Torino. 2015. Durante una visita fisioterapica, il settantenne Marco, giornalista del Secolo XIX e di Repubblica, scopre di essere stato sottoposto a una serie di iniezioni lombari. Deciso a saperne di più, interroga la madre Paola, che gli rivela l'esistenza di una busta gialla piena di documenti e lettere risalenti alla seconda guerra mondiale. Genova, 1944. La città è occupata dai nazisti. Luigi, il padre di Marco, smobilitato dopo l'8 settembre, è destinato alla deportazione in Germania. Ma Marco sta per nascere. Paola affronta Georg Fischer, alto dirigente della Gestapo, riuscendo a ottenere una temporanea sospensione della partenza: vuole che il padre veda nascere il bambino, prima di affrontare un destino incerto. Ma quando scadono i quattro mesi di rinvio, Marco si ammala di una forma aggressiva di meningite. In una scena drammatica, in cui si gioca il tutto per tutto, i giovani genitori tornano alla sede della Gestapo, dove Fischer, forse per uno scrupolo di coscienza, forse per garantirsi un'immagine positiva in vista dell'imminente resa dei conti che attende i criminali di guerra, strappa la cartolina che segna la sorte di Luigi. Marco viene ricoverato in condizioni disperale all'ospedale Gaslini, dove si scopre che può essere salvato solo da un sulfamidico sperimentale, destinato alle truppe tedesche. Comincia una corsa contro il tempo alla ricerca del medicinale, infine miracolosamente reperito e somministrato con una serie di iniezioni lombari. Marco si salva, e intanto si avvicinano la line della guerra e la liberazione di Genova (l'unica città italiana in cui i tedeschi si arrendono ai partigiani). Fin quando tutto sarà finito, Paola scoprirà che il farmaco era stato sperimentato non solo sulle truppe di occupazione, ma anche sui prigionieri dei campi di sterminio.