Il più bel canto d'amore
(Sequela oggi) [Libro con legatura cucita]EAN 9788882273880
Lo splendido poemetto definito «Cantico dei Cantici» è una grande opera poetica presente nel canone veterotestamentario. Il titolo, tradotto letteralmente dall’ebraico (shir ha-shirim), corrisponde a un superlativo e vuole indicare l’opera come «il» poema per eccellenza, il canto più bello che ci sia.
A rabbì Aqiba – morto nel 135 d.C. – è attribuito un incomparabile elogio di questo libro: «Il mondo intero non è degno del giorno in cui il Cantico è stato donato a Israele: perché tutti i libri della Bibbia sono santi, ma il Cantico è il più santo di tutti» (Misnah, Yad. 3,5). Anche il cristiano Origene, vissuto nel III sec., ne parla come del vertice stesso della Bibbia: «Beato chi comprende e canta i cantici delle Sacre Scritture, ma ben più beato chi canta e comprende il Cantico dei Cantici» (Omelie sul Cantico, 1,1). L’accoglienza nel canone di questo strano libro è stata a lungo dibattuta in ambiente ebraico e solo alla fine del I sec. d.C. la scuola di rabbì Hillel lo ha fatto riconoscere come testo sacro e ispirato.
La tradizione cristiana, al contrario, l’ha sempre pacificamente accolto, ma davvero enigmatica ne è l’interpretazione, definita come «una serratura di cui si è perduta la chiave»! Due sono le vie principali che fin dall’antichità hanno contrapposto i commentatori del Cantico: la spiegazione letterale e quella allegorica. La prima, rarissima fra gli antichi, è sostenuta da moltissimi studiosi moderni: essa vede in questo poema biblico l’esaltazione dell’amore tra un uomo e una donna e la celebrazione positiva del corpo e della fisicità. L’interpretazione allegorica è stata, invece, comunemente adottata in passato, sia dalla tradizione ebraica, che vi leggeva l’amore di YHWH e del popolo Israele, sia dalla tradizione cristiana, che vi riconosce l’amore di Cristo e della Chiesa.
L’opera che presentiamo non è né introduzione né commento al Cantico, ma offre un’interessante antologia di testi antichi e moderni che si rifanno al più bel canto d’amore: la curatrice è monaca a Bose (Magnano [BI]) e ha realizzato la traduzione dai testi originali di molti autori, partendo dai primi e classici commenti di Origene e Gregorio di Nissa, con attenzione ad altri Padri quali Gregorio di Elvira e Ambrogio, Girolamo e Gregorio Magno. Sono presi in considerazione anche alcuni passi di Apponio, Nilo di Ancira e della liturgia etiopica; voci della tradizione ebraica sono desunte dal Targum e da Rashi di Troyes. Passando alla ricca trattazione medioevale vengono proposte splendide pagine di Ruperto di Deutz, Guglielmo di Saint-Thierry, Bernardo di Clairvaux, Gilberto d’Hoyland, Giovanni di Ford e Gertrude d’Helfta. Teresa d’Avila e Giovanni della Croce segnano il passaggio all’età moderna, rappresentata ancora dalle interpretazioni di Francesco di Sales, Jacques Bénigne Bossuet, Jeanne-Marie Guyon, Jean- Pierre de Caussade e poi dalle riletture yiddish di Sholem Aleykhem e Alter Kacyzne, e da brevi accenni di autori ebrei come Franz Rosenzweig e Zalman Shneur.
La carrellata si conclude con qualche passo tratto da scrittori recenti e contemporanei, di varie estrazione culturale e religiosa, come Jean Guitton, Dietrich Bonhoeffer, Divo Barsotti, André Neher, David Maria Turoldo, André Chouraqui, Giovanni Paolo II, Luis Alonso Schökel, Guido Ceronetti, Umberto Eco, Christos Yannaras, Julia Kristeva e Gianfranco Ravasi. Questa ambia rassegna di commenti al Cantico è preceduta da una breve prefazione di Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, che offre anche una propria traduzione italiana del testo ebraico, suddividendolo in 25 strofe poetiche. Fra le tante voci che si sono aggiunte alla sinfonia di questo bel canto d’amore, scegliamo quella di A. Chouraqui per definire il Cantico come «una sinfonia in tre movimenti». Nel suo tessuto musicale si possono infatti riconoscere tre temi: l’origine dell’amore, l’esilio dall’amato e la gioia del compimento.
Questi sono proprio gli stessi temi di tutta la Bibbia: la creazione, l’esilio (ovvero: peccato e grazia) e la redenzione finale. Come in un cammeo o in una miniatura, nel Cantico è racchiuso il nucleo prezioso della rivelazione biblica: la storia d’amore fra Dio e l’umanità.
Tratto dalla rivista "Parole di Vita" n. 6 del 2013
(https://www.queriniana.it/parole-di-vita)