuziale non era ancora avvenuta (Paolo non andava oltre la metafora del corpo); ora il mistero nuziale esplode e folgora la mente dell’apostolo e gli si impone in tutta la sua estensione” (p. 142). I contenuti sottesi al testo della lettera agli Efesini diventano così la radice del sacramento nuziale perché lo fondano nel mistero Trinitario e lo descrivono ispirandosi al modo di amare di Dio in Cristo (la sottomissione di Ef 5,21). Nella lunga analisi del testo c’è solo un accenno al dato culturale e al modello di matrimonio sotteso (p. 148); forse un po’ poco!
Col capitolo quarto si passa dalla raccolta dei dati ad un’analisi più sistematica tenendo conto, ricorda l’autore, della non facile decifrazione della simbologia sponsale (p. 163). Lo specifico nuziale, presente in tutta la Scrittura, è teso tra l’iniziale “li creò maschio e femmina” e la meta, “saranno una carne sola”. La chiave del simbolo consiste nel saldare queste due affermazioni e questa è l’opera di Cristo. La nuzialità è tutta già presente nella coppia originaria: scoprirsi distinti non è scoprirsi mutilati di qualcosa ma riconoscere nella distinzione una “destinazione costitutiva dell’umanità” (p. 167). Maschio e femmina rappresentano i due fuochi di un ellisse, uno di fronte all’altro, uno implicato nell’altro e insieme destinati a diventare una carne sola. Nel loro sentirsi bisognosi l’uno dell’altro e attratti reciprocamente, maschio e femmina fanno esperienza di qualcosa che li precede e li trascende. Nel riconoscere l’altro come dono e aiuto, riconoscono un altro dono e un altro aiuto che li precede e li supera. “Ogni sposo fa suo nei confronti dell’altro il giudizio di Dio: non è bene che tu sia solo; ma accetta anche da parte dell’altro il medesimo giudizio” (p. 173). E così rispondendo all’appello dell’altro ogni uomo e donna rispondono all’appello del Totalmente Altro. Mazzanti lega in maniera precisa il dato umano e quello cristiano superando ogni rischio di dualismo o di sovrapposizione tra il dato umano e quello divino, affermando con chiarezza: “La risposta relazionale nuziale è già in e con Dio, ha già una fondazione e connotazione sacramentale originaria” (p. 175). Da queste considerazioni l’autore trae interessanti conclusioni sull’indissolubilità del vincolo (inteso come essere responsabili dell’unità dei due, p. 177) e sulla sessualità coniugale (intesa non come fusione ma come nostalgia, e compresenza congiunta di due distinti, che va sempre riconfermata, pp. 180-186). La fenomenologia delle dinamiche di coppia che Mazzanti traccia è ricca e suggestiva, così come la sottolineatura delle difficoltà e dei rischi di una relazione sempre soggetta all’ambivalenza (cf. il riferimento a 1Cor 6 di p. 194). Più complessa e a volte, ci sembra, complicata la descrizione “triadica” del simbolo nuziale dove, per fortuna, Mazzanti ripete spesso che nel mettere in rapporto la famiglia con la Trinità, va sempre salvaguardata l’analogia (p. 208).
Il capitolo quinto è un breve, ma non per questo marginale, excursus sull’istituzione del sacramento nuziale che Mazzanti armonizza coerentemente con la sua ricerca. Per fondare l’istituzione del sacramento del matrimonio non si tratta, infatti, di trovare parole o gesti precisi di Gesú, che poi di fatto non ci sono, quanto di cogliere che “Cristo è stato da sempre l’ispiratore o, se si vuole, l’istitutore del sacramento delle nozze umane. L’intera sua vicenda e la totalità della sua persona sono nuziali” (p. 235). Scavalcando le disposizioni di Mosé, Gesú si rifà al progetto originario di Dio; si presenta come Sposo; si lascia trafiggere il costato esprimendo il suo amore alla Chiesa/sposa in un rinnovato atto creativo. Anche se coerente con questa impostazione ci lascia un po’ perplessi la nota 23 di pagina 244 dove Mazzanti afferma: “Lo specifico cristiano dello sposalizio non si fonda sul battesimo ma sul grande mistero Cristo/Chiesa […] Non il battesimo rende cristiano il matrimonio, ma la consapevole risposta accogliente alle nozze cristiche. Il sacramento nuziale motiva e giustifica il battesimo e la confermazione […] Al limite chi decide di sposarsi nel Signore non può non volere il battesimo”. Comprendiamo l’intento dell’autore di evidenziale la dimensione creaturale e quindi universale dell’amore e anche il fatto che questo possa essere una porta di ingresso ad una chiara consapevolezza del mistero cristiano, ma ci sembra che il radicamento del sacramento del matrimonio, come anche della confermazione e dell’ordine, nel battesimo sia un dato importante e acquisito dell’odierna teologia dei sacramenti che non si può scavalcare con troppa disinvoltura. Proprio affermazioni discutibili come questa mettono in evidenza i limiti della pretesa di Mazzanti; voler rileggere tutto in chiave sponsale porta qualche volta a dover adattare alcuni aspetti di una realtà grande e complessa com’è il mistero cristiano, difficilmente decifrabile con una sola chiave di lettura.
