"Versato per molti"
-Studio per una fedele traduzione del «Pro multis» nelle parole della consacrazione
(Fuori collana)EAN 9788882723781
«Bisogna ringraziare il Santo Padre, che coraggiosamente ripristina l'autenticità della Liturgia. Possa il successore di s. Pietro trovare l'accoglienza spirituale, che la sua intrepida decisione merita» (p. 100). Con questo augurio, degno dei lontani tempi giovanili di chi firma questa segnala-zione, il docente di patrologia e dogmatica presso la Facoltà teologica di Lugano conclude uno stu-dio, per altro non disprezzabile, sulla formula eucaristica e la sua traduzione in lingue moderne nel-la riforma liturgica dal 1968 in poi.
In appendice è riportato il motivo dello studio di Manfred Hauke: la Lettera della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti del 17 ottobre 2006 sulla traduzione fedele della formula pro multis: la lettera comunica alle varie Conferenze episcopali di prepararsi a una traduzione precisa del pro multis nella Prece eucaristica per la prossima edizione del Messale romano. Se tale lettera è firmata dal card. Francis Arinze, prefetto della Congregazione, la Prefazione allo studio del prof. Hauke è firmata dall'Arcivescovo Segretario della stessa Congregazione, che dà una patina di ufficialità al volumetto.
Le novanta pagine di Hauke richiamano il dibattito che la Lettera della Congregazione ha sollevato, specie in ambito tedesco, esplicitando fin dall'inizio «la differenziazione tra offerta ed efficacia della salvezza fondata da Gesú nel suo sacrificio. La formula ‘per tutti' è una interpretazione delle parole della Consacrazione, mentre le parole ‘per molti' corrispondono al testo biblico» (p. 16). Poi il docente spiega che «molti» non coincide con «tutti» perché evidenzia lo spazio e l'importanza della libertà umana che può rifiutare l'offerta della salvezza, esigente una risposta di fede e di amore. Da parte di Cristo Signore l'offerta salvifica è universale: il limite dei destinatari della salvezza viene dal versante antropologico, non cristologico.
L'appoggio esegetico Hauke lo trova in una tesi di licenza elaborata da Franz Prosinger all'Istituto Biblico di Roma sotto la guida del card. Vanhoye. Il lavoro di Prosinger mostra i numerosi errori in cui sarebbe incorso l'esegeta tedesco J. Jeremias, sulle cui indicazioni corre l'interpretazione «per tutti», che per un altro esegeta, Tibor Gallus, «deve essere rigettata come una falsificazione della parola biblica» (p. 22).
Da queste premesse inizia il percorso tipico di ogni dogmatico per una dimostrazione: Scrittura, Tradizione patristica e liturgica, seguita dalla chiarificazione dell'epoca carolingia e medioevale, con la recezione magisteriale nel Catechismo Romano fino ai messalini popolari che, prima del Vaticano II, traducono ‘per molti'. Sarebbe «il fatidico anno 1968» (p. 72 nel titolo) che nell'ambiente cattolico lascia irrompere una «monocultura interpretativa», una «sovrana ignoranza della tradizione interpretativa» (p. 72 nel testo) che produce errori analoghi alla comunione nella mano (cf. p. 74, secondo una testimonianza del card. Seper in una lettera del 1980 all'esegeta Tibor Gallus).
«Erronea» è la traduzione liturgica del pro multis con ‘per tutti' (p. 81): tale può essere la conclusione di Hauke, tanto più che in questi frangenti «bisogna osservare la via tutior (la via più sicura)» (p. 91, con citazione). Punti di vista ecumenici e motivi pastorali dovrebbero ulteriormente appoggiare la correzione letterale prevista per la nuova edizione del messale romano.
Confesso di aver letto il volumetto con interesse e con disagio. Il lavoro di Hauke si inserisce nella temperie attuale che desidera riportare chiarezza là dove si presume esista confusione, senza chiedersi se non si corra il rischio di aggiungere altra confusione ancora, mentre drammatici problemi di indifferenza e ignoranza religiosa stanno altrove. La teologia di Hauke risente delle categorie e della sensibilità postridentina con un ritorno a simpatizzare per la rigidezza. Nel volumetto non ho trovato un cenno all'epiclesi dello Spirito Santo, alla cui potenza invocata va attribuita la Presenza eucaristica; non un cenno alla soggettività celebrante della comunità col ministro. Sarebbero questi alcuni raggi particolarmente luminosi del concilio Vaticano II in grado di demitizzare la preoccupazione linguistica. Ho invece trovato che lo studio più vasto (a conoscenza di Hauke) della Biblia patristica «proviene da un docente di filosofia e fu pubblicato su di una rivista di difficile accesso che sostiene le posizioni del sedisvacantismo (secondo cui da Pio XII non esiste più un vero Papa)» (p. 33, nota 42). Sarà soltanto una ‘spia' documentaria, ma se tale è la compagnia filolefebvriana dell'autore nel rileggere la Tradizione patristica, anche un arcivescovo segretario di Congregazione romana dovrebbe rizzare le orecchie prima di benedire a piene mani uno studio teologico.
È vero che il problema in sé tocca solo una corretta traduzione dal latino, che va distinta dall'interpretazione teologica. La filologia parla chiaro: pro multis letteralmente va tradotto ‘per molti'. Ma, se il problema non è filologico bensì teologico e pastorale, non è proprio il momento della traduzione nella lingue vive quello più adatto per l'interpretazione teologica, onde coinvolgere la comunità credente nell'evento sacramentale in tutta la sua irradiazione di speranza incoraggiante, fondata sull'annuncio evangelico? Dal mio piccolo oblò teologico e pastorale non avrei paura di irradiare speranza sui destinatari del dono eucaristico di Gesú: senza speranza non vedo possibili fede e conversione (forse in contrasto con quanto è scritto alle pp. 8 e 96-99, dove si progetta di superare il presunto lassismo cattolico corrente con una incisione linguistica nelle parole della consacrazione eucaristica). Il mio oblò è troppo ristretto per esprimere un giudizio salomonico: ma a mio avviso, anche dopo la lettura dello studio di Hauke, la traduzione interpretativa della formula eucaristica va lasciata come in questi decenni postconciliari è stata pregata, entrando a far parte della tradizione cattolica senza inserire alcun errore, anzi sottolineando l'irradiazione universale del Sacrificio di Gesú e la speranza di salvezza per tutta l'umanità, una umanità che di speranza ha estremo bisogno.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2008, nr. 3
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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