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Dopo il matrimonio. I divorziati risposati nella Chiesa cattolica
(Paginealtre)EAN 9788887507515
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Tipo
Libro
Titolo
Dopo il matrimonio. I divorziati risposati nella Chiesa cattolica
A cura di
Noi siamo Chiesa (associazione)
Editore
La Meridiana
EAN
9788887507515
Pagine
208
Data
marzo 2002
Collana
Paginealtre
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Recensioni di riviste specialistiche su «Dopo il matrimonio. I divorziati risposati nella Chiesa cattolica»
Recensione di Giampaolo Dianin della rivista Studia Patavina
L’associazione “Noi siamo Chiesa” è ben conosciuta per le sue posizioni critiche nei confronti della Chiesa ufficiale su diversi fronti della Teologia e della prassi ecclesiale. Il volume che presentiamo raccoglie interventi di teologi, esegeti, e anche esperienze di persone comuni su un tema delicato e scottante com’è quello dei divorziati risposati.
Nei 20 interventi raccolti nel volume possiamo trovare ben sintetizzata tutta la problematica che gira attorno a quei credenti che, avendo rotto un legame matrimoniale sacramentale e avendone ricostruito un altro, si trovano esclusi dai sacramenti. Si tratta di una raccolta di interventi brevi fatti dagli autori in diversi convegni, parti di libri, sintesi di articoli più vasti, documenti recensiti e presentati nelle loro parti essenziali.
Il pregio del volume è proprio quello di dare una panoramica completa del tema e quindi è utile a quanti volessero conoscere lo status quaestionis nei suoi diversi risvolti. Il limite è quello di presentare solo le posizioni di chi è critico nei confronti della prassi della Chiesa ufficiale senza dare spazio alle tesi e argomentazioni di quanti, invece, difendono con altre argomentazioni la prassi attuale della Chiesa.
La prefazione di Mons. Giuseppe Casale, Arcivescovo emerito di Foggia-Bovino, è una testimonianza autorevole che anche le voci critiche meritano di essere ascoltate e che nella Chiesa c’è spazio per il dissenso soprattutto quando di mezzo ci sono le sofferenze di tante persone e l’esclusione dai sacramenti è avvertito come un macigno e un giudizio sulle loro persone (p. 9). Ma queste voci meritano ascolto soprattutto perché la ricerca esegetica e teologica è ancora aperta e le posizioni non sono univoche. Mons. Casale termina la sua prefazione con un interrogativo ineludibile anche se ancora irrisolto: “La posizione della Chiesa risente dell’interpretazione contrattualistica del matrimonio e sembra poco attenta alla dimensione dell’amore come rapporto interpersonale. Si salva forse la verità oggettiva disattendendo le esigenze delle persone coinvolte? […] La via della misericordia (che, diciamolo con forza, non è lassismo) non risulterebbe più idonea a garantire, attraverso un serio itinerario, la ripresa di una vita cristiana coerente e responsabile?” (p. 10).
Il volume inizia dall’analisi dei testi biblici, con un intervento di Giuseppe Barbaglio, che mette in evidenza il passaggio dal rigorismo della legge alla centralità dell’agape nel Nuovo Testamento. È proprio lo stile di Gesú che permette una reinterpretazione della legge mosaica e addirittura apre alle soluzioni pastorali di Matteo (la famosa porneia) e di Paolo (il privilegio paolino). Giovanni Cereti presenta la sua nota analisi storica del canone 8 del Concilio di Nicea con la possibilità di riammettere i “digamoi” alla comunione. Sappiamo che per Cereti si tratterebbe di persone sposate due volte, mentre per Crouzel, delle cui tesi però non c’è traccia, si tratterebbe di persone vedove risposate. Leandro Rossi dopo aver spiegato la particolarità della legge nuova portata da Gesú (lex spiritus vitae) e la superiorità di questa sulle leggi della Chiesa, approfondisce i temi dell’Epikeia, della possibilità di considerare la “morte morale del vincolo”, e del primato della coscienza. Su questa linea l’intervento di Basilio Petrà di cui viene presentata un’antologia di brani riprendendo in particolare il suo volume Il matrimonio può morire? (EDB, Bologna 1995). Per Petrà la morte è l’unica causa che può sciogliere il vincolo anche se questo non era così scontato nei primi secoli come non lo è oggi: “La morte non è propriamente la fine del coniuge: tra vita terrena e vita eterna c’è continuità nella trasformazione” (p. 61). “La morte per l’economia cristiana non interrompe il legame personale ma scioglie la consistenza giuridica del vincolo” (p. 68). Ecco allora la concreta proposta di Petrà: se la Chiesa ha superato lo scoglio della morte fisica dando la possibilità di un altro matrimonio, “perché non potrebbe oggi accettare e ciò facendo stabilire che con l’irreversibile separazione adeguatamente stabilita si dia una condizione analoga a quella fissata dalla morte?” (p. 70). Giannino Piana affronta il tema dell’accesso ai sacramenti partendo dalla tesi che l’indissolubilità di cui parla il Vangelo non sarebbe una norma giuridica quanto una prospettiva profetico-escatologica e auspicando oggi una “flessibilità” simile a quella già presente negli stessi scritti del NT. Concretamente si tratta, per il moralista di Novara, di mettere in atto alcune scelte precise: riprendere il genuino spirito evangelico, non considerare i sacramenti l’unica via di accesso alla salvezza, rivalutare l’antico “votum sacramenti” già tematizzato da san Tommaso, e, infine, valutare la possibilità di accesso ai sacramenti almeno in alcuni casi.