Nel sesto e ultimo capitolo Mazzanti completa l’analisi della sponsalità passando dalla dualità maschio e femmina alla triade padre, madre e figlio. Ancora una volta, anche se in punta di piedi e sempre attento ad ogni rischio di forzature (p. 251) si serve dell’analogia Trinitaria: “La Trinità è mistero nuziale e anche mistero di fecondità: ma resta mistero alto sull’umanità e per l’umanità” (p. 251). Riferimenti Trinitari e analisi fenomenologica delle relazioni parentali si richiamano in modo armonioso. La Bibbia descrive alcuni passaggi dell’esternarsi di Dio: dai riferimenti alla Sapienza fino alla nascita del Figlio. Il tutto è sempre considerato dalla prospettiva della sponsalità: “Proprio la nascita del Figlio dell’Uomo lascia vedere che Dio ha pensato la nascita del Figlio dell’uomo dalla coppia umana come evento generativo che, in modo analogico, richiamasse e compendiasse insieme la generazione eterna del Figlio e la creazione dell’uomo e del cosmo” (p. 268). Identità e relazione, maschile e femminile, amore e fecondità sono termini che si richiamano e danno vita a quel “transitare dialogico” (p. 255) attorno al quale si struttura l’identità della persona. In modo particolare Mazzanti si sofferma sulla fecondità ricordando che questa non è riducibile alla procreazione ma è una caratteristica della nuzialità sia coniugale che verginale. La stessa fecondità coniugale si esprime in modi diversi: attraverso l’amore che rende presente Dio, nella conoscenza (con-nascere) reciproca, nell’apertura all’esterno della coppia.
Troviamo proprio nell’ultimo capitolo alcune affermazioni sintetiche di tutta la ricerca del Mazzanti: “Si può addirittura parlare di una vocazione universale alla nuzialità, alle nozze con Dio” (p. 247). In un altro luogo dice: “Ogni persona è destinata alla nuzialità, alle nozze con Dio. La destinazione nuziale è costitutiva della persona umana” (p. 277). Questo vale sia per coloro che rispondono a Dio nel matrimonio sia per chi risponde nella via della verginità consacrata. Concretamente questo si realizza a partire da alcune “annunciazioni”, momenti cioè nei quali il progetto di Dio diventa evento nella storia della persona. Ecco allora l’innamoramento e la chiamata religiosa. Poi troviamo la scelta col suo momento celebrativo. Il sì del matrimonio, come il sì del consacrato, sono entrambe modalità di realizzarsi sponsalmente. Si arriva alla fecondità che rappresenta la realizzazione storica e il coronamento dell’amore sponsale. Ma nella sua descrizione fenomenologica Mazzanti accenna anche alla casa (estensione ed espansione del corpo), al lavoro (modo concreto di custodire e mantenere l’amore), all’ospitalità (stile di un amore che si apre agli altri). Mazzanti ci tiene a queste concretizzazioni per evitare che l’amore sia generico e non vada oltre una “specie di filantropia che può avere ombra e volto diabolico, che aiuta solo per edificare se stessi, che ama per amare sé” (p. 291). Ci sembra di poter dire che questa vocazione universale alla nuzialità, di cui parla Mazzanti, è una specificazione di un tema non nuovo, quello della vocazione a realizzarci nell’amore oggi sottolineata dalle scienze umane ed espressa mirabilmente nell’inno cristologico della lettera agli Efesini (Ef 1,4). Mazzanti dovrebbe aiutarci a cogliere gli elementi che specificano il tema della nuzialità rispetto all’agape, che non è certo di minore spessore teologico.
