Emanuele Notarbartolo, ex sindaco di Palermo, ex direttore del Banco di Sicilia (allora tra i maggiori istituti bancari d'Italia), esponente di spicco della Destra storica, aristocratico, uomo con fama di onestà specchiata, fu ucciso il 1° febbraio 1893 sul treno che lo riportava a casa dalle sue terre di Termini Imerese. Fu il primo cadavere eccellente di Cosa nostra. Mandante, l'onorevole Raffaele Palizzolo, poi incredibilmente assolto, che il politologo Gaetano Mosca descriveva così: «Egli accoglieva tutti, prometteva a tutti, stringeva a tutti la mano, chiacchierava infaticabilmente con tutti», prototipo di tutti i futuri politici collusi. Notarbartolo pagava con la vita l'essersi messo in mezzo negli affari della rampante borghesia mafiosa. Ma contemporaneamente la sua morte, fortemente simbolica, apriva una nuova fase nel potere mafioso che migliorava la sua posizione sociale e incrementava i rapporti con lo stato. Una sporca storia della Palermo Felicissima dei Florio, nella realtà assai meno immacolati che nel loro mito. In quella banca era stato un risanatore di crediti facili agli amici e di buchi di bilancio per speculazioni di potenti. Era quindi un bersaglio isolato, un elemento evidentemente anomalo nella storia fatale di una città e di un'isola destinate, sembra, a coniugare più o meno sempre lo sviluppo con l'affarismo politico criminale. Il figlio Leopoldo scrisse questa memoria (finora inedita nella sua stesura integrale), poi stampata in pochi esemplari nel 1949, quando il ricordo del padre rischiava di spegnersi. Storia di un uomo onesto in un'Italia che lo diventava sempre meno, il libro ha soprattutto il merito di soffermarsi con forza drammatica sui due aspetti che fanno di quella prima vittima «d'alta mafia» una vicenda tremendamente attuale. Primo, l'eterna (come illustra Antonio Calabrò nella sua galleria degli scandali bancari italiani) lotta senza quartiere tra un banchiere custode del comune interesse in crescente isolamento, e i comitati d'affari politico criminali in ascesa. Secondo, la vicenda processuale di una famiglia sola che si scontra con i muri di gomma e i depistaggi di una malagiustizia a protezione dei potenti e con lo stuolo degli ipocriti complici intorno. Con una nota di Antonio Calabrò.