Educazione come mistagogia. Un orientamento pedagogico nella prospettiva del Concilio Vaticano II
EAN 9788873671312
La pubblicazione degli orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020, Educare alla vita buona del Vangelo, ha dato significativo impulso alla riflessione e a una serie di articoli, volumi e saggi sul tema dell’educazione, già in agenda da alcuni anni sul fronte delle urgenze dell’azione pastorale della Chiesa, e non solo in Italia.
Lo scorso anno il Santo Padre Benedetto XVI, incontrando i Vescovi italiani riuniti nella loro assemblea generale, incoraggiava ad affrontare con decisione questo impegno: «Corroborati dallo Spirito, in continuità con il cammino indicato dal Concilio Vaticano II, e in particolare con gli orientamenti pastorali del decennio appena concluso, avete scelto di assumere l’educazione quale tema portante per i prossimi dieci anni. Tale orizzonte temporale è proporzionato alla radicalità e all’ampiezza della domanda educativa. E mi sembra necessario andare fino alle radici profonde di questa emergenza per trovare anche le risposte adeguate a questa sfida» (27 maggio 2010). Tra i molti saggi già pubblicati merita particolare attenzione quello di V. Angiuli. Giovane vescovo, di età e di nomina, di Ugento – Santa Maria di Leuca, l’autore affronta la tematica da una prospettiva originale, annunciata già dall’illustrazione in copertina: Maiestas Domini et consecratio fontis, da un benedizionale dell’XI secolo conservato nel museo diocesano di Bari.
L’educazione è letta a partire dalla missione della Chiesa, che genera come madre ed educa come maestra: l’idea è esplicitata dalla dedica posta in esergo all’introduzione dell’autore: «Alla Chiesa di Bari-Bitonto, mia “Ecclesia Mater” e alla Chiesa di Ugento – Santa Maria di Leuca, “Ecclesia Magistra” del mio ministero episcopale» (p. 11). Il saggio è articolato in tre capitoli con una conclusione sui principali “guadagni educativi” della proposta. Nel primo capitolo l’autore esplicita lo scopo dello studio: verificare se la recezione dell’ecclesiologia conciliare non richieda una “svolta mistagogica” della pastorale (p. 16). Egli, partendo dalla riflessione conciliare e dalla sua recezione, individua tre concetti chiave, tre idee guida del rinnovamento teologico e pastorale promosso dal Concilio: mistero, mistica, mistagogia. A proposito del primo concetto – mistero – Angiuli lo indica come categoria sintetica dell’insegnamento proposto dal Concilio: «Le quattro costituzioni dogmatiche, in modo particolare, nel loro insieme, offrono una visione complessiva del significato del mistero cristiano. In tal senso, è significativo che il Sinodo straordinario dei Vescovi, a vent’anni dalla celebrazione conciliare (1985), fin dal titolo, abbia richiamato unitariamente le quattro costituzioni e le ha ripresentate come dimensioni differenti e complementari dell’unico mistero: Ecclesia sub verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi.
Come a dire che nella celebrazione del mistero di Cristo, la Chiesa, ammaestrata dalla Parola di Dio, incontra il Signore risorto e da lui è inviata ad annunziare e a testimoniare la novità di vita che sgorga dall’evento della risurrezione del Signore Gesù. In tal modo si instaura una correlazione tra la vita cristiana e il mistero di Cristo» (p. 34). Il mistero conduce alla mistica, intesa come vita in Cristo e nello Spirito. La mistica è quindi qualificata come esperienza liturgico-sacramentale del mistero di Cristo, come esperienza biblico-spirituale ed esistenziale-vitale dello stesso mistero. Si giunge così alla mistagogia, intesa come prendere per mano una persona e aiutarla ad entrare nella profondità del suo mistero, considerato alla luce del mistero pasquale di Cristo. La mistagogia infatti, secondo l’autore, «crea un circolo virtuoso tra ortodossia, ortoprassi e ortopatia.
Il cristiano celebra ciò che crede, “sente” come realtà personale ciò che professa nella fede comune ed è invitato a praticare ciò che celebra. Verità di fede, comportamento esistenziale e celebrazione si rapportano vicendevolmente in un fecondo intreccio tra assenso veritativo, orientamento della vita e consonanza con ciò che il mistero comunica a tutti. Cuore, mente e vita sono costantemente ricondotti all’unità dall’unico mistero che è celebrato nel rito, professato con l’assenso dell’intelligenza e della volontà, sentito nel cuore e praticato nella vita» (pp. 59-60). Il secondo capitolo si occupa di questa “svolta mistagogica” in rapporto al mutato contesto culturale, sottolineandone il collegamento con le nuove sfide poste alla fede cristiana da una visione antropologica profondamente mutata. Le ragioni di “convenienza” della pastorale mistagogica sono colte a partire dalla fede, intesa come avvenimento, come incontro reale e vivo con Cristo, che dà all’esistenza un nuovo orizzonte di valori e un nuovo orientamento pratico. L’autore individua due forme distinte e complementari di mistagogia: esperienza liturgico-sacramentale ed esistenziale-vitale del mistero. Queste due forme «si rapportano tra loro secondo il principio dell’unità nella distinzione.