Alla fine di questa ricca e voluminosa ricerca ci sembra di poter concordare con l’autore stesso che ha definito la sua opera un primo “assaggio” ad un tema che è nuovo e ancora in gran parte inesplorato. Forse proprio la novità del tema avrebbe richiesto più sobrietà senza la pretesa di farci stare tutto, quasi si trattasse di una summa del pensiero cristiano riletto alla luce del paradigma nuziale. Come abbiamo già ricordato, la pretesa di far rientrare tutto in un’unica chiave di lettura è suggestiva ma forse non rende verità della complessità del messaggio cristiano.
Un pregio va riconosciuto all’autore: quello di non staccare mai un’antropologia della relazione da una teologia della stessa ma di cercare con accuratezza l’incontro, il vicendevole richiamo, la mutua appartenenza. Il linguaggio simbolico permette questo percorso. Il riferimento alla Trinità è sempre presente ed è un richiamo impegnativo, per il teologo, ma va detto che Mazzanti più volte richiama il senso analogico di questo confronto (p. 208; p. 250; p. 251; p. 268; p. 288).
Va anche notato il poderoso apparato bibliografico che spazia dalla patristica alla letteratura, dalle fonti della teologia alle più recenti pubblicazioni. A volte la lettura esegetica di Mazzanti è più vicina al mondo dei Padri, che alle analisi testuali di oggi. Le stesse citazioni dei testi biblici in greco avrebbero senso se ci fosse un’accurata esegesi dei testi; messe così rischiano di appesantire un testo già molto lungo e articolato. Mazzanti a volte assume più i toni del poeta che dell’esegeta, preferisce lo stile evocativo e caldo all’asciuttezza dell’argomentazione. In particolare l’analisi biblica spazia nei singoli testi ma non coglie un tema che ci sembra centrale: quello dell’alleanza sia nell’AT come nella sua ripresa da parte di Gesú. L’analogia sponsale sia dei profeti che in Giovanni e nella lettera agli Efesini è sempre riferita all’alleanza e quindi al rapporto Cristo-Chiesa. L’Eucaristia, da cui prende avvio la ricerca è soprattutto sacramento della nuova alleanza e soprattutto per questo esiste uno stretto legame tra Eucaristia e matrimonio. Collegato a questo aspetto ci sembra carente proprio la prospettiva ecclesiologia che è il punto di riferimento principale dell’analogia Cristo/Chiesa; troviamo un breve accenno ad essa solo nelle ultime pagine. Da ultimo vorrei far notare la questione dei titoli dei singoli capitoli e dei sottotitoli: sono quasi sempre lunghi, articolati e difficili, mentre un titolo dovrebbe dire subito il contenuto di cui si parlerà senza bisogno di essere studiato e decifrato.
Il saggio di Mazzanti si inserisce in un filone di ricerca teologica che in questi ultimi anni ha prodotto diversi titoli; ricordiamo i due volumi di A. SCOLA sul mistero nuziale (Il mistero nuziale. 1. Uomo-Donna, Pontificia Università Lateranense, Mursia, Roma 1998. Il mistero nuziale. 2. Matrimonio-Famiglia, Pontificia Università Lateranense, Mursia, Roma 2000) già recensiti in questa rivista 49 (2002) 184-193; il volume di V. BATTAGLIA, Il Signore Gesú sposo della Chiesa, EDB, Bologna 2001; l’itinerario teologico descritto da F. PILLONI, Ecco lo Sposo, uscitegli incontro. Percorsi teologici e pastorali sul sacramento del matrimonio, Effatà, Cantalupa (TO) 2002. Questa prospettiva di ricerca è stata riassunta nel volume curato da R. BONETTI, Teologia nuziale e sacramento delle nozze, Effatà, Cantalupa (TO) 2003. Abbiamo ricordato questi testi per dire che la ricerca è aperta ed ha già trovato molto spazio negli ambiti della pastorale del matrimonio e della famiglia della Chiesa italiana. Da parte degli esegeti e dei teologi non manchi la ricerca, l’analisi, e anche la critica a questi percorsi che in ambito pastorale sono già da tempo attivi.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
La pretesa che accompagna tutto il volume non è di poco conto: Mazzanti assume il simbolismo nuziale come un vero e proprio paradigma con cui rileggere l’intero mistero cristiano. La sua ricerca spazia così dalla teologia Trinitaria fino a quella sacramentaria, dalla cristologia all’ecclesiologia, dall’escatologia alla pneumatologia fino alla mariologia. Lo sguardo simbolico non è sinonimo di imprecisione e vaghezza ma si presenta, agli occhi dell’autore, come quello più idoneo ad affrontare il mistero e a tenere insieme i diversi aspetti di qualcosa che non si lascia ridurre a formule e concetti.
