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Descrizione
Pubblicate postume a Londra nel 1752, anche se alcune copie stampate su iniziativa di Alexander Pope circolavano già da tempo all'interno di una ristretta cerchia di amici e intellettuali, le otto Lettere sullo studio e sull'utilità della storia di Lord Bolingbroke (1678-1751) sono indirizzate al giovane Lord Cornbury, pronipote di Clarendon, il grande storico della Guerra civile inglese, e contengono una delle prime riflessioni sistematiche in lingua inglese sul metodo, sulle finalità e sul contenuto dell'indagine storiografica. È possibile definire in termini teorici una valida alternativa al modello pedagogico della storiografia erudita di stampo umanistico? È possibile raccontare la storia in modo obiettivo, quando le conseguenze degli eventi narrati ancora condizionano il tempo in cui vive lo scrittore e il suo stesso punto di vista sul contesto politico e religioso della propria epoca? Queste domande rivelano le implicazioni epistemologiche, morali e psicologiche del discorso storiografico di Bolingbroke e ispirano un'indagine sapientemente condotta da uno degli uomini politici più influenti del suo tempo, "antiministro" di Robert Walpole amico di Voltaire e di Jonathan Swift, acuto interprete delle dottrine illuministiche e indiscusso maestro dell'arte oratoria e diplomatica. Nelle sue Lettere Bolingbroke dà voce a una saggezza maturata nel corso di anni di impegni politici e di scambi di opinione con alcuni dei principali scrittori e pensatori della prima metà del Settecento. Il buon senso e la concretezza che caratterizzano questa saggezza risplendono con particolare intensità nelle pagine in cui l'autore riflette sul ruolo della moderna storiografia europea, sulla precarietà degli equilibri di potere, sul rapporto tra Guglielmo III d'Orange e Luigi XIV (cui è dedicato un sontuoso ritratto) e sulle responsabilità morali della politica finanziaria. In tempo di Brexit, non sarebbe ozioso chiedersi quale avrebbe potuto essere il punto di vista di questo grande maestro, che ai suoi connazionali insegna che «dobbiamo sempre ricordarci che non siamo parte del continente, ma non dobbiamo mai dimenticarci che siamo i suoi vicini».
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