Il volume poi si sofferma sul confronto ecumenico con le Chiese evangeliche e quelle ortodosse. Antonio Adamo, pastore valdese di Milano, sintetizza la sua accurata analisi della prassi delle Chiese riformate dicendo che “il matrimonio è indissolubile in linea di principio, ma la durezza del cuore umano impedisce talvolta che la realtà sia conforme a questo ideale. Allora il divorzio si presenta come unica soluzione […] La Chiesa valdese pensa che non si debba negare a chi è caduto la possibilità di rialzarsi e riprendere il cammino” (p. 118). Dimitri Fantini, Rettore della Chiesa ortodossa di San Sergio a Milano, presenta la prassi delle Chiese orientali che, alla luce del principio della “economia” permette le seconde nozze come segno della condiscendenza di Dio per le miserie umane.
L’ultima parte del volume presenta una serie di esperienze in atto: si parte da quelle francesi descritte da Armand Le Bourgeois, Vescovo emerito di Autun, che, dopo aver auspicato un matrimonio per tappe (p. 132), descrive alcune attenzioni pastorali sia di fronte alla crisi delle coppie sia per l’accesso all’Eucaristia (vivere da fratello e sorella, la dichiarazione di nullità, la riammissione per decisione della Chiesa dopo un serio cammino penitenziale e senza celebrare un secondo matrimonio). Jeanine Martin presenta l’esperienza dei circa 130 gruppi francesi di riflessione e accompagnamento che accolgono divorziati risposati. Gérald Congui accenna all’esperienza, che ci sembra alquanto problematica, di una preghiera animata dal sacerdote in occasione del matrimonio civile. Seguono tre esperienze di divorziati risposati; ricordiamo solo quella di Rossana Meani che afferma: “La mia fede è cambiata: non m’importa più se una domenica non mi siedo a Messa in prima fila col vestito di festa. Mi dà più pace entrare in qualche chiesetta e restarvi sola a pregare. Non credo più nell’istituzione ecclesiastica, me nelle persone” (p. 179). Ernesto Emanuele, presidente dell’associazione “Famiglie separate cristiane” descrive le finalità dell’associazione che intende aiutare i separati nelle loro diverse necessità materiali, morali e spirituali. Ricorda la grossa questione dei figli dei separati che di solito vengono sempre affidati alla madre e termina presentando alcune richieste alla Chiesa: prendere coscienze del fenomeno della separazione e assistere queste persone; affermare con chiarezza che entrambi i genitori devono essere coinvolti nell’educazione dei figli; guardare alla separazione come momento di riflessione in vista di una possibile salvezza dell’unione.
Il volume termina con due documenti: la lettera aperta alla Chiesa italiana redatta al termine del convegno di Milano del 2001 e il documento del Consiglio pastorale sempre di Milano sullo stesso tema. Questi due testi mettono in evidenza un fatto importante e anche nuovo: il tema dei divorziati risposati comincia ad essere non solo questione per gli addetti ai lavori, ma anche tema di discussione delle Chiese locali. “La crisi del matrimonio dei coniugi credenti è un problema di tutta la comunità e non può essere lasciato alle norme di diritto canonico, ai Tribunali ecclesiastici, ai confessionali o, più spesso, alle sofferenze individualmente sopportate” (p. 200).
