Da Caligari a Hitler è uno dei «classici» della storiografia cinematografica, un fondamentale testo di riferimento per la conoscenza dell’evoluzione del cinema tedesco tra le due guerre (dalle sorprendenti innovazioni del film espressionista, alle originali applicazioni del sonoro, passando per l’affermazione di autori come Lubitsch, Lang, Murnau, Pabst) – uno dei modelli più avanzati sul piano internazionale, in competizione (ma anche in una posizione di continuo interscambio) con quello hollywoodiano. Al contempo è un magistrale contributo teorico, la cui ricchezza metodologica non è stata ancora compiutamente colta e sviluppata. È un saggio di sociologia del cinema, impostato (è l’aspetto più noto) sulla stretta connessione tra film weimariano e situazione del ceto medio tedesco, che finirà col diventare determinante base sociale del regime hitleriano. Propone un’applicazione al cinema della teoria psicanalitica (è l’aspetto più controverso). Ma è anche una lettura del film in chiave fenomenologica, ispirata al pensiero di Simmel. Ed è un saggio di iconografia, ancorato ai più originali fondamenti del metodo di Panofsky. Il libro, pubblicato in Italia nel 1954, viene riproposto a cura di Leonardo Quaresima in un’edizione interamente rivista, arricchita di un’antologia di recensioni (dedicate ad alcune delle opere più celebri del cinema tedesco) pubblicate dall’autore negli anni ’20 e ’30. Un ampio saggio introduttivo del curatore ricostruisce inoltre la genesi e la fortuna critica del lavoro di Kracauer, mettendone a fuoco la fertilità dell’impostazione e offrendo inediti spunti d’interpretazione.
L'AUTORE Siegfried Kracauer (1889-1966), sociologo (Gli impiegati, 1929), teorico dei processi culturali (La massa come ornamento, 1921-1933; Il romanzo poliziesco, 1922-1925), feuilletonist, è stato uno dei protagonisti della grande stagione culturale della Germania weimariana. All’avvento del nazismo si trasferì in Francia e poi in America (1941), dove pubblicò un’importante Teoria del cinema (1960).