Il primo capitolo mette subito in rilievo la prospettiva sacramentale e soprattutto eucaristica. L’Eucaristia ricapitola l’intera finalità nuziale dell’opera di Gesú, lo Sposo che a Cana inaugura la nuova alleanza e sulla croce la porta alla sua “consumazione”. L’Eucaristia compie la profezia nuziale dell’evento creativo che già era culminata nell’incarnazione che pure è matrimonio di Dio con l’umanità. L’Eucaristia svela così il significato originario e anticipa il compimento escatologico di una storia salvifica che è tutta nuziale. Le nozze umane e ancor più quelle vissute nel Signore, si presentano come svelamento del mistero nuziale e insieme come simbolo che ci permette di penetrare nello stesso mistero. Le nozze sono insieme evento, mistero e simbolo.
Il secondo capitolo è una rilettura del Vangelo in chiave nuziale. Gesú venendo su questa terra trova una “nuzialità ferita” e tutto il suo parlare e agire è finalizzato a ricostruire la relazione dell’umanità con Dio, così com’era al principio. Il nemico da affrontare è quella “sclerocardia” incarnata dal tradimento di Giuda, dal rinnegamento di Pietro, dalla ristrettezza mentale dei farisei. E così saranno proprio le immagini e le discussioni sul matrimonio a svelare il progetto originale di Dio e la durezza di cuore dell’umanità. Ma, sembra dire Mazzanti, le considerazioni sul divorzio aprono un orizzonte più vasto, perché “per un verso Cristo assolutizza il contenuto della nuzialità come il vero fine ultimo dell’umanità nel suo insieme, dall’altro relativizza la sua forma umana mondano/temporale, rendendola davvero sacramento” (p. 98). “Il destino delle nozze umane è compiersi e, quindi, superarsi proprio in ciò stesso di cui sono segno e anticipazione” (p. 99). Lo testimoniano in particolare i gesti nuziali di Gesú come la purificazione del tempio, il dialogo con la samaritana, con l’adultera e con tante altre donne, figlie di Eva, che rappresentano la sposa che viene accompagnata a rinascere dal peccato e dalla miseria umana, per essere amata da Gesú fino al dono della vita. “La morte suggella e sigilla, dunque, l’unione nuziale tra Cristo e la sua umanità/sposa, la quale si trova provocata e riabilitata a essere tale accettando dalle mani del Cristo il dono delle sue mani da accogliere con le proprie mani” (p. 131).
Non poteva mancare il testo della lettera agli Efesini (5,21-33) che è oggetto di attenzioni in tutto il capitolo terzo e viene messo al centro per far da ponte tra la protologia e l’escatologia. Da una parte, infatti, il testo richiama Genesi 2,24 e indica nel rapporto Cristo/Chiesa l’archetipo della stessa relazione uomo/donna, dall’altra riconosce che la meta della relazione Cristo/Chiesa è quella di “farsi comparire davanti la sposa senza macchia né ruga ma santa e immacolata” (Ef 5,27). La nuzialità ci fa capire, commenta Mazzanti, che “il Figlio di Dio non poteva non lasciare la casa del Padre, per unirsi alla sua sposa” (p. 140). Mazzanti riconosce nella teologia paolina una svolta: “Nelle precedenti lettere la comprensione nuziale non era ancora avvenuta (Paolo non andava oltre la metafora del corpo); ora il mistero nuziale esplode e folgora la mente dell’apostolo e gli si impone in tutta la sua estensione” (p. 142). I contenuti sottesi al testo della lettera agli Efesini diventano così la radice del sacramento nuziale perché lo fondano nel mistero Trinitario e lo descrivono ispirandosi al modo di amare di Dio in Cristo (la sottomissione di Ef 5,21). Nella lunga analisi del testo c’è solo un accenno al dato culturale e al modello di matrimonio sotteso (p. 148); forse un po’ poco!
