(Carlo Maria Martini sul Corriere della Sera del 6 ottobre 2009)
"L'ordine è ciò che aiuta ad avere momenti di ripresa. Nell'ordine io ci metto una cosa molto importante che ho sempre praticato come vescovo. Una mezza giornata libera alla settimana, uscendo dalla parrocchia, dal luogo del nostro impegno, in cerca della solitudine e della preghiera. Respirare, dare un calcio a tutte le occupazioni quotidiane. Io andavo nei sentieri di montagna, da solo, camminando; là si respira molto e si torna con qualche idea più chiara. Una stradina di montagna. Dio ci avvolge e sgrana con noi un lento rosario. Il Padre nostro al fondo della decina è come un bivacco. Una sosta per ristorarsi e riprendere fiato, prima di ricominciare a salire."
Un estratto dal libro
Riflettiamo un momento sul brano del primo capitolo della Lettera ai Romani perché c’è un verbo che mi colpisce, ripetuto tre volte al versetto 24, poi al versetto 26 e infine al versetto 28: «Dio li ha abbandonati... ». Abbandonati all’impurità, abbandonati a passioni infami, abbandonati in balìa di una intelligenza depravata. Ciò significa che Dio non punisce, come pretende di spiegare Dante nell’ Inferno, con pene dirette, ma «abbandona». L’uomo abbandonato è capace di tutti i peggiori mali, perde il lume dell’intelletto, perde il senso dei valori morali. Questa è la storia del mondo, la storia del peccato. Tanto è vero che in un movimento ecclesiale che ho avuto modo di apprezzare, vi sono giovani che vanno in cerca di altri giovani per la strada, nei bar, nelle discoteche. Il loro modo di affrontare altri coetanei è molto semplice e molto coraggioso. Hanno una carica evangelizzatrice formidabile e il loro argomento fondamentale è «tu hai l’inferno nel cuore». Questi giovani sono allora spinti a chiedersi perché si sono lasciati sprofondare nel baratro della droga, della frustrazione, della noia e dell’apatia. Ricordo che parlavo con uno di questi ragazzi e gli chiedevo: «Ma tu quando avvicini un altro ragazzo sai già cosa dire?». «No, gli dico: io sono Giorgio, ciao. E tu chi sei? Poi si comincia il discorso ». Questi giovani evangelizzatori e «cercatori di uomini» partono dall’idea che l’abbandono di Dio, il suo allontanamento dal peccatore, crea sofferenza. San Paolo ha una parola precisa per dire questo, per esprimere questo senso di disagio e di malessere, che è l’aggancio a cui riferirsi per avvicinare questi giovani disorientati: «Tribolazione e angoscia per ogni uomo che opera il male, per il Giudeo prima e poi per il Greco» ( Romani 2, 9). Ci si avvicina all’oscurità e alla solitudine di questi ragazzi dicendo: «So che stai male e forse posso aiutarti ». E allora vengono offerte a questi giovani varie possibilità di aiuto: dalle comunità terapeutiche, ma anche soltanto l’amicizia o un sostegno per trovare insieme una luce in fondo al tunnel di degrado e di confusione mentale. Questo volevo dire commentando la parola di San Paolo «Dio li ha abbandonati». Il castigo è l’abbandono. La seconda considerazione che desidero fare è a partire da un passo degli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio che dice: «Chiederò per intercessione di Maria tre grazie: la prima di sentire il male dei miei peccati e detestarlo; la seconda di sentire il disordine delle mie operazioni per potermi ordinare in seguito; e la terza sentire la vanità del mondo per rimuoverla da me». Quindi Sant’Ignazio suppone che non c’è soltanto il peccato formale da confessare, ma c’è anche un disordine nella vita. Io vi invito a esaminarvi anche su questo disordine. Non è vero peccato, ma è un senso di confusione nell’esistenza. Mi pare che questo disordine sia soprattutto riferito a tre cose: disordine nell’orario , disordine negli impegni , disordine negli interessi . (...) Occorre arrivare a un certo ordine: quando vado a letto, quando mi alzo, quando dico l’Ufficio, quando faccio la meditazione, la lectio divina . Perché se no la vita è tutta regolata da urgenze, dal telefono, da internet, dalle chiamate degli altri. Uno poi si svuota. Invece l’ordine è quello che aiuta ad