Calvino punto di convergenza.
-Simbolismo e presenza reale nella Santa Cerra
(Dialoghi oltre il chiostro)EAN 9788849504514
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DETTAGLI DI «Calvino punto di convergenza.»
Tipo
Libro
Titolo
Calvino punto di convergenza. - Simbolismo e presenza reale nella Santa Cerra
Autore
Tosto Francesco D.
A cura di
Associazione Oltre il chiostro
Editore
Edizioni Scientifiche Italiane
EAN
9788849504514
Pagine
336
Data
2003
Collana
Dialoghi oltre il chiostro
COMMENTI DEI LETTORI A «Calvino punto di convergenza.»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Calvino punto di convergenza.»
Recensione di Ermanno Roberto Tura della rivista Studia Patavina
Titolo e sottotitolo del fitto volume esprimono con chiarezza la tesi che sottende la ricerca e la proposta di un appassionato studioso siciliano, docente di lettere nei licei e insegnante di storia della teologia protestante all’ISSR di Catania: mostrare nella teologia calviniana della santa Cena lo snodo linguistico e l’approccio dinamico culturale di possibile convergenza fra le confessioni cristiane. L’a., cattolico, dedica con riconoscenza la sua fatica ai genitori, ma nelle prime pagine del libro si fa presentare da due “angeli custodi” in grado di garantire un a priori favorevole alla lettura suo paziente studio. Infatti, con notevole sintesi, l’eminente pastore valdese P. Ricca enumera le tre scoperte importanti che la lettura del volume di Tosto consente di fare: il valore primario che Calvino assegna alla cena del Signore (sottolineando il ruolo primario dell’azione dello Spirito Santo), il dibattito eucaristico veemente e generalizzato nel protestantesimo europeo del secolo XVI, infine la tesi generosa e coraggiosa ma insieme pertinente e promettente espressa dall’a. già nel titolo del volume. Gli spunti più interessanti vengono limpidamente sintetizzati anche da R. Osculati, noto docente ordinario di Storia del Cristianesimo all’Università di Catania e direttore dell’ISSR catanese. Con tale “viatico” F. D. Tosto può offrire serenamente la sua proposta.
Preceduto da alcune avvertenze preliminari, il primo capitolo affronta lo studio de La santa cena nell’«Istituzione della religione cristiana»: tra simbolismo e presenza reale: si tratta di quaranta pagine indubbiamente interessanti almeno per un insegnante di teologia, perché vanno subito al cuore della questione della Cena come viene presentata nell’opera calviniana contenente la formulazione più vasta del pensiero di Calvino, maturata nel confronto non sempre facile con gli altri riformatori europei. Il concetto di sacramento del riformatore ginevrino supera nettamente l’orizzonte cosale medioevale della sostanza per sottolineare la persona e la categoria dell’incontro: lo studio dei Padri (di Agostino in particolare) permette a Calvino un’interpretazione duttile nel ridisegnare il sacramento come incontro interpersonale consolante tra Cristo e il credente, come dinamismo simbolico relazionale non privo di una forza intrinseca generatrice di vita. Il “distinguere senza separare” sembra proporsi al riformatore ginevrino come legge che invita al sursum corda orientante alla presenza di Cristo asceso al cielo: la distanza è colmata nel banchetto terreno dall’azione dello Spirito Santo, per cui va inteso in senso realistico l’aggettivo “spirituale” che si rifà all’azione dello Spirito Santo. Realismo e simbolismo convivono, necessari anche se dialettici, nella proposta calviniana sulla presenza reale sacramentale per opera dello Spirito: i segni non ingannano ma possiedono l’efficacia e la verità di cui l’uomo ha bisogno (cfr. p. 39). Fedele alla Scrittura e ai Padri, Calvino rifiuta la transustanziazione, concordando però con il realismo moderato di Tommaso; ricorre anche al termine “sostanza”, addirittura a volte «troppo enfaticamente» (p. 55); rifiuta anche la consustanziazione e l’ubiquità luterane, in base alla realtà dell’ascensione del Signore. In conclusione, Calvino si è tenuto lontano dal simbolismo zwingliano e dal realismo luterano, posizioni ritenute estremizzanti: va affermata una presenza, reale e spirituale nello stesso tempo, operata dallo Spirito Santo.