Testi come questo sono certamente utili per iniziare ad entrare in un tema così complesso e delicato che ha implicazioni bibliche, teologiche, giuridiche, morali e pastorali. Ribadiamo l’importanza delle questione presentate ma non possiamo non ricordare che su ciascuna di queste posizioni critiche altri teologi e lo stesso Magistero hanno cercato di rispondere [ricordiamo solamente il volume: CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE (cur.), Sulla pastorale dei divorziati risposati, Editrice Vaticana, Roma 1998]. La carenza di ogni riferimento a queste posizioni rende troppo di parte il volume e forse non aiuta molto un sereno dibattito teologico e pastorale.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Nei 20 interventi raccolti nel volume possiamo trovare ben sintetizzata tutta la problematica che gira attorno a quei credenti che, avendo rotto un legame matrimoniale sacramentale e avendone ricostruito un altro, si trovano esclusi dai sacramenti. Si tratta di una raccolta di interventi brevi fatti dagli autori in diversi convegni, parti di libri, sintesi di articoli più vasti, documenti recensiti e presentati nelle loro parti essenziali.
Il pregio del volume è proprio quello di dare una panoramica completa del tema e quindi è utile a quanti volessero conoscere lo status quaestionis nei suoi diversi risvolti. Il limite è quello di presentare solo le posizioni di chi è critico nei confronti della prassi della Chiesa ufficiale senza dare spazio alle tesi e argomentazioni di quanti, invece, difendono con altre argomentazioni la prassi attuale della Chiesa.
La prefazione di Mons. Giuseppe Casale, Arcivescovo emerito di Foggia-Bovino, è una testimonianza autorevole che anche le voci critiche meritano di essere ascoltate e che nella Chiesa c’è spazio per il dissenso soprattutto quando di mezzo ci sono le sofferenze di tante persone e l’esclusione dai sacramenti è avvertito come un macigno e un giudizio sulle loro persone (p. 9). Ma queste voci meritano ascolto soprattutto perché la ricerca esegetica e teologica è ancora aperta e le posizioni non sono univoche. Mons. Casale termina la sua prefazione con un interrogativo ineludibile anche se ancora irrisolto: “La posizione della Chiesa risente dell’interpretazione contrattualistica del matrimonio e sembra poco attenta alla dimensione dell’amore come rapporto interpersonale. Si salva forse la verità oggettiva disattendendo le esigenze delle persone coinvolte? […] La via della misericordia (che, diciamolo con forza, non è lassismo) non risulterebbe più idonea a garantire, attraverso un serio itinerario, la ripresa di una vita cristiana coerente e responsabile?” (p. 10).
Il volume inizia dall’analisi dei testi biblici, con un intervento di Giuseppe Barbaglio, che mette in evidenza il passaggio dal rigorismo della legge alla centralità dell’agape nel Nuovo Testamento. È proprio lo stile di Gesú che permette una reinterpretazione della legge mosaica e addirittura apre alle soluzioni pastorali di Matteo (la famosa porneia) e di Paolo (il privilegio paolino). Giovanni Cereti presenta la sua nota analisi storica del canone 8 del Concilio di Nicea con la possibilità di riammettere i “digamoi” alla comunione. Sappiamo che per Cereti si tratterebbe di persone sposate due volte, mentre per Crouzel, delle cui tesi però non c’è traccia, si tratterebbe di persone vedove risposate. Leandro Rossi dopo aver spiegato la particolarità della legge nuova portata da Gesú (lex spiritus vitae) e la superiorità di questa sulle leggi della Chiesa, approfondisce i temi dell’Epikeia, della possibilità di considerare la “morte morale del vincolo”, e del primato della coscienza. Su questa linea l’intervento di Basilio Petrà di cui viene presentata un’antologia di brani riprendendo in particolare il suo volume Il matrimonio può morire? (EDB, Bologna 1995). Per Petrà la morte è l’unica causa che può sciogliere il vincolo anche se questo non era così scontato nei primi secoli come non lo è oggi: “La morte non è propriamente la fine del coniuge: tra vita terrena e vita eterna c’è continuità nella trasformazione” (p. 61). “La morte per l’economia cristiana non interrompe il legame personale ma scioglie la consistenza giuridica del vincolo” (p. 68). Ecco allora la concreta proposta di Petrà: se la Chiesa ha superato lo scoglio della morte fisica dando la possibilità di un altro matrimonio, “perché non potrebbe oggi accettare e ciò facendo stabilire che con l’irreversibile separazione adeguatamente stabilita si dia una condizione analoga a quella fissata dalla morte?” (p. 70). Giannino Piana affronta il tema dell’accesso ai sacramenti partendo dalla tesi che l’indissolubilità di cui parla il Vangelo non sarebbe una norma giuridica quanto una prospettiva profetico-escatologica e auspicando oggi una “flessibilità” simile a quella già presente negli stessi scritti del NT. Concretamente si tratta, per il moralista di Novara, di mettere in atto alcune scelte precise: riprendere il genuino spirito evangelico, non considerare i sacramenti l’unica via di accesso alla salvezza, rivalutare l’antico “votum sacramenti” già tematizzato da san Tommaso, e, infine, valutare la possibilità di accesso ai sacramenti almeno in alcuni casi.
