L’11 e il 13 aprile 1770 sotto la volta michelangiolesca della Cappella Sistina si ritrovarono, tra le decine e decine di presenti avvolti nel suggestivo buio della liturgia pasquale, due uomini: un ragazzino già prodigioso e destinato a fama immortale, e uno di cui la Storia non avrebbe ritenuto nemmeno il nome, se non ne fosse stata ora scoperta una traccia in un manoscritto della Biblioteca Apostolica Vaticana (Capp. Sist. Diari 193). Il prodigio era Wolfgang Amadeus Mozart, lo scampato all’oblio Carlo Cristofari da Novara. I due si sarebbero incontrati nuovamente qualche sera più tardi in occasione di un mondanissimo ricevimento romano, quando si sarebbero conosciuti di persona e nello stupore generale avrebbero discorso per qualche tempo, loro due soli, in tono di immediata complicità, per poi non rivedersi mai più; ma il danno era ormai fatto. La nuova fonte manoscritta, incrociata con la cronaca e i documenti del tempo, e con l’epistolario mozartiano, permette finalmente una ricostruzione più dettagliata e vivida del celebre affaire della trascrizione a memoria, effettuata dal quattordicenne Mozart, del Miserere di Gregorio Allegri, di cui era assolutamente proibita ogni divulgazione e che veniva eseguito due volte l’anno ed esclusivamente dai Cantori della Cappella Sistina, di cui Cristofari, ex virtuoso di musica, da appena un mese era entrato a far parte. Attorno a questo episodio, scintillante di genio e di irriverenza, ruotano i personaggi più diversi: dal nuovo pontefice agli osti di Roma, dal castrato Farinelli a ministri e ambasciatori, da spie e sbirri a vecchie glorie del teatro lirico europeo, a cardinali e biscazzieri. E poi le estenuanti controversie sindacali dei cantori sistini, storie di raccomandazioni e di impresentabili, preghiere e suppliche per il bel tempo e per la pioggia, stipendi e regalie, esecuzioni musicali e multe, e un ricchissimo corredo di editti e di divieti a impedire tanto i giochi invernali quanto i refrigeri estivi. Fino all’ignobile gogna che sabato 31 marzo 1770 ha attraversato la città tra insulti e lanci di verdura marcia e merda in una Roma ostinatamente refrattaria a ogni Illuminismo. Fondata su documenti d’archivio, perlopiù inediti e dunque capaci di renderla autorevole e imprescindibile da un punto di vista critico, questa ricostruzione storica si legge come un romanzo, leggero, vivace e anche impertinente, come non sarebbe dispiaciuto al suo protagonista.