Col capitolo quarto si passa dalla raccolta dei dati ad un’analisi più sistematica tenendo conto, ricorda l’autore, della non facile decifrazione della simbologia sponsale (p. 163). Lo specifico nuziale, presente in tutta la Scrittura, è teso tra l’iniziale “li creò maschio e femmina” e la meta, “saranno una carne sola”. La chiave del simbolo consiste nel saldare queste due affermazioni e questa è l’opera di Cristo. La nuzialità è tutta già presente nella coppia originaria: scoprirsi distinti non è scoprirsi mutilati di qualcosa ma riconoscere nella distinzione una “destinazione costitutiva dell’umanità” (p. 167). Maschio e femmina rappresentano i due fuochi di un ellisse, uno di fronte all’altro, uno implicato nell’altro e insieme destinati a diventare una carne sola. Nel loro sentirsi bisognosi l’uno dell’altro e attratti reciprocamente, maschio e femmina fanno esperienza di qualcosa che li precede e li trascende. Nel riconoscere l’altro come dono e aiuto, riconoscono un altro dono e un altro aiuto che li precede e li supera. “Ogni sposo fa suo nei confronti dell’altro il giudizio di Dio: non è bene che tu sia solo; ma accetta anche da parte dell’altro il medesimo giudizio” (p. 173). E così rispondendo all’appello dell’altro ogni uomo e donna rispondono all’appello del Totalmente Altro. Mazzanti lega in maniera precisa il dato umano e quello cristiano superando ogni rischio di dualismo o di sovrapposizione tra il dato umano e quello divino, affermando con chiarezza: “La risposta relazionale nuziale è già in e con Dio, ha già una fondazione e connotazione sacramentale originaria” (p. 175). Da queste considerazioni l’autore trae interessanti conclusioni sull’indissolubilità del vincolo (inteso come essere responsabili dell’unità dei due, p. 177) e sulla sessualità coniugale (intesa non come fusione ma come nostalgia, e compresenza congiunta di due distinti, che va sempre riconfermata, pp. 180-186). La fenomenologia delle dinamiche di coppia che Mazzanti traccia è ricca e suggestiva, così come la sottolineatura delle difficoltà e dei rischi di una relazione sempre soggetta all’ambivalenza (cf. il riferimento a 1Cor 6 di p. 194). Più complessa e a volte, ci sembra, complicata la descrizione “triadica” del simbolo nuziale dove, per fortuna, Mazzanti ripete spesso che nel mettere in rapporto la famiglia con la Trinità, va sempre salvaguardata l’analogia (p. 208).
Il capitolo quinto è un breve, ma non per questo marginale, excursus sull’istituzione del sacramento nuziale che Mazzanti armonizza coerentemente con la sua ricerca. Per fondare l’istituzione del sacramento del matrimonio non si tratta, infatti, di trovare parole o gesti precisi di Gesú, che poi di fatto non ci sono, quanto di cogliere che “Cristo è stato da sempre l’ispiratore o, se si vuole, l’istitutore del sacramento delle nozze umane. L’intera sua vicenda e la totalità della sua persona sono nuziali” (p. 235). Scavalcando le disposizioni di Mosé, Gesú si rifà al progetto originario di Dio; si presenta come Sposo; si lascia trafiggere il costato esprimendo il suo amore alla Chiesa/sposa in un rinnovato atto creativo. Anche se coerente con questa impostazione ci lascia un po’ perplessi la nota 23 di pagina 244 dove Mazzanti afferma: “Lo specifico cristiano dello sposalizio non si fonda sul battesimo ma sul grande mistero Cristo/Chiesa […] Non il battesimo rende cristiano il matrimonio, ma la consapevole risposta accogliente alle nozze cristiche. Il sacramento nuziale motiva e giustifica il battesimo e la confermazione […] Al limite chi decide di sposarsi nel Signore non può non volere il battesimo”. Comprendiamo l’intento dell’autore di evidenziale la dimensione creaturale e quindi universale dell’amore e anche il fatto che questo possa essere una porta di ingresso ad una chiara consapevolezza del mistero cristiano, ma ci sembra che il radicamento del sacramento del matrimonio, come anche della confermazione e dell’ordine, nel battesimo sia un dato importante e acquisito dell’odierna teologia dei sacramenti che non si può scavalcare con troppa disinvoltura. Proprio affermazioni discutibili come questa mettono in evidenza i limiti della pretesa di Mazzanti; voler rileggere tutto in chiave sponsale porta qualche volta a dover adattare alcuni aspetti di una realtà grande e complessa com’è il mistero cristiano, difficilmente decifrabile con una sola chiave di lettura.