Sempre studiando La santa cena nell’«Istituzione della religione cristiana», nel secondo capitolo vengono messi a fuoco gli aspetti pneumatologici, ecclesiologici, escatologici. F.D. Tosto ha in queste pagine la possibilità di testimoniare ulteriormente il pensiero di Calvino e spiegare più puntualmente il ruolo efficace dello Spirito Santo: nell’unire ciò che è separato, lo Spirito trasforma gli elementi rendendoli corpo e sangue di Cristo e scende sui fedeli per renderli un solo corpo in Cristo (cf. p. 69). L’eucaristia prepara così la chiesa, ma è già chiesa dove l’invisibile è unito al visibile e i credenti si riconoscono in «un medesimo volere, un medesimo cuore, una medesima lingua» (p. 74). Anzi l’uomo, in una posizione di confine, entra in contatto con la realtà ultima in quanto possiede la presenza di Cristo risorto: il sursum corda caratterizza la santa cena tra ascensione e parusia, sottolineandone la prospettiva di movimento. Pur affermando la presenza di Cristo piena di benefici, Calvino nega l’adorazione dell’ostia, perché sulla linea dell’antica chiesa bisogna adorare il donatore, non il dono. Anche sul sacerdozio ordinato le posizioni si fanno critiche: Cristo non ha bisogno di sostituti; la critica tocca anche la messa come sacrificio, essendo essa solo frutto del sacrificio: la cena non va trasformata in messa.
Il capitolo terzo passa in veloce rassegna gli sforzi di Calvino per l’edificazione della chiesa ginevrina in Confessioni, Colloqui, Catechismi e Scritti vari, capaci di mettere a nudo anche gli “errori papali”, negli anni 1535-1547. In tale periodo negli scritti calviniani emergono le costanti più significative del suo pensiero: tuttavia nei colloqui e nella redazione delle confessioni di fede, pur di ottenere l’unità del protestantesimo, Calvino si adatta, concede e cede (nelle forme diplomatiche più che nella sostanza), difendendo la presenza pneumatica e dinamica del corpo e del sangue di Cristo corporalmente localizzato in cielo. Tale posizione è precisata nei catechismi e nel “Piccolo trattato della santa cena” scritto a Strasburgo sotto l’influsso di Bucero: una terminologia sacramentale forte coesiste con una terminologia debole (cfr. p. 111), evitando tuttavia termini della tradizione medioevale, come il contineri di Ugo di san Vittore, usati al concilio di Trento (pur anche là in senso dinamico).
Sull’importante vicenda e stesura del «Consensus Tigurinus» (anni 1548-1554) si sofferma il capitolo quarto per passare in rassegna i Commentari biblici (scritti da Calvino onde sostenere e nutrire le sue tesi nell’aspro confronto con le posizioni del riformatore di Zurigo Zwingli) e gli scritti propedeutici al Consensus. Nell’intera vicenda Bullinger, successore di Zwingli e amico di Calvino, è quello che alla fine concede di più, pur di formare un fronte comune riformato svizzero, concordando nel riconoscere un legame tra grazia e sacramento e una cooperazione dei sacramenti e dell’uomo con Dio (cf. p. 137).
Con i luterani di Germania il rapporto si inasprisce ne La controversia westphaliana affrontata nel quinto capitolo che richiama la lunga disputa ricca di punti caldi. La chiave del tutto è rappresentata dall’accento sullo Spirito Santo, che riunisce i dispersi e congiunge Cristo e le membra, come anche la verità ai segni. Ma Westphal si mostra più luterano di Lutero contro una possibile via intermedia, e la rottura delle chiese svizzere con le chiese sassoni è inevitabile.
