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Descrizione
Mosè è appena sceso dal Sinai. La montagna dalle viscere di ferro. La montagna che attira i fulmini. È come se Mosè, tornando all'accampamento, si fosse consumato - un nocciolo spolpato. Ora ha dentro di sé la voce di Dio esce stonata da labbra umane, e così quello che Dio ha detto si incide nella roccia. Per dieci volte, la scrittura va a capo. E il popolo legge e apprende. Impara un destino e un'identità. Così come Mosè ha imparato, salendo sul Monte Sinai, il silenzio della montagna, la sua faticosa accessibilità e infine la fulgida asperità della parola di Dio. Nelle parole incise sulla roccia c'è la storia dell'uomo, della sua finitezza e della sua infinità. L'uomo che ha imparato e temere, a rispettare, ma anche a riposare, a biaciare, a godere, a costruire, a dividere il cibo.
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Proseguendo la rilettura della Scrittura che l’a. sta compiendo nei suoi romanzi e nelle sue traduzioni di libri biblici, è Mosè il protagonista di questo lungo racconto, che si svolge attorno allo sconvolgente incontro con la divinità e alle Dieci parole da essa donate alla libertà del popolo.
Tratto dalla Rivista Il Regno n.12
(http://www.ilregno.it)
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Roberto Colzani il 29 luglio 2018 alle 09:47 ha scritto:
Profondo
Catechista Raffaela Tardio il 23 ottobre 2020 alle 11:26 ha scritto:
La figura di Mosè non è facile da comprendere eppure attraverso la lettura che ne fa l'autore, lo ritroviamo come l'unico capace di interagire con Dio, malgrado la sua "povertà". Capace, Mosè, attraverso la mano dello scrittore, di presentarsi come lo scalatore perfetto verso l'infinito.