Citazione spirituale

La matematica e l'esistenza di Dio

di

Ambrosetti Antonio


Copertina di 'La matematica e l'esistenza di Dio'
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EAN 9788871808161

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Descrizione
Tipo Libro Titolo La matematica e l'esistenza di Dio Autore Editore Lindau Edizioni EAN 9788871808161 Pagine 96 Data giugno 2009 Altezza 21 cm Larghezza 14 cm Profondità 0,6 cm Collana I Draghi

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il 7 febbraio 2011 alle 09:50 ha scritto:

La matematica e l’esistenza di Dio (ed. Lindau, Torino, 2009) un’opera chiara e seria, finalmente corretta e rispettosa delle diverse posizioni (di chi crede, di chi non crede, di chi è alla ricerca), bene argomentata ma non pesante né per addetti ai lavori, non “esclusiva né escludente”, scorrevole da leggersi anche in treno (io, alle sei del mattino, l’ho divorata da Venezia a Firenze e mi ha fatto pensare fino a Roma, con un lavorio interiore che mi rimane dentro ancora). L’autore è un cavallo di razza, un Matematico, non soltanto un docente di matematica o un cultore di storia della scienza o della logica; uno che la Matematica (con la M maiuscola, come Egli ama scrivere) la fa davvero, nel senso che continua a ricercarne nuove strade, ad implementare l’eredità dei grandi del passato: Antonio Ambrosetti, alunno di grandi Matematici nostrani come Giovanni Prodi e Ennio De Giorgi, Maestri alla Normale di Pisa, dove Egli stesso ha studiato e insegnato, oltre che in molte altre Università e Politecnici anche stranieri. Qual è il ragionamento di Ambrosetti? La Matematica non può dimostrare che Dio esiste, né dimostrare che Egli non esiste: la Matematica ti conduce a sfiorare il Mistero, ti offre delle suggestioni e delle intuizioni che aiutano il credente a rinsaldare la propria fede.
Vi pare poco? In un’epoca, per la verità troppo lunga, in cui si è sostenuto, a sproposito (nonostante i pulpiti aulici da cui provenivano certe lezioni) che la scienza è incompatibile con la fede o, addirittura, che la fede è roba da ignoranti (e l’Autore non manca di stoccare qualche sciabolata, sempre educata e raffinata, anche a notissimi divulgatori che bucano i teleschermi contemporanei), c’è almeno qualcuno che ha il coraggio di mettere dei precisi paletti: la Matematica – era già una lezione kantiana e addirittura galileiana – non può avere alcun titolo per parlare di Dio, né pro né contra; chi crede, non deve assolutamente sentirsi addosso un complesso di inferiorità, quasi gli avessero diagnosticato un morbo infamante; se davvero sei Matematico, puoi tranquillamente frequentare una parrocchia (come Ambrosetti dichiara di fare, ricevendo dagli altri fedeli enormi contributi di ricchezza umana e spirituale). In sintesi, in uno scienziato possono coesistere il rigore del pensiero matematico e la fede in Dio.
C’è, infine (ma questa agile opera, appena 77 pagine, è una miniera di suggestioni e provocazioni alla Socrate) un’altra grande lezione pedagogica, che in tempi conclamati di “emergenza educativa” – io dico, emergenza educativa soprattutto degli adulti, che sono il reale anello debole della catena intergenerazionale – non è male considerare: la lezione del limite intrinseco ad ogni attività umana, anche di quella scientifica. L’Autore, infatti, non si stanca di sottolineare che, dietro al successo di dimostrazioni riuscite e teoremi finalmente disvelati, c’è l’intenso, diuturno, instancabile e nascosto lavoro di generazioni e generazioni di pazienti ricercatori, il cui piccolo, talora, contributo è comunque un tassello fondamentale per il disegno finale di quel mosaico che è la Cultura umana, o, se preferite, il Progresso.
Allora, meglio tendere al successo immediato, tutto e subito, ad ogni costo e prezzo, che pare essere il traguardo di molti adolescenti e dei loro genitori? O piuttosto la pazienza dello studioso, come del contadino, che suda a comporre le maglie di quella rete che costituisce la trama solida della Civiltà umana?
Ambrosetti conclude così: “La speranza è di avere dato una testimonianza della maniera in cui vivo in concreto la mia fede assieme al mio ruolo di matematico, favorito in questo dalla presenza di Dio, che sento viva in me e che non mi ha mai abbandonato.”

Lino Sartori, filosofo