Cristianesimo
"Chi dice la gente che io sia?" (Mc 8, 27).
A duemila anni dalla nascita di Gesù di Nazareth, studiosi cristiani e non cristiani concordano sull’unicità della tipologia del fenomeno sorto in una lontana provincia dell’impero romano: il Cristianesimo risultò una rivoluzione. Si noti, però: esso non fu una rivoluzione. Fu "la" rivoluzione.
Scriveva Benedetto Croce, il maggiore filosofo idealista del Novecento, non cristiano, nel 1942: “E le rivoluzioni e le scoperte che lo seguirono nei tempi moderni, in quanto non furono particolari e limitate al modo delle loro precedenti antiche, ma investivano tutto l’uomo, l’anima stessa dell’uomo, non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, cui spetta il primato, perché l’impulso originario fu e perdura il suo” (in: La Critica, n. 40).
Cerchiamo di approfondire. Il primo tratto rivoluzionario fu questo: l’annuncio del radicale mutamento che doveva spiantare dalle basi il mondo antico e rimetterlo su nuove fondamenta sgorgò dalle labbra di una fanciulla povera, vissuta in un misero villaggio della Galilea. Maria di Narareth. Per un impulso non umano, seguendo un’ispirazione che la trascendeva in quanto piccola creatura, donna e per giunta ebrea, Maria preannunzia nel Magnificat l’operato di Gesù, la lotta contro i superbi - la deposizione dei potenti e l’esaltazione degli umili -, il capovolgimento epocale che il Figlio suo scatenerà una volta per sempre nella storia dell’umanità, obbedendo al mandato di Dio, suo Padre: “i primi saranno gli ultimi, gli ultimi i primi”; “chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà umiliato”.
Ancora nell’Ottocento, un re, scaturito da una rivoluzione, Luigi Filippo, figlio di Philippe Egalité, trovava il Magnificat sovversivo. Il secondo elemento rivoluzionario è costituito dalla persona stessa di Gesù: egli stesso si è presentato come segno di contraddizione. Egli è la Vita contro la morte, la Luce contro le tenebre, la Verità contro la menzogna, il Cristo contro il mondo.
Il Messia atteso dalle genti viene nel segno dell’umiltà: non è ricco, non è potente. In un mondo dove potenza e ricchezza generano miseria e schiavitù, egli si presenta “mite e umile di cuore”.
Ma tanto basta per far di lui il segno di contraddizione può forte che la storia abbia conosciuto: “O con me o contro di me”, e chi non è contro di lui è, per sua stessa indicazione, con lui. I venti secoli che sono trascorsi sono un’interrotta sequenza di prove: la rivoluzione cristiana, anche se spesso fraintesa o addirittura strumentalizzata dagli uomini, continua a scorrere nelle arterie profonde dell’umanità, fino agli ultimi capillari, recando la domanda decisiva: “E voi chi dite che io sia?”. Da questa domanda siamo partiti perché l’oggi della storia umana viene ancora interpellato da Cristo e, in un certo senso, l’oggi siamo noi, ciascuno di noi. Per comprendere fino in fondo la specificità del Cristianesimo bisogna però entrare nel vivo dell’esperienza cristiana. Gli incontri tra Gesù e i vari personaggi evangelici rivelano un dato decisivo. La persona è posta di fronte ad un evento: incontrare Gesù non è incontrare un uomo qualsiasi. Il suo messaggio provoca alla scelta: aprire il cuore e riconoscere nella sua persona il Signore, il Messia, il Salvatore dell’umanità.
Si tratta di accogliere il suo messaggio di salvezza (e "la salvezza" che è Lui: “il Regno di Dio è giunto in mezzo a voi”), o rifiutare. E il segno della salvezza: la Croce. "In nessun altro c'è salvezza" (At 4, 12), confermerà Pietro, restituito alla sua vocazione - dopo il triplice rinnegamento - dal Risorto, in Gerusalemme. Egli, per primo, accoglie la persona che gli sta davanti nella sua totalità, senza badare a etichette religiose, sociali, etniche.
