Quante vite, quanti destini si intrecciano in questo libro, spoglio e severo, di Luigi Picchi: un monaco che non è mai uscito dalla cinta del suo monastero, dove ha trascorso la vita a ricopiare i trentasette libri della Storia Naturale di Plinio il Vecchio; Lucrezio, che dopo aver composto il suo grande poema sulla natura delle cose, scopre, morendo, che l'anima è immortale; Plinio il Giovane, di cui vediamo scorrere, ma in forma poetica, schegge del suo raffinato epistolario; Ottavio, un poeta schivo e indolente, che non vuol pubblicare la sua opera, nonostante le sollecitazioni dello stesso Plinio. Sullo sfondo, una galleria di figure colte nella dimensione della vita quotidiana, mentre cenano, giocano a palla, pescano, cacciano, passeggiano, lavorano, scrivono, dettano ricette, provano nostalgia per un passato che fu eroico, sentono il peso del tedio, l'incombere della fine. Giunto alle soglie dei cinquant'anni, Luigi Picchi pubblica il suo libro più vero, forse il più segreto, certo il più difficile di tutti: un atto di coraggio e di sprezzatura, di austera moralità, in cui si rispecchia l'anima ferita ma intransigente dell'autore, un uomo che può vivere solo nel passato o nel futuro, tra filologia e fantascienza, non nel detestato presente. Facendosi antico, il suo animo sa cogliere il silenzio di un bosco, il mormorio di un'acqua, l'armonia di un cielo stellato, la maestà dei moti naturali, il fulgore di luce negli occhi di un'aquila, la dolcezza consolatoria di un volto, la sete di conoscenza, la vanità della fama, la purezza morale di un poeta che, allontanandosi dai rumori del mondo, medita sul senso della vita, il sogno di una civiltà in cui filosofia, geometria e poesia 'danzavano insieme come le tre Grazie'. La finezza della scrittura, la qualità dei ritratti, la raffinatezza architettonica dell'insieme fanno di questa singolare raccolta un unicum nel panorama poetico nazionale: Picchi sa avvincere i suoi lettori, scavando nell'animo dell'uomo e restituendone le ansie, le ambizioni, le debolezze, il desiderio eterno di felicità." (dalla postfazione di Giancarlo Pontiggia)