Esse implicano un’esperienza del mistero diversa, ma complementare. La prima, infatti, si riferisce all’aspetto oggettivo, cristologico-ecclesiale del mistero, mentre la seconda riguarda la dimensione soggettiva, psicologico-spirituale della persona… La loro azione, pertanto, non va confusa. Bisogna distinguere la funzione e l’apporto specifico che ognuna di esse può dare in vista della crescita della persona, senza pretendere di dare soluzioni spirituali a disturbi di natura psicologica e, viceversa, di dare soluzioni psicologiche a problemi di natura spirituale» (pp. 121-122). Il capitolo sviluppa il discorso della complementarietà tra “mistagogia liturgica” e “mistagogia della vita quotidiana”, che pur distinte nel metodo sono accomunate dal medesimo riferimento al mistero pasquale di Cristo.
Le principali caratteristiche della prima forma sono individuate in alcuni passaggi fondamentali: Cristo, vero mistagogo e pedagogo; la trasformazione dell’io; il radicamento nella comunità; l’ordo temporis, scandito dal ritmo dell’anno liturgico; la ripetizione, come possibilità di attingere all’inesauribile e sovrabbondante ricchezza del mistero; la responsorialità, come appello alla risposta dell’uomo all’attrazione esercitata dal mistero di Dio; il rendimento di grazie. La seconda forma invita poi al ricentramento cristologico dell’antropologia e all’esperienza di Cristo nella vita quotidiana, che comporta la necessità del discernimento e dell’accompagnamento spirituale. Tre sono i principali “guadagni” sul fronte dell’educazione che Angiuli presenta nella conclusione: l’aiuto che la mistagogia offre alla persona perché ritrovi la sua unità sempre più minacciata da troppi fenomeni disgreganti; il rinnovamento del metodo pastorale che, dal tradizionale trinomio vedere – giudicare – agire, passa ad un altro criterio che si può riassumere con tre verbi: celebrare – discernere – testimoniare; gli impulsi all’azione educativa della famiglia e della scuola. Particolarmente originale e degno di nota è lo sforzo dell’autore nel dare unità alle classiche dimensioni della pastorale – liturgia, catechesi, carità – cogliendole in unità dinamica attorno alla persona che deve essere introdotta nel mistero di Cristo, accompagnata per mano.
È il pregio principale del volume, riconosciuto da mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari – Bitonto, nella presentazione: «Esprimo profonda riconoscenza a mons. Vito Angiuli, già mio pro-vicario generale e ora vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca, per aver saputo dimostrare che la mistagogia ha il suo posto nella vita. Talvolta si rileva che la scelta di pastorale mistagogica privilegia la catechesi e la liturgia, mentre è meno evidente la sua applicazione nella vita. Se il compito della mistagogia è di guidare l’uomo verso il mistero, essa raggiunge il suo pieno senso non solo quando consente all’uomo di scoprire la propria esperienza di fede, ma anche quando rende tale esperienza visibile al prossimo nella storia. “Mistagogo” è allora quel tipo di guida spirituale, in cui il credente viene reso consapevole della profondità mistica della sua fede. Qui si innesta il processo educativo, il cui scopo è di aiutare gli uomini a scoprire e a far crescere l’esperienza di Dio» (p. 7).
Tratto dalla rivista Lateranum n. 3/2011
(http://www.pul.it)
Il volume porta a una riflessione sulla sfida cattolica a riguardo dell’educazione e formazione dell’identità cristiana dinanzi alla prospettiva del Concilio Vaticano II e i suoi meriti nella vita e nella prassi cristiana, che compie la sua intera natura nella mistagogia, ossia nella vita creduta, celebrata e vissuta. Il libro è diviso in tre parti. La prima affronta la recezione del Concilio Vaticano II e la «svolta mistagogica» della pastorale. La seconda costata l’emergenza educativa e la prospettiva mistagogica della pastorale nel contesto della cultura al bivio culturale, antropologico e pedagogico. E l’ultima parte, ut mysterium paschale vivendo exprimatur, la mistagogia come esperienza liturgico-sacramentale del mistero. In ogni caso il volume merita attenzione. Questo libro non intende affrontare i molteplici aspetti del variegato e complesso tema dell’educazione. Il suo scopo principale è di richiamare l’orientamento pedagogico presente nei documenti conciliari e, in particolare modo, nella Gravissimum educationis. Una lettura attenta di questo libro ci porta a considerare che il compito della mistagogia è di guidare l’uomo verso il mistero, e essa raggiunge il suo pieno senso non solo quando consente all’uomo di scoprire la propria esperienza di fede, ma anche quando rende tale esperienza visibile nella storia con guadagni educativi in riferimento alla persona, alla comunità parrocchiale e al compito educativo della famiglia e della scuola. Senza dubbio, questo libro è un prezioso istrumento per approfondire il tema dell’educazione, scelto dalla Conferenza episcopale italiana come linea guida degli orientamenti pastorali di questo decennio. E il lettore può gustare alcune riflessioni nello studio dello stesso Autore apparso nel precedente fascicolo di «Rivista Liturgica» (3 [2012] 425-443), recuperando alcune idee racchiuse nell’opera.
Tratto da "Rivista Liturgica" n. 4/2012
(http://www.rivistaliturgica.it)
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