Se l’uomo, la donna, il giovane rispondono con l'adesione della fede diventano suoi discepoli; se lo ascoltano con interesse, riscoprono la dignità umana che avevano smarrito o che era stata loro negata.
Persone malate, ferite nel corpo e nella psiche, gente alla ricerca di un senso per la propria vita, guardate o toccate da lui, scoprono un nuovo modo di guardare a sé stessi, agli altri, al mondo, alla vita. E’ la testimonianza dei numerosi “innamorati di Cristo”: i Santi.
Attorno a lui, la realtà non resta mai quella di prima. Così, anche attorno a loro le situazioni sociali cambiano: i poveri vengono accolti, i malati curati, gli ignoranti istruiti, i disperati tornano a dare un significato alla propria vita. E' la vicenda di venti secoli di Cristianesimo. Le tante ombre di questa storia mirabile (caccia alle streghe, lotte tra cattolici e protestanti,...) non riescono ad oscurare la bellezza accesa nel tempo dai campioni della vita cristiana di ieri e di oggi.
Ognuno può sperimentare la gioia di essere coivolto da Lui in prima persona, reso partecipe della sua stessa vita; ognuno può diventare protagonista, insieme ai compagni di cammino, di un’affascinante avventura umano-divina. Il Cristo non è più fisicamente presente tra gli uomini. Lo è spiritualmente, e cioè realmente, per chi crede: "è risorto, come aveva detto!", è l'annuncio sconvolgente che da venti secoli inonda di speranza il mondo. "Il Dio misericordioso 'si dà', si manifesta soltanto nella risurrezione del crocifisso" (Rowan Williams, Resurrezione, Qiqajon, 2004, p. 36). E' presente innanzitutto nella Parola che comunica ai credenti l’appello a realizzare la stessa pacifica rivoluzione. Essa porta l’uomo a vincere la paura, ogni paura, e gli dà la forza di andare controcorrente, in una società che offre ben altri modelli.
Il Signore Gesù, vivo e spiritualmente presente nella comunità dei credenti, la Chiesa, è il Risorto che la raduna e la stabilisce nell'unità attraverso il dono del Pane eucaristico, sacramento - insieme alla sua Parola - della sua presenza. Il Cristo è ancora presente, nonostante l'ambiguità di chi - cristiano - ciò ancora non riconosce, nella storia dei poveri, delle vittime della violenza e dell'ingiustizia con le quali Dio si identifica (cf. Rowan Williams, cit., p. 37). Egli è presente inoltre nel dono che alla Chiesa ha fatto dello Spirito, per la cui forza essa non cessa di testimoniare a tutti l’amore del Padre che lo ha mandato agli uomini come loro Salvatore. Con una promessa: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla consumazione del tempo” (cf. Mt 28, 20).
[articolo di Claudio A. Bosco]
A duemila anni dalla nascita di Gesù di Nazareth, studiosi cristiani e non cristiani concordano sull’unicità della tipologia del fenomeno sorto in una lontana provincia dell’impero romano: il Cristianesimo risultò una rivoluzione. Si noti, però: esso non fu una rivoluzione. Fu "la" rivoluzione.
Scriveva Benedetto Croce, il maggiore filosofo idealista del Novecento, non cristiano, nel 1942: “E le rivoluzioni e le scoperte che lo seguirono nei tempi moderni, in quanto non furono particolari e limitate al modo delle loro precedenti antiche, ma investivano tutto l’uomo, l’anima stessa dell’uomo, non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, cui spetta il primato, perché l’impulso originario fu e perdura il suo” (in: La Critica, n. 40).