Nel sesto e ultimo capitolo Mazzanti completa l’analisi della sponsalità passando dalla dualità maschio e femmina alla triade padre, madre e figlio. Ancora una volta, anche se in punta di piedi e sempre attento ad ogni rischio di forzature (p. 251) si serve dell’analogia Trinitaria: “La Trinità è mistero nuziale e anche mistero di fecondità: ma resta mistero alto sull’umanità e per l’umanità” (p. 251). Riferimenti Trinitari e analisi fenomenologica delle relazioni parentali si richiamano in modo armonioso. La Bibbia descrive alcuni passaggi dell’esternarsi di Dio: dai riferimenti alla Sapienza fino alla nascita del Figlio. Il tutto è sempre considerato dalla prospettiva della sponsalità: “Proprio la nascita del Figlio dell’Uomo lascia vedere che Dio ha pensato la nascita del Figlio dell’uomo dalla coppia umana come evento generativo che, in modo analogico, richiamasse e compendiasse insieme la generazione eterna del Figlio e la creazione dell’uomo e del cosmo” (p. 268). Identità e relazione, maschile e femminile, amore e fecondità sono termini che si richiamano e danno vita a quel “transitare dialogico” (p. 255) attorno al quale si struttura l’identità della persona. In modo particolare Mazzanti si sofferma sulla fecondità ricordando che questa non è riducibile alla procreazione ma è una caratteristica della nuzialità sia coniugale che verginale. La stessa fecondità coniugale si esprime in modi diversi: attraverso l’amore che rende presente Dio, nella conoscenza (con-nascere) reciproca, nell’apertura all’esterno della coppia.
Troviamo proprio nell’ultimo capitolo alcune affermazioni sintetiche di tutta la ricerca del Mazzanti: “Si può addirittura parlare di una vocazione universale alla nuzialità, alle nozze con Dio” (p. 247). In un altro luogo dice: “Ogni persona è destinata alla nuzialità, alle nozze con Dio. La destinazione nuziale è costitutiva della persona umana” (p. 277). Questo vale sia per coloro che rispondono a Dio nel matrimonio sia per chi risponde nella via della verginità consacrata. Concretamente questo si realizza a partire da alcune “annunciazioni”, momenti cioè nei quali il progetto di Dio diventa evento nella storia della persona. Ecco allora l’innamoramento e la chiamata religiosa. Poi troviamo la scelta col suo momento celebrativo. Il sì del matrimonio, come il sì del consacrato, sono entrambe modalità di realizzarsi sponsalmente. Si arriva alla fecondità che rappresenta la realizzazione storica e il coronamento dell’amore sponsale. Ma nella sua descrizione fenomenologica Mazzanti accenna anche alla casa (estensione ed espansione del corpo), al lavoro (modo concreto di custodire e mantenere l’amore), all’ospitalità (stile di un amore che si apre agli altri). Mazzanti ci tiene a queste concretizzazioni per evitare che l’amore sia generico e non vada oltre una “specie di filantropia che può avere ombra e volto diabolico, che aiuta solo per edificare se stessi, che ama per amare sé” (p. 291). Ci sembra di poter dire che questa vocazione universale alla nuzialità, di cui parla Mazzanti, è una specificazione di un tema non nuovo, quello della vocazione a realizzarci nell’amore oggi sottolineata dalle scienze umane ed espressa mirabilmente nell’inno cristologico della lettera agli Efesini (Ef 1,4). Mazzanti dovrebbe aiutarci a cogliere gli elementi che specificano il tema della nuzialità rispetto all’agape, che non è certo di minore spessore teologico.