Calvino muore nel 1564 ma il suo influsso dottrinale non si spegne. Il capitolo sesto ripassa a volo d’uccello gli scritti eucaristici delle chiese riformate in Europa dopo la scomparsa di Calvino, per poi richiamare la vasta rete di documenti di dialogo interconfessionale dei nostri decenni, dove l’influsso delle prospettive calviniane è tuttora presente. La conclusione di F. D. Tosto ribadisce con fermezza la convinzione iniziale, confortata da 200 pagine di studio. L’appendice porta, in latino e in traduzione italiana, i preziosi documenti del «Consensus Tigurinus», la bibliografia utile, le opere eucaristiche di Calvino e vari indici.
Affermare che abbiamo letto le 350 pagine complessive con profonda attenzione e un notevole coinvolgimento è dire una ovvietà che va a merito dell’Autore: che uno studioso cattolico del nostro Sud luminoso si appassioni ai testi di Calvino riportandone ampi stralci in lingua originale latina e francese (e dandone una attenta traduzione italiana in nota per le affermazioni in francese antico) non è cosa di tutti i giorni e merita particolare segnalazione nell’ambiente teologico italiano. Proprio nell’analitico accostamento ai testi calviniani chi scrive queste righe è convinto di aver molto imparato: senza dubbio le sfumature e le puntualizzazioni si rivelano preziose.
In vista di una possibile seconda edizione del bel testo vorremmo aggiungere qualche impressione accompagnata da qualche richiesta. F. D. Tosto è talmente innamorato della sua tesi che rivela troppa fretta nell’accostare ai testi calviniani affermazioni di teologi cattolici contemporanei o del recente magistero cattolico (la sensibilità ortodossa è completamente assente), con il rischio di un confronto senza distanza di sicurezza. Tale fretta porta anche a una interpretazione “benigna” di encicliche piuttosto “dure” verso le aperture contemporanee, come la Mysterium fidei di papa Paolo VI e (nell’ultima pagina) l’Ecclesia de Eucharistia del nostro papa: l’a. avrebbe trovato affermazioni molto più concordanti con la sua tesi leggendo con attenzione il versante cattolico nella trentina di affermazioni eucaristiche presenti nei documenti del Vaticano II. Metodologicamente perciò avremmo preferito una esegesi dei testi calviniani nettamente staccata da testi cattolici: il confronto, a nostro avviso, dovrebbe avvenire in un secondo momento. Ancora: sui testi ufficiali cattolici ci ha stupiti leggere in bibliografia a p. 320 l’elenco del Testi conciliari: dei quattordici documenti enumerati solo quattro appartengono a tale categoria; gli altri sono quasi tutti encicliche appartenenti a tempi e situazioni abbastanza diverse. Non si può fare di ogni erba un fascio: come i testi calviniani sono analiticamente letti nel loro progressivo contesto storico (e di questo diamo atto all’a. con notevole apprezzamento), altrettanto fa fatto per le affermazioni cattoliche del secolo appena tramontato. Analogamente abbiamo anche sofferto la fretta sui documenti interconfessionali degli ultimi decenni: l’a. ne dà poco più che un elenco ragionato, mettendoli insieme in allegra compagnia. Avendoli studiati con attenzione per motivi scolastici, chi firma questa segnalazione li ritiene degni di una sintesi magari concentrata ma anche ben ordinata e ben documentata, riservandoli magari per un’altra opera. Qualche altra sbavatura, che segnaliamo per dire l’attenzione della nostra lettura: a p. 204 il notevole documento luterano-cattolico del 1978 porta come titolo La Cena del Signore (Das Herrenmahl) che non si può tradurre L’eucaristia, come anche altri amici fanno: l’esattezza chiede anche queste attenzioni, mentre può forse restare opinabile parlare di eucarestia (come fa Tosto) anziché di eucaristia (come preferiamo noi, per fedeltà all’originale greco). Qualche sbaglio di stampa anche va evitato: ad esempio, a p. 8 l’unica citazione di una frase del sottoscritto porta, oltre al termine “Eucarestia”, una a al posto di una o che non ne precisa certo il senso (afferenti anziché offerenti), anche se il lettore intelligente può accorgersene. E può bastare così.
