È triste dover dire «’i ‘na vota», ma la preghiera in lingua siciliana è irrevocabilmente scomparsa. Ho iniziato quasi per gioco. Trovandomi ad ascoltare una vicina di casa che recitava a memoria alcune preghiere in dialetto siciliano, imparate da bambina, è scattato in me il desiderio di raccoglierle dalla viva voce degli anziani. Sentivo che esse rappresentavano la memoria collettiva del popolo siciliano che con voce corale, invocando Dio, rivelava timori, attese ed esigenza di giustizia, nella ricompensa e nella punizione. Così, recatami in vari paesi della provincia di Messina e Catania, ho preso contatto con persone praticanti la religione cristiana e molto avanti negli anni, tanto che spesso mi sono trovata nell’impossibilità di programmare un secondo incontro con loro, perché il tempo aveva inesorabilmente esercitato la sua funzione. Ho registrato ad una ad una le loro narrazioni di Santi ed episodi biblici, e ne ho trascritto fedelmente ogni espressione, desiderosa di recuperare un patrimonio culturale del nostro territorio, e sicura che contenuti e lessico, testimoniando le antiche culture, avrebbero offerto oggetto di studio più ampio e approfondito. Anche gl’inevitabili termini poco chiari e talvolta indecifrabili, dovuti alla forma dialettale arcaica, sono stati motivo di ricerca accurata, che mi ha indotto ad avvicinare, oltre ad alcuni studiosi, sia laici che religiosi, e contadini, e a servirmi di mezzi multimediali per individuare luoghi e fatti citati nelle preghiere. Per dare al linguaggio scritto dialettale una forma omogenea, ci si è attenuti a criteri di conformità, di storicità, di uniformità.