Alla fine di questa ricca e voluminosa ricerca ci sembra di poter concordare con l’autore stesso che ha definito la sua opera un primo “assaggio” ad un tema che è nuovo e ancora in gran parte inesplorato. Forse proprio la novità del tema avrebbe richiesto più sobrietà senza la pretesa di farci stare tutto, quasi si trattasse di una summa del pensiero cristiano riletto alla luce del paradigma nuziale. Come abbiamo già ricordato, la pretesa di far rientrare tutto in un’unica chiave di lettura è suggestiva ma forse non rende verità della complessità del messaggio cristiano.
Un pregio va riconosciuto all’autore: quello di non staccare mai un’antropologia della relazione da una teologia della stessa ma di cercare con accuratezza l’incontro, il vicendevole richiamo, la mutua appartenenza. Il linguaggio simbolico permette questo percorso. Il riferimento alla Trinità è sempre presente ed è un richiamo impegnativo, per il teologo, ma va detto che Mazzanti più volte richiama il senso analogico di questo confronto (p. 208; p. 250; p. 251; p. 268; p. 288).
Va anche notato il poderoso apparato bibliografico che spazia dalla patristica alla letteratura, dalle fonti della teologia alle più recenti pubblicazioni. A volte la lettura esegetica di Mazzanti è più vicina al mondo dei Padri, che alle analisi testuali di oggi. Le stesse citazioni dei testi biblici in greco avrebbero senso se ci fosse un’accurata esegesi dei testi; messe così rischiano di appesantire un testo già molto lungo e articolato. Mazzanti a volte assume più i toni del poeta che dell’esegeta, preferisce lo stile evocativo e caldo all’asciuttezza dell’argomentazione. In particolare l’analisi biblica spazia nei singoli testi ma non coglie un tema che ci sembra centrale: quello dell’alleanza sia nell’AT come nella sua ripresa da parte di Gesú. L’analogia sponsale sia dei profeti che in Giovanni e nella lettera agli Efesini è sempre riferita all’alleanza e quindi al rapporto Cristo-Chiesa. L’Eucaristia, da cui prende avvio la ricerca è soprattutto sacramento della nuova alleanza e soprattutto per questo esiste uno stretto legame tra Eucaristia e matrimonio. Collegato a questo aspetto ci sembra carente proprio la prospettiva ecclesiologia che è il punto di riferimento principale dell’analogia Cristo/Chiesa; troviamo un breve accenno ad essa solo nelle ultime pagine. Da ultimo vorrei far notare la questione dei titoli dei singoli capitoli e dei sottotitoli: sono quasi sempre lunghi, articolati e difficili, mentre un titolo dovrebbe dire subito il contenuto di cui si parlerà senza bisogno di essere studiato e decifrato.
Il saggio di Mazzanti si inserisce in un filone di ricerca teologica che in questi ultimi anni ha prodotto diversi titoli; ricordiamo i due volumi di A. SCOLA sul mistero nuziale (Il mistero nuziale. 1. Uomo-Donna, Pontificia Università Lateranense, Mursia, Roma 1998. Il mistero nuziale. 2. Matrimonio-Famiglia, Pontificia Università Lateranense, Mursia, Roma 2000) già recensiti in questa rivista 49 (2002) 184-193; il volume di V. BATTAGLIA, Il Signore Gesú sposo della Chiesa, EDB, Bologna 2001; l’itinerario teologico descritto da F. PILLONI, Ecco lo Sposo, uscitegli incontro. Percorsi teologici e pastorali sul sacramento del matrimonio, Effatà, Cantalupa (TO) 2002. Questa prospettiva di ricerca è stata riassunta nel volume curato da R. BONETTI, Teologia nuziale e sacramento delle nozze, Effatà, Cantalupa (TO) 2003. Abbiamo ricordato questi testi per dire che la ricerca è aperta ed ha già trovato molto spazio negli ambiti della pastorale del matrimonio e della famiglia della Chiesa italiana. Da parte degli esegeti e dei teologi non manchi la ricerca, l’analisi, e anche la critica a questi percorsi che in ambito pastorale sono già da tempo attivi.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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