Abbiamo volutamente cercato di essere “cattivi”, come segno di stima sub contraria specie verso la fatica di F. D. Tosto. Ci rimane da ribadire la riconoscenza per il suo prezioso contributo a una rilettura positiva ed ecumenica di vicende, personaggi e testi che secoli fa furono motivo di rotture dolorose e controproducenti. Crediamo che la tesi di Tosto sia una lettura almeno possibile oltreché augurabile della teologia calviniana, anche se alla fine non riesce del tutto convincente, nonostante l’apparato critico indubbiamente ammirevole. La fatica si inserisce comunque in un molteplice sforzo di riconciliazione delle memorie, riconciliazione che ad esempio per il dialogo luterano cattolico in Germania fu tentata negli anni ’80 sotto la guida di K. Lehmann e W. Pannenberg. Anche il libro di F.D. Tosto merita di essere valorizzato in questo ampio orizzonte di speranza.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Preceduto da alcune avvertenze preliminari, il primo capitolo affronta lo studio de La santa cena nell’«Istituzione della religione cristiana»: tra simbolismo e presenza reale: si tratta di quaranta pagine indubbiamente interessanti almeno per un insegnante di teologia, perché vanno subito al cuore della questione della Cena come viene presentata nell’opera calviniana contenente la formulazione più vasta del pensiero di Calvino, maturata nel confronto non sempre facile con gli altri riformatori europei. Il concetto di sacramento del riformatore ginevrino supera nettamente l’orizzonte cosale medioevale della sostanza per sottolineare la persona e la categoria dell’incontro: lo studio dei Padri (di Agostino in particolare) permette a Calvino un’interpretazione duttile nel ridisegnare il sacramento come incontro interpersonale consolante tra Cristo e il credente, come dinamismo simbolico relazionale non privo di una forza intrinseca generatrice di vita. Il “distinguere senza separare” sembra proporsi al riformatore ginevrino come legge che invita al sursum corda orientante alla presenza di Cristo asceso al cielo: la distanza è colmata nel banchetto terreno dall’azione dello Spirito Santo, per cui va inteso in senso realistico l’aggettivo “spirituale” che si rifà all’azione dello Spirito Santo. Realismo e simbolismo convivono, necessari anche se dialettici, nella proposta calviniana sulla presenza reale sacramentale per opera dello Spirito: i segni non ingannano ma possiedono l’efficacia e la verità di cui l’uomo ha bisogno (cfr. p. 39). Fedele alla Scrittura e ai Padri, Calvino rifiuta la transustanziazione, concordando però con il realismo moderato di Tommaso; ricorre anche al termine “sostanza”, addirittura a volte «troppo enfaticamente» (p. 55); rifiuta anche la consustanziazione e l’ubiquità luterane, in base alla realtà dell’ascensione del Signore. In conclusione, Calvino si è tenuto lontano dal simbolismo zwingliano e dal realismo luterano, posizioni ritenute estremizzanti: va affermata una presenza, reale e spirituale nello stesso tempo, operata dallo Spirito Santo.
Sempre studiando La santa cena nell’«Istituzione della religione cristiana», nel secondo capitolo vengono messi a fuoco gli aspetti pneumatologici, ecclesiologici, escatologici. F.D. Tosto ha in queste pagine la possibilità di testimoniare ulteriormente il pensiero di Calvino e spiegare più puntualmente il ruolo efficace dello Spirito Santo: nell’unire ciò che è separato, lo Spirito trasforma gli elementi rendendoli corpo e sangue di Cristo e scende sui fedeli per renderli un solo corpo in Cristo (cf. p. 69). L’eucaristia prepara così la chiesa, ma è già chiesa dove l’invisibile è unito al visibile e i credenti si riconoscono in «un medesimo volere, un medesimo cuore, una medesima lingua» (p. 74). Anzi l’uomo, in una posizione di confine, entra in contatto con la realtà ultima in quanto possiede la presenza di Cristo risorto: il sursum corda caratterizza la santa cena tra ascensione e parusia, sottolineandone la prospettiva di movimento. Pur affermando la presenza di Cristo piena di benefici, Calvino nega l’adorazione dell’ostia, perché sulla linea dell’antica chiesa bisogna adorare il donatore, non il dono. Anche sul sacerdozio ordinato le posizioni si fanno critiche: Cristo non ha bisogno di sostituti; la critica tocca anche la messa come sacrificio, essendo essa solo frutto del sacrificio: la cena non va trasformata in messa.
