Giuseppe Lazzati. Amare il finito nell'infinito
(Coscienza/Studi)EAN 9788838239502
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Con questi limiti confessati fin dall’inizio dall’a. stesso (e uno svarione nella nota a p. 31 che promuove starez Alioscia, il giovane Karamazov discepolo dello starez Zozima, nel famoso romanzo di Dostoevskij), le duecento pagine offerte dall’amico Piersandro Vanzan si rivelano decisamente preziose. Chi firma questa segnalazione ha letto con attenzione partecipe e quasi commossa particolarmente la prima parte, la più corposa: la biografia di Giuseppe Lazzati permette, almeno all’attento lettore cattolico italiano che non ha più vent’anni, di ripercorrere in filigrana la propria vicenda spirituale ed ecclesiale, ovviamente “si licet parva componere magnis”. La devozione al Sacro Cuore, l’influsso di Pier Giorgio Frassati «l’uomo delle otto beatitudini», le coordinate spirituali lazzatiane che ne fanno uno starez occidentale sui generis cioé una eccellente guida spirituale e culturale di taglio mounier-maritainiano nel coniugare il trinomio Mondo-Chiesa-Regnum Dei, il collaudo del Lager in Germania e in Polonia da giovane ufficiale degli alpini prigioniero tra prigionieri, le due anime di «un politico suo malgrado», una vita per l’Università Cattolica nel diuturno tentativo di coniugare fede e cultura (col desiderio ribadito e inesaudito di una Facoltà teologica dentro la Cattolica), la controversia teologica sull’indole secolare propria dei fedeli laici intra ed extra moenia della Chiesa, le varie diaconie intraecclesiali di Lazzati: sono titoletti che, ricamati adeguatamente da P. Vanzan, fanno risaltare la figura di un gigante che non ha mai apprezzato discorsi elogiativi, ma che le 4400 pagine di biografia e altrettante di testimonianze del processo diocesano milanese sull’eroicità delle virtù del servo di Dio G. Lazzati confermano ad appena dieci anni dalla morte (18 maggio 1986; processo chiuso dal card. C. M. Martini nella basilica di S. Ambrogio il 14 dicembre 1996). Tra le righe Vanzan lascia chiaramente intuire le obiettive difficoltà che molti (e non solo i “pigmei”) ebbero nei confronti di Lazzati, uomo profetico ma mai lontano dalla realtà storica, instancabile animