Come la Bibbia divenne un libro
-La testualizzazione dell'antico Israele
(Books)EAN 9788839928641
Indice
Prefazione 5
1. Come la Bibbia divenne un libro 9
2. Il potere numinoso della scrittura 41
3. La scrittura e lo Stato 55
4. La scrittura nell'antico Israele 75
5. Ezechia e l'inizio della letteratura biblica 99
6. Giosia e la rivoluzione testuale 137
7. Come la Tôrah divenne un testo 177
8. Scrivere durante l'esilio 207
9. La scrittura all'ombra del tempio 245
10. Epilogo 289
Indicazioni di lettura per l'approfondimento 317
Abbreviazioni 319
Indice biblico 323
Indice tematico 331
Indice dei nomi 341
Scritto non solo per lo specialista, ma anche per il lettore curioso, il vol. affronta in maniera originale l'interrogativo su quando la Bibbia ebraica è stata scritta. La risposta comune colloca l'impresa durante i periodi persiano ed ellenistico, quindi fra il V e il II secolo a.C. Ma scoperte archeologiche recenti e nuove prospettive dell'antropologia linguistica suggeriscono d'arretrare il tempo della formazione della scrittura della Bibbia ebraica nella parte finale dell'età del ferro, e cioè fra l'VIII e il VI secolo a.C. «Ciò che qui sosterrò è che uno dei momenti più importanti nella storia della parola scritta sia avvenuto nell'antico Israele quando essa si diffuse oltre gli stretti limiti dell'ambiente degli scribi di palazzo e del tempio? quando dei testi scritti cominciarono, per la prima volta nella storia dell'uomo, ad avere un'autorità religiosa e culturale».
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 22
(http://www.ilregno.it)
Talvolta, le domande più spontanee restano quelle più inevase! È il caso di dirlo anche in merito alla Bibbia, di cui sovente ci si chiede chi sia/no l’autore/i, quando sia stata realizzata e, soprattutto, perché. Questi interrogativi ineriscono questioni di carattere dogmatico come l’ispirazione, la verità, la canonicità del Testo Sacro; argomenti questi che hanno trovato ampia trattazione nei manuali di teologia e di introduzione alla Sacra Scrittura. Il contributo offerto da William M. Schniedewind, docente di studi biblici e di lingue semitiche e direttore del Dipartimento di lingue e culture del Vicino Oriente all’Università della California, parte dal presupposto che «la domanda “Quando fu scritta la Bibbia?” sia più appropriata che non un anacronistico interesse per gli autori della Bibbia. Questa domanda non solo darà una maggiore comprensione della Bibbia come letteratura, ma aprirà anche una prospettiva sulla non facile transizione dell’antico Israele verso una cultura del testo scritto».
Lo studioso statunitense ritiene che la letteratura biblica fu messa per iscritto in gran parte nel periodo che va dall’VIII al VI secolo a.C., vale a dire nel periodo che va da Isaia a Geremia. La ricerca proposta dall’autore si muove anche nella direzione del perché la Bibbia fu messa per iscritto; infatti, è vero che non è sufficiente raccontare un fatto, ma occorre anche dare ragione della sua esistenza. Schniedewind parte dal dato che l’antico Israele fu per lungo tempo una cultura orale; con l’insorgere di un testo scritto come la Bibbia, traspare un progressivo slittamento da una cultura orale a una società testuale. Egli pone particolare attenzione nel delineare un tale sviluppo, verificando le implicazioni per la ricerca del contesto storico e sociale delle origini dei testi biblici. I risultati dei recenti studi antropologici e sociolinguistici sono combinati con l’esplorazione delle singole circostanze storiche che hanno favorito la produzione dei libri biblici. Schniedewind è convinto, infatti, che l’introduzione della testualità nella questione del quando e perché è stata redatta la Bibbia ponga seriamente in discussione la datazione dei testi biblici, fatta risalire dagli studiosi al periodo persiano ed ellenistico, tra il V e il II secolo a.C.
Così, dopo aver esaminato il ruolo limitato della scrittura nel Vicino Oriente nel secondo millennio, Schniedewind verifica che il periodo monarchico offre una gran quantità di materiale archeologico e letterario che attesta la rapida fioritura della scrittura e della letteratura. Inoltre, l’urbanizzazione della società giudaica, la crescita di Gerusalemme e l’espansione del potere regale fungono da catalizzatori per la formazione delle tradizioni letterarie. Successivamente alla caduta del Regno del Nord, ipotizza l’autore, Ezechia ha contribuito a forgiare un’ideologia politica centrata sulla restaurazione dell’età dell’oro della monarchia unita che «doveva essere testualizzata dalla collezione, composizione e dalla pubblicazione della letteratura degli scribi regali di Ezechia». Nel contesto di quest’eredità letteraria, egli colloca gran parte della letteratura sapienziale, i profeti scrittori dell’- VIII secolo, la prima edizione della storia deuteronomistica e significative porzioni del Pentateuco. L’analisi del periodo esilico e postesilico mette in questione la convinzione secondo la quale il periodo persiano avesse costituito la culla della fioritura letteraria all’interno della quale collocare gran parte della produzione biblica.
Schniedewind pensa piuttosto al periodo persiano come il tempo durante il quale gran parte dei libri biblici sono collezionati e redatti nella loro forma finale. Infine, egli esamina l’impatto dei risultati del suo studio rispetto all’oralità e alla testualità nel tardo giudaismo del Secondo Tempio e nella prima cristianità. L’opera di Schniedewind rappresenta un atteso cambio nella discussione della composizione della Bibbia. Sebbene gli studiosi possano cavillare in merito ad alcune delle sue ricostruzioni delle circostanze storiche o alle conclusioni riguardanti la datazione dei singoli libri, il lavoro è sicuramente la più completa trattazione dell’oralità e della testualità nell’antico Israele e le concomitanti implicazioni circa la formazione della Bibbia.
Tratto dalla rivista Asprenas n. 1-2/2010
(http://www.pftim.it)
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