Il capitolo terzo passa in veloce rassegna gli sforzi di Calvino per l’edificazione della chiesa ginevrina in Confessioni, Colloqui, Catechismi e Scritti vari, capaci di mettere a nudo anche gli “errori papali”, negli anni 1535-1547. In tale periodo negli scritti calviniani emergono le costanti più significative del suo pensiero: tuttavia nei colloqui e nella redazione delle confessioni di fede, pur di ottenere l’unità del protestantesimo, Calvino si adatta, concede e cede (nelle forme diplomatiche più che nella sostanza), difendendo la presenza pneumatica e dinamica del corpo e del sangue di Cristo corporalmente localizzato in cielo. Tale posizione è precisata nei catechismi e nel “Piccolo trattato della santa cena” scritto a Strasburgo sotto l’influsso di Bucero: una terminologia sacramentale forte coesiste con una terminologia debole (cfr. p. 111), evitando tuttavia termini della tradizione medioevale, come il contineri di Ugo di san Vittore, usati al concilio di Trento (pur anche là in senso dinamico).
Sull’importante vicenda e stesura del «Consensus Tigurinus» (anni 1548-1554) si sofferma il capitolo quarto per passare in rassegna i Commentari biblici (scritti da Calvino onde sostenere e nutrire le sue tesi nell’aspro confronto con le posizioni del riformatore di Zurigo Zwingli) e gli scritti propedeutici al Consensus. Nell’intera vicenda Bullinger, successore di Zwingli e amico di Calvino, è quello che alla fine concede di più, pur di formare un fronte comune riformato svizzero, concordando nel riconoscere un legame tra grazia e sacramento e una cooperazione dei sacramenti e dell’uomo con Dio (cf. p. 137).
Con i luterani di Germania il rapporto si inasprisce ne La controversia westphaliana affrontata nel quinto capitolo che richiama la lunga disputa ricca di punti caldi. La chiave del tutto è rappresentata dall’accento sullo Spirito Santo, che riunisce i dispersi e congiunge Cristo e le membra, come anche la verità ai segni. Ma Westphal si mostra più luterano di Lutero contro una possibile via intermedia, e la rottura delle chiese svizzere con le chiese sassoni è inevitabile.
Calvino muore nel 1564 ma il suo influsso dottrinale non si spegne. Il capitolo sesto ripassa a volo d’uccello gli scritti eucaristici delle chiese riformate in Europa dopo la scomparsa di Calvino, per poi richiamare la vasta rete di documenti di dialogo interconfessionale dei nostri decenni, dove l’influsso delle prospettive calviniane è tuttora presente. La conclusione di F. D. Tosto ribadisce con fermezza la convinzione iniziale, confortata da 200 pagine di studio. L’appendice porta, in latino e in traduzione italiana, i preziosi documenti del «Consensus Tigurinus», la bibliografia utile, le opere eucaristiche di Calvino e vari indici.
Affermare che abbiamo letto le 350 pagine complessive con profonda attenzione e un notevole coinvolgimento è dire una ovvietà che va a merito dell’Autore: che uno studioso cattolico del nostro Sud luminoso si appassioni ai testi di Calvino riportandone ampi stralci in lingua originale latina e francese (e dandone una attenta traduzione italiana in nota per le affermazioni in francese antico) non è cosa di tutti i giorni e merita particolare segnalazione nell’ambiente teologico italiano. Proprio nell’analitico accostamento ai testi calviniani chi scrive queste righe è convinto di aver molto imparato: senza dubbio le sfumature e le puntualizzazioni si rivelano preziose.