avere momenti di ripresa. Nell’ordine io ci metto una cosa molto importante che ho sempre praticato come vescovo. Una mezza giornata libera alla settimana, uscendo dalla parrocchia, dal luogo del nostro impegno, in cerca della solitudine e della preghiera. Respirare, dare un calcio a tutte le occupazioni quotidiane. Io andavo nei sentieri di montagna, da solo, camminando; là si respira molto e si torna con qualche idea più chiara. Una stradina di montagna. Dio ci avvolge e sgrana con noi un lento rosario. Il Padre nostro al fondo della decina è come un bivacco. Una sosta per ristorarsi e riprendere fiato, prima di ricominciare a salire. Abbiamo bisogno di bivacchi nel cammino della vita. Quindi l’ordine è molto importante. Non mi sento di lodare quei preti che mi dicono: «Io in settant’anni non ho mai preso un giorno di vacanza». Hanno fatto male, perché bisogna avere qualche giorno di stacco e di riposo ogni tanto, avere dei giorni in cui darsi al silenzio, al raccoglimento, alla preghiera, alla lettura. Gesù stesso lo ha chiesto ai suoi: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’» ( Marco 6, 31). Solitudine e silenzio sono elementi essenziali alla formazione di uno spirito profondo — o più semplicemente — umano. L’uomo del nostro tempo si ritrova, sovente, a vivere esistenze parallele: una esteriore, in cui appare sicuro di sé, disinvolto, professionalmente serio e comunicativo, ricco di hobby; una interiore, ben nascosta, piena di insicurezze, ansie, inquietudini e dubbi, connotata dall’incapacità di trovare vie d’uscita. A quanti non intendono rassegnarsi a tale stato di cose e desiderano ricreare unità tra il mondo interiore e quello esteriore, suggerisco un metodo efficace: fare silenzio dentro e intorno a sé per ritrovarsi a tu per tu con la Scrittura, che parla a «tutta» la persona e produce effetti benefici. Ho sperimentato che — anche in una breve sosta — la Parola è in grado di rigenerare il nostro umore e le nostre energie consumate dalla dispersione. Poche briciole di pane biblico ci nutrono di sapienza, illuminano il sentiero della vita e ci fanno conseguire un maggior equilibrio. La vita interiore va coltivata e aiutata anche con piccole cose molto concrete. Un quaderno dove appuntare quotidianamente i propositi, gli stati d’animo, gli eventi, le vittorie e le sconfitte... è uno strumento prezioso per non vivere alla giornata, ma lasciarsi accompagnare da Dio mettendo ai suoi piedi tutto, ma proprio tutto della nostra piccola e povera esistenza.
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Giovanna Bellati il 13 maggio 2022 alle 08:00 ha scritto:
Questo breve testo raccoglie le riflessioni proposte dal cardinale in occasione di un ritiro spirituale tenuto a dei sacerdoti. Le esemplificazioni e le situazioni che servono a illustrare il pensiero, infatti, riguardano sempre la vita ecclesiastica. Siamo nel 2009, Martini è nei suoi ultimi anni di vita, la malattia si è in lui già fortemente aggravata, come è chiaro dalle prime pagine del libro, dove sembra congedarsi dalle persone, dalle situazioni, dalle occupazioni che erano state per lui familiari. Il tema scelto è la Lettera ai romani di San Paolo, testo difficile ma sul quale vuole soffermarsi proprio perché non lo ha mai fatto prima e sente che questa è probabilmente l'ultima occasione. Buona parte della meditazione si concentra sul mistero del male, sulla lotta fra il bene e il male nella storia umana e nella vita delle persone, soprattutto sull'importanza della libera scelta dell'individuo a favore del bene. Leggendo queste pagine si ha talvolta l'impressione che gli argomenti e le espressioni usate siano un po' strane, poco consuete per lui, forse anche per l'affaticamento e le difficoltà di ogni genere che doveva affrontare. Però l'acutezza di certi commenti lascia sempre una viva impressione, come il riconoscimento della spiritualità di ogni gesto della vita quotidiana, anche il più
semplice e apparentemente insignificante, nel quale bisogna sentirsi immersi come se fosse sempre "l'avventura di una prima volta" (p. 85).