La messa per tutti
(Liturgia e vita) [Libro con legatura cucita]EAN 9788882273361
Il titolo, oggi, sembra così «democraticamente» ovvio. Ma non per qualche clericus per il quale la messa è la preghiera dei presbiteri non «il sacrificio di tutta la chiesa per la gloria di Dio e la salvezza del mondo». È stato il grande Paolo VI (purtroppo oggi trascurato e dimenticato) che con la riforma liturgica da lui intrapresa «restituisce l’eucarestia a tutto il popolo di Dio: ritornando all’antica celebrazione dei primi secoli, oltre le interpretazioni del Medioevo, ritornando così la “messa di sempre” nella semplicità delle sue origini».
Con queste pagine l’Autore intende reagire al «dubbio che si insinua come un veleno nelle vene della chiesa da qualche decennio [da parte di alcuni denigratori del “nuovo” rito]. [Queste pagine non intendono] attaccare qualcuno ma rendere grazie al Signore per questo dono fatto alla nostra epoca: la messa ritrovata in verità, la messa di sempre, questa messa che amiamo. Prendersela con questa messa è prendersela con la chiesa che ne ha fatto la sua preghiera e, dunque, la sua identità» (pp. 9-10). L’Autore con sapienza attraversa alcuni elementi di scetticismo e di denigrazione da parte di coloro [e tra questi tanti opinion’s leader della cultura e dei mass media e di quella clericalità dominante in certi ambienti ecclesiastici e non sempre ecclesiali] i quali «pur riconoscendo l’autorità dell’ordo promulgato da Paolo VI, sottolineano che molti elementi che a loro fanno difficoltà non vi si trovano in maniera espressa, come la generalizzazione delle lingue “volgari” [cf. il capitolo: Dio non è poliglotta?, pp. 79-90], la rarefazione del latino e del canto gregoriano [ibid.], l’estensione della concelebrazione o il riorientamento degli altari [cf. il capitolo: Rivolti dove?, pp. 91-100]» (p. 10).
«La messa non è l’oscuro cerimoniale di un Dio che si nasconde dietro riti che ci sfuggono» (p. 12). Resta comunque un impegno comune: fare mistagogia, donare la consapevolezza della grazia ricevuta e dei doni della liturgia, altrimenti quella che «le nonne chiamavano “messa” oggi si chiama “eucaristia” Ma non è sicuro che ne abbiamo guadagnato molto in chiarezza. Ad un’antica parola, “messa” la cui origine sfugge ai più […] abbiamo sostituito una parola greca, non tradotta ma solo traslitterata […] È sempre quell’antica ispirazione in base alla quale ciò che è divino ha il dovere di essere strano?» (p. 101) Anche se oggi «nelle vie e nei mercati di Atene evcharistó ha custodito il suo senso e sapore: innumerevoli “grazie” punteggiano gli incontri e gli scambi» (p. 102)!
Dopo aver citato 1Cor 10,16-17, l’Autore conclude queste pagine con una dichiarazione di intenti: «Perché la nostra chiesa rimanga pienamente “cattolica”, possa la nostra liturgia eucaristica, frutto di tutta la tradizione vivente, diventare la messa di tutti!» (p. 145) (cf. l’ultimo capitolo: Dalla frazione del pane alla frattura della Chiesa?. «La Chiesa fa l’eucaristia e/o l’eucaristia fa la chiesa» non sono più due affermazioni alternative ma congiuntive perché «la chiesa vive l’eucaristia» (è il sottotitolo riportato in copertina interna) e vive di eucaristia. E se la chiesa è il popolo di Dio, la messa è proprio per tutti.
Tratto da "Rivista Liturgica" n. 4/2012
(http://www.rivistaliturgica.it)
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