In vista di una possibile seconda edizione del bel testo vorremmo aggiungere qualche impressione accompagnata da qualche richiesta. F. D. Tosto è talmente innamorato della sua tesi che rivela troppa fretta nell’accostare ai testi calviniani affermazioni di teologi cattolici contemporanei o del recente magistero cattolico (la sensibilità ortodossa è completamente assente), con il rischio di un confronto senza distanza di sicurezza. Tale fretta porta anche a una interpretazione “benigna” di encicliche piuttosto “dure” verso le aperture contemporanee, come la Mysterium fidei di papa Paolo VI e (nell’ultima pagina) l’Ecclesia de Eucharistia del nostro papa: l’a. avrebbe trovato affermazioni molto più concordanti con la sua tesi leggendo con attenzione il versante cattolico nella trentina di affermazioni eucaristiche presenti nei documenti del Vaticano II. Metodologicamente perciò avremmo preferito una esegesi dei testi calviniani nettamente staccata da testi cattolici: il confronto, a nostro avviso, dovrebbe avvenire in un secondo momento. Ancora: sui testi ufficiali cattolici ci ha stupiti leggere in bibliografia a p. 320 l’elenco del Testi conciliari: dei quattordici documenti enumerati solo quattro appartengono a tale categoria; gli altri sono quasi tutti encicliche appartenenti a tempi e situazioni abbastanza diverse. Non si può fare di ogni erba un fascio: come i testi calviniani sono analiticamente letti nel loro progressivo contesto storico (e di questo diamo atto all’a. con notevole apprezzamento), altrettanto fa fatto per le affermazioni cattoliche del secolo appena tramontato. Analogamente abbiamo anche sofferto la fretta sui documenti interconfessionali degli ultimi decenni: l’a. ne dà poco più che un elenco ragionato, mettendoli insieme in allegra compagnia. Avendoli studiati con attenzione per motivi scolastici, chi firma questa segnalazione li ritiene degni di una sintesi magari concentrata ma anche ben ordinata e ben documentata, riservandoli magari per un’altra opera. Qualche altra sbavatura, che segnaliamo per dire l’attenzione della nostra lettura: a p. 204 il notevole documento luterano-cattolico del 1978 porta come titolo La Cena del Signore (Das Herrenmahl) che non si può tradurre L’eucaristia, come anche altri amici fanno: l’esattezza chiede anche queste attenzioni, mentre può forse restare opinabile parlare di eucarestia (come fa Tosto) anziché di eucaristia (come preferiamo noi, per fedeltà all’originale greco). Qualche sbaglio di stampa anche va evitato: ad esempio, a p. 8 l’unica citazione di una frase del sottoscritto porta, oltre al termine “Eucarestia”, una a al posto di una o che non ne precisa certo il senso (afferenti anziché offerenti), anche se il lettore intelligente può accorgersene. E può bastare così.
Abbiamo volutamente cercato di essere “cattivi”, come segno di stima sub contraria specie verso la fatica di F. D. Tosto. Ci rimane da ribadire la riconoscenza per il suo prezioso contributo a una rilettura positiva ed ecumenica di vicende, personaggi e testi che secoli fa furono motivo di rotture dolorose e controproducenti. Crediamo che la tesi di Tosto sia una lettura almeno possibile oltreché augurabile della teologia calviniana, anche se alla fine non riesce del tutto convincente, nonostante l’apparato critico indubbiamente ammirevole. La fatica si inserisce comunque in un molteplice sforzo di riconciliazione delle memorie, riconciliazione che ad esempio per il dialogo luterano cattolico in Germania fu tentata negli anni ’80 sotto la guida di K. Lehmann e W. Pannenberg. Anche il libro di F.D. Tosto merita di essere valorizzato in questo ampio orizzonte di speranza.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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