Il volume poi si sofferma sul confronto ecumenico con le Chiese evangeliche e quelle ortodosse. Antonio Adamo, pastore valdese di Milano, sintetizza la sua accurata analisi della prassi delle Chiese riformate dicendo che “il matrimonio è indissolubile in linea di principio, ma la durezza del cuore umano impedisce talvolta che la realtà sia conforme a questo ideale. Allora il divorzio si presenta come unica soluzione […] La Chiesa valdese pensa che non si debba negare a chi è caduto la possibilità di rialzarsi e riprendere il cammino” (p. 118). Dimitri Fantini, Rettore della Chiesa ortodossa di San Sergio a Milano, presenta la prassi delle Chiese orientali che, alla luce del principio della “economia” permette le seconde nozze come segno della condiscendenza di Dio per le miserie umane.
L’ultima parte del volume presenta una serie di esperienze in atto: si parte da quelle francesi descritte da Armand Le Bourgeois, Vescovo emerito di Autun, che, dopo aver auspicato un matrimonio per tappe (p. 132), descrive alcune attenzioni pastorali sia di fronte alla crisi delle coppie sia per l’accesso all’Eucaristia (vivere da fratello e sorella, la dichiarazione di nullità, la riammissione per decisione della Chiesa dopo un serio cammino penitenziale e senza celebrare un secondo matrimonio). Jeanine Martin presenta l’esperienza dei circa 130 gruppi francesi di riflessione e accompagnamento che accolgono divorziati risposati. Gérald Congui accenna all’esperienza, che ci sembra alquanto problematica, di una preghiera animata dal sacerdote in occasione del matrimonio civile. Seguono tre esperienze di divorziati risposati; ricordiamo solo quella di Rossana Meani che afferma: “La mia fede è cambiata: non m’importa più se una domenica non mi siedo a Messa in prima fila col vestito di festa. Mi dà più pace entrare in qualche chiesetta e restarvi sola a pregare. Non credo più nell’istituzione ecclesiastica, me nelle persone” (p. 179). Ernesto Emanuele, presidente dell’associazione “Famiglie separate cristiane” descrive le finalità dell’associazione che intende aiutare i separati nelle loro diverse necessità materiali, morali e spirituali. Ricorda la grossa questione dei figli dei separati che di solito vengono sempre affidati alla madre e termina presentando alcune richieste alla Chiesa: prendere coscienze del fenomeno della separazione e assistere queste persone; affermare con chiarezza che entrambi i genitori devono essere coinvolti nell’educazione dei figli; guardare alla separazione come momento di riflessione in vista di una possibile salvezza dell’unione.
Il volume termina con due documenti: la lettera aperta alla Chiesa italiana redatta al termine del convegno di Milano del 2001 e il documento del Consiglio pastorale sempre di Milano sullo stesso tema. Questi due testi mettono in evidenza un fatto importante e anche nuovo: il tema dei divorziati risposati comincia ad essere non solo questione per gli addetti ai lavori, ma anche tema di discussione delle Chiese locali. “La crisi del matrimonio dei coniugi credenti è un problema di tutta la comunità e non può essere lasciato alle norme di diritto canonico, ai Tribunali ecclesiastici, ai confessionali o, più spesso, alle sofferenze individualmente sopportate” (p. 200).
Testi come questo sono certamente utili per iniziare ad entrare in un tema così complesso e delicato che ha implicazioni bibliche, teologiche, giuridiche, morali e pastorali. Ribadiamo l’importanza delle questione presentate ma non possiamo non ricordare che su ciascuna di queste posizioni critiche altri teologi e lo stesso Magistero hanno cercato di rispondere [ricordiamo solamente il volume: CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE (cur.), Sulla pastorale dei divorziati risposati, Editrice Vaticana, Roma 1998]. La carenza di ogni riferimento a queste posizioni rende troppo di parte il volume e forse non aiuta molto un sereno dibattito teologico e pastorale.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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