Senso tipico e profezia in Soren Kierkegaard. Verso una definizione del fondamento biblico della categoria di Gjentagelse
(IF. Itinerari filosofici)EAN 9788857514925
«Questo libro si focalizza sulla categoria di Gjentagelse, uno degli esiti piú significativi della filosofia kierkegaardiana, e intende mostrare che la categoria in questione, colta nelle sue determinazioni fondamentali, ha per archetipi il senso tipico e la concezione profetica del tempo veicolata dal simbolismo biblico».
Il termine, che come è noto costituisce anche il titolo dell’opera solitamente tradotta in italiano con La ripresa costituisce, in questa interessante e articolata analisi dell’A., il punto di vista privilegiato per gettare uno sguardo che è complessivo sull’opera kiergekaardiana, ma anche specifico sul ruolo che gli studi biblici hanno avuto nella definizione dell’elaborazione del pensiero di questo pensatore. Questa categoria infatti è pienamente comprensibile – questa la tesi qui difesa – sullo sfondo delle letture bibliche kierkegaardiane, a partire da quelle di Abramo e Giobbe.
Contrapposta esplicitamente, nelle pagine del filosofo danese, alla Vermittlung hegeliana, la «ripetizione» lavora infatti secondo il dispositivo della attualizzazione e analogia delle pagine scritturistiche con le vicende esistenziali. Non si dà, nella dialettica di una vita, possibilità di superiore conciliazione di opposti, ma solo, eventualmente, ripresa del senso che un tipo e una figura esemplare hanno già portato a compimento, secondo la tradizione ermeneutica del simbolismo biblico, di cui Tavilla sottolinea altresí il radicamento storico, piuttosto che cosmico-universale. Questo approccio, che viene svolto nel volume lungo tre capitoli, permette in primo luogo di offrire finalmente un germe di una nuova e possibile renaissance degli studi kierkegaardiani in Italia.
Dopo un discreto successo alcuni decenni or sono, infatti, gli studi su questo pensatore hanno purtroppo segnato negli ultimi anni un certo declino. Meritoriamente, il volume si pone in continuità o comunque in discussione con diversa letteratura critica anche straniera sull’argomento, permettendo quindi in certo modo di «riannodare i fili» di un discorso che sembra essere stato interrotto. Ma l’approccio e il punto di vista scelti da Tavilla permettono altresí di legare lo studio filosofico di Kierkegaard, mediante il rigoroso metodo dell’analisi dei testi e delle fonti, alla teologia e in particolare alla lettura della Bibbia. Si procede perciò a una contaminazione dell’aspetto filosofico e teologico – e di una teologia che è rivelata e biblica, non razionale o naturale: Kierkegaard risponde a Hegel facendo valere la Bibbia contro il sistema dei concetti; e il testo intende rimarcare, sulla scia di accenni svolti negli studi di Northrop Frye, che qui vengono ripresi e valorizzati – questa è la chiave per comprendere il volume di Tavilla – proprio come la fonte biblica abbia esercitato un ruolo decisivo sull’elaborazione filosofica e concettuale di Kierkegaard.
Nel primo capitolo si analizzano quindi la presenza ripetuta e ricorsiva del senso tipico in generale, sul cui sfondo si delinea l’interpretazione della categoria di Gjentagelse secondo la sua ispirazione biblica. Tre binomi strategici vengono evidenziati: Antico e Nuovo Testamento, giudaismo e cristianesimo, legge e grazia. Particolarmente meritoria, in questa analisi, ci sembra la disamina che l’A. conduce anche delle fonti teologiche su cui Kierkegaard si è formato, tra cui gli appunti dei corsi di teologia da lui seguiti. Com’è immaginabile, è in modo particolare il terzo binomio, ossia quello tra legge e grazia, a essere macroscopicamente piú presente nella riflessione di Kierkegaard, e che fornisce a Tavilla anche lo sfondo appropriato per impostare la descrizione della nota critica alla cristianità stabilita e istituzionale. Il capitolo secondo affronta invece piú direttamente la categoria di Gjentagelse, analizzandone le occorrenze nell’omonima opera, per poi estendere la riflessione sull’intero spettro degli scritti kierkegaardiani (e in particolare molta attenzione viene dedicata a Enten-Eller), a voler appunto dimostrare la tesi del ruolo centrale giocato da questa categoria; i suoi connotati peculiari vengono fatti emergere, tra l’altro, anche attraverso un confronto che ci appare molto interessante con la categoria affine, ma diversa, del «ricordo».
Nella ripresa, infatti, il passato viene spinto in avanti per ripeterlo in sé; mentre al contrario nel ricordo il sé si getta all’indietro per cercare di riafferrare il passato. Si tratta della contrapposizione tra una concezione pagana e una cristiana dell’esistenza. Infine, è la «cinetica» della ripresa a essere analizzata nel terzo capitolo: la ripresa infatti implica la possibilità di un divenire e di un passaggio che sono diversi da quelli della mediazione hegeliana. Non si fondano su una modalità logica, ma prendono seriamente in conto il senso del mutamento e della temporalità: per cui Kierkegaard sviluppa le sue note riflessioni intorno al «salto», che qui opportunamente vengono richiamate in causa. Pur risultando talvolta complesso distinguere, nella lettura di queste pagine, i livelli in cui le articolate analisi dell’A. si muovono (e se le descrizioni pertengano dunque di volta in volta a sue ipotesi interpretative, a letteratura critica o al testo kierkegaardiano stesso), da questo ricco percorso emerge di certo con chiarezza il ruolo paradigmatico della categoria di Gjentagelse lungo tutta l’opera del pensatore danese, e la conseguente necessità di re-impostare lo studio delle sue fonti bibliche secondo una modalità meno astrattamente statica, mettendone in luce il potere anche concettualmente generativo.
Si tratta quindi di un lavoro importante che, come detto, speriamo contribuirà a una vera e propria «ripresa» dell’interesse per Kierkegaard in Italia.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 3/2013
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)