"Emilio Isgrò scrive in copertina con il gessetto, come su una lavagna, la parola 'Autocurriculum', dopo aver cancellato con la manica della giacca la scritta 'Autobiografia'. Con questo teatrale sabotaggio di un genere letterario, si innalza sopra il personaggio omonimo che, dentro il libro, tra le righe d'inchiostro di una finzione curriculare, si fa viandante 'alla costante ricerca di un lavoro' e del sentimento del mondo. Trova quindi, l'autore in copertina, l'agio di affacciarsi, dall'alto della sua postazione straniata, sulla 'avventurosa vita' del proprio doppio letterario che, passo dopo passo, finisce per convertire il fittizio tracciato burocratico della sua carriera nelle peripezie vissute e briosamente raccontate di un vero romanzo picaresco: il resoconto nega se stesso per infiltrarsi e riconfigurarsi in una trama fascinosamente narrativa che ha tutti i diritti della realtà. Isgrò segue, con vibrazioni di compiacimento e con il dito che scorre sul piano sempre più largo di una carta geografica, le vicissitudini del personaggio scalpitante di vita, e vorace di esperienze, che tanto gli somiglia. Lo accompagna sin dalla nascita in una Sicilia che conserva un'antica aura fiabesca. Gli va dietro lungo le strade del mondo. Lo scorta negli incontri con una 'generazione di giganti' che hanno nomi araldici: John Fitzgerald Kennedy e Peggy Guggenheim; Luciano Berio, Luigi Nono, Cathy Berberian e John Cage; Umberto Eco, Gillo Dorfles e Douglas Hofstadter; Arnaldo Pomodoro, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Enrico Baj e Bruno Munari; De Chirico e Guttuso; Pound, Palazzeschi, Montale, Quasimodo, Zanzotto, Lucio Piccolo, Bartolo Cattati; Vittorini, Calvino, Fortini, Comisso, Volponi, Buzzati, Bianciardi, Sciascia, Consolo, Pontiggia. L'elenco è vertiginoso. L'artista Isgrò che si racconta, e viene sornionamente osservato dall'omonimo titolare della copertina, è uomo di teatro; e affianca alla 'attività di poetale scrittore quella di artista visivo'. E uno dei grandi protagonisti dell'arte contemporanea. E il celebre scrittore-cancellatore. Racconta, in uno dei tanti piccoli e incantevoli teatri quotidiani che si aprono nel libro, un incontro con Toni Negri: 'Parlammo ovviamente di rivoluzione: io convinto che le mie cancellature fossero più che sufficienti per abbattere definitivamente il capitalismo, lui persuaso che fosse più utile la lotta armata con il passamontagna calato sulla testa. Così l'incomprensione fu tale che non sentimmo mai più il bisogno di rivederci'." (Salvatore Silvano Nigro)