La luce del mistero è la ricerca dei sottili legami che intercorrono tra il sogno e la realtà, inseriti all'interno della spiritualità cristiana. Emergono nell'opera affascinanti connessioni tra le suggestioni della filosofia cristiana e quelle di una letteratura, anche di tipo teatrale, tesa allo scandaglio delle profondità teologiche. Il mistero, in questo contesto, diventa la chiave per avvicinarsi alla comprensione dell'esistenza umana.
PREFAZIONE
di Mons. Girolamo Grillo
Con un inconfondibile stile personale e con dialoghi di natura pedagogica che richiamano alla mente i ben noti filosofi greci espertissimi in questo campo, il Professore Carlo Rossi, docente di filosofia ed altro, ha voluto calare nell’ambito della propria famiglia, uno squarcio di luce sull’oscurità del mistero, ma soprattutto sul valore dell’amore, in quanto “agàpe” che tutto brucia e nulla riesce a consumare.
Ci si trova così davanti a un testo di “spiritualità cristiana”, come egli stesso afferma, derivante dalla evidente incidenza del “personalismo cristiano”, in cui egli si rivela più che competente.
Il Rossi, con affascinanti ed, in pari tempo, poetiche espressioni, vuole assicurarci che nel cuore dell’uomo si nasconde sempre un solido fondamento a tutti gli altri valori. Egli, pertanto, si prefigge di aiutarci a scoprire anche nel nostro intimo quanto di misterioso si occulta. L’onirico ad un tratto si spezza e, specialmente nella parte finale, si realizza il sogno dell’amore con le sue fiamme di fuoco, che, al dire del Cantico dei Cantici (8,6), “le acque non possono spegnere né i fiumi travolgere: forte come la morte è l’amore”.
Si possono condividere o meno i voli pindarici della sua fantasia, di cui sono piene le pagine da lui redatte, ma quel che di più emerge da una attenta lettura dell’intero testo è una cosa sola: il valore supremo rispetto a tutti gli altri valori morali, religiosi, sociali, personali della vita è lo Spirito trascendente ed assoluto che è Dio.
Su quest’ultimo aspetto convengono, d’altronde, tutte le varie tendenze filosofiche dello stesso “personalismo”.
Si è al cospetto di ciò che gli stessi Padri della Chiesa ed anche ben noti teologi del medioevo chiamavano “Theologia mystica”, secondo una dizione molto cara a H.U. Von Balthassar, cioè dinanzi alla contemplazione e a quella luce che riesce a penetrare nelle profondità del mistero. Da ciò il titolo che lo stesso Autore ha voluto dare al suo scritto. La luce del mistero, termine che risaputamente riesce a velare l’arcano, il sacro, l’inaccessibile all’intelligenza dell’uomo.
Di certo il libro, di cui si sta parlando, attrarrà il lettore, ma non soltanto per curiosità poiché non sempre è di facile interpretazione, se non si vuole rischiare di rimanere soltanto alla esteriorità della forma e senza andare alla profondità del contenuto. L’Autore, infatti, essendo docente di filosofia e soprattutto derivando la sua preparazione dalle argomentazioni blondeliane, è più che consapevole di tutto questo. Non per nulla il “mistero”, attorno al quale si dipana il suo messaggio, sta ad indicare una verità soprannaturale e pertanto inaccessibile alla ragione umana.
Con piena fiducia che l’intero dialogo, di cui si compone il testo che si ha tra le mani, possa lasciare un segno indelebile nell’animo di ogni lettore, e con viva cordialità. Ce lo auguriamo di vero animo, anche perché l’argomento affrontato, pur nella sua intelaiatura originale, cammina sulle orme del “personalismo” accentuato non poco dagli ultimi Papi e specialmente nelle ultime encicliche di Papa Benedetto XVI.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
IL SOGNO
La tavola bianca e splendente, piena di una luce vitale, raccoglieva svariati commensali e tutti mostravano, nel loro volto tranquillo e negli occhi felici, una gioia e un’allegria maestose. Uno smarrimento mi avvolse in quanto, rivestito ancora del corpo mortale, non ero, come loro, ancora entrato nella Vera Vita e non capivo per quale buona Grazia mi era stato riservato di assistere a quello Spettacolo meraviglioso. Mentre ero così assorto in questi pensieri e mi stupivo, incapace di cogliere quel che mi stava avvenendo o il senso della mia presenza in quel luogo, vidi un uomo con un abito lungo avvicinarsi a me; egli mi guardava intensamente e dopo avermi preso la mano mi disse: “Tu sei confuso e stanco e non comprendi il senso della tua vita e tanto meno puoi capire il valore di quest’altra che è la Vera Vita ed è per questo che io sono qui, mandato da Colui che tutto regge, per darti quell’aiuto che non deve più mancarti, affinché tu possa svolgere il ruolo che l’Altissimo ti ha assegnato”.
Io mi volsi verso di lui e con il cuore pieno di emozione lo riconobbi.
“Papà” – dissi – “proprio tu che tanto ho cercato, ora vieni ad accompagnare me in questo viaggio che da tanto tempo volevo fare. Sii benedetto, io ti ho pensato ogni momento da quando mi lasciasti”, e lo abbracciai con tutto il trasporto e l’affetto che gli portavo; le sue lacrime si unirono alle mie ed era come se una pioggia d’amore ci inondasse le guance.
Stettimo così per qualche minuto e confesso che la gioia che provai è stata la più profonda e la più grande della mia vita.
“Ora ti mostro il Grande Regno” – disse mio padre – e mi introdusse nella grande sala dove tutto splendeva e ciò che avevo iniziato a vedere prima, ora mi appariva più nitido e riconoscevo i volti di coloro che lì sedevano, man mano che mio padre me ne indicava i nomi. La tavola aveva una forma rettangolare e pian piano giungemmo sino all’estremità, là dove sedeva Colui dal quale deriva la vita eterna e la vita comune. Ciò che mi colpì di Lui fu il Volto, un Volto sereno che ispirava sicurezza e fiducia, un Volto dolce e buono che tutti guardavano con attenzione tranquilla.