«Lei non vorrà dirmi che io sono un editore, sic et simpliciter, che prende un autore e lo stampa. Io sono uno sfruttatore degli autori, nel senso morale, accanitissimo». Così scriveva Neri Pozza in una lettera a Eugenio Ferdinando Palmieri che gli aveva spedito una sua raccolta di poesie. E non vi è forse definizione migliore di questa - «uno sfruttatore degli autori, nel senso morale, accanitissimo» - per dare ragione della complessa e affascinante figura di Neri Pozza editore. Colui che nel 1946 fondò a Venezia la casa editrice che porta tuttora il suo nome, lo scopritore di Goffredo Parise che ebbe modo di riunire attorno alla sua creatura i maggiori scrittori, poeti e saggisti del suo tempo (da Gadda a Buzzati, da Montale a Bontempelli, da Diano a Bettini), era un editore particolare che... "cercava di sfruttare in senso morale" i suoi autori. Pozza chiarì il senso di questa sua definizione in un'altra lettera - indirizzata a Primo Mazzolari, il prete partigiano - in cui scrisse: «L'autore deve temere solo di uscire dalla verità». Il carattere morale del lavoro editoriale era, infatti, ai suoi occhi nient'altro che questo: evitare che un autore esca dalla verità, e tradisca in tal modo l'onestà, la sincerità, la «necessità della sua stessa storia di scrittore». Per tener fede a questa idea, Pozza, come dimostra questa raccolta di scritti che riassume esemplarmente la sua attività di editore, non esitò a entrare in competizione coi suoi autori, a rimproverare, stimolare, emendare, suggerire «da artista ad artista», come osò scrivere a Dino Buzzati, mentre l'autore del "Deserto dei Tartari" componeva per la casa editrice "In quel preciso momento". Divisa in tre sezioni, questa raccolta offre una ricognizione critica delle principali collane create da Pozza; mostra una galleria di venticinque ritratti, o storie di autori e collaboratori, con i quali Pozza intrattenne rapporti di lavoro e di amicizia: dall'ebreo Jacchia, suo primo modello di editore, a Antonio Barolini, suo primo autore; da Vittore Gualandi, il suo tipografo preferito, a scrittori e poeti come Bontempelli, Alvaro, Buzzati e Parise, passando per saggisti quali Camerino, Izzo, Magagnato e Baratto; e presenta, infine, un'antologia di lettere in cui compaiono più esplicitamente le idee e i gusti letterari di uno dei maggiori protagonisti della cultura del Novecento.