Cerchiamo di approfondire. Il primo tratto rivoluzionario fu questo: l’annuncio del radicale mutamento che doveva spiantare dalle basi il mondo antico e rimetterlo su nuove fondamenta sgorgò dalle labbra di una fanciulla povera, vissuta in un misero villaggio della Galilea. Maria di Narareth. Per un impulso non umano, seguendo un’ispirazione che la trascendeva in quanto piccola creatura, donna e per giunta ebrea, Maria preannunzia nel Magnificat l’operato di Gesù, la lotta contro i superbi - la deposizione dei potenti e l’esaltazione degli umili -, il capovolgimento epocale che il Figlio suo scatenerà una volta per sempre nella storia dell’umanità, obbedendo al mandato di Dio, suo Padre: “i primi saranno gli ultimi, gli ultimi i primi”; “chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà umiliato”.
Ancora nell’Ottocento, un re, scaturito da una rivoluzione, Luigi Filippo, figlio di Philippe Egalité, trovava il Magnificat sovversivo. Il secondo elemento rivoluzionario è costituito dalla persona stessa di Gesù: egli stesso si è presentato come segno di contraddizione. Egli è la Vita contro la morte, la Luce contro le tenebre, la Verità contro la menzogna, il Cristo contro il mondo.
Il Messia atteso dalle genti viene nel segno dell’umiltà: non è ricco, non è potente. In un mondo dove potenza e ricchezza generano miseria e schiavitù, egli si presenta “mite e umile di cuore”.
Ma tanto basta per far di lui il segno di contraddizione può forte che la storia abbia conosciuto: “O con me o contro di me”, e chi non è contro di lui è, per sua stessa indicazione, con lui. I venti secoli che sono trascorsi sono un’interrotta sequenza di prove: la rivoluzione cristiana, anche se spesso fraintesa o addirittura strumentalizzata dagli uomini, continua a scorrere nelle arterie profonde dell’umanità, fino agli ultimi capillari, recando la domanda decisiva: “E voi chi dite che io sia?”. Da questa domanda siamo partiti perché l’oggi della storia umana viene ancora interpellato da Cristo e, in un certo senso, l’oggi siamo noi, ciascuno di noi. Per comprendere fino in fondo la specificità del Cristianesimo bisogna però entrare nel vivo dell’esperienza cristiana. Gli incontri tra Gesù e i vari personaggi evangelici rivelano un dato decisivo. La persona è posta di fronte ad un evento: incontrare Gesù non è incontrare un uomo qualsiasi. Il suo messaggio provoca alla scelta: aprire il cuore e riconoscere nella sua persona il Signore, il Messia, il Salvatore dell’umanità.
Si tratta di accogliere il suo messaggio di salvezza (e "la salvezza" che è Lui: “il Regno di Dio è giunto in mezzo a voi”), o rifiutare. E il segno della salvezza: la Croce. "In nessun altro c'è salvezza" (At 4, 12), confermerà Pietro, restituito alla sua vocazione - dopo il triplice rinnegamento - dal Risorto, in Gerusalemme. Egli, per primo, accoglie la persona che gli sta davanti nella sua totalità, senza badare a etichette religiose, sociali, etniche.
Se l’uomo, la donna, il giovane rispondono con l'adesione della fede diventano suoi discepoli; se lo ascoltano con interesse, riscoprono la dignità umana che avevano smarrito o che era stata loro negata.
Persone malate, ferite nel corpo e nella psiche, gente alla ricerca di un senso per la propria vita, guardate o toccate da lui, scoprono un nuovo modo di guardare a sé stessi, agli altri, al mondo, alla vita. E’ la testimonianza dei numerosi “innamorati di Cristo”: i Santi.
Attorno a lui, la realtà non resta mai quella di prima. Così, anche attorno a loro le situazioni sociali cambiano: i poveri vengono accolti, i malati curati, gli ignoranti istruiti, i disperati tornano a dare un significato alla propria vita. E' la vicenda di venti secoli di Cristianesimo. Le tante ombre di questa storia mirabile (caccia alle streghe, lotte tra cattolici e protestanti,...) non riescono ad oscurare la bellezza accesa nel tempo dai campioni della vita cristiana di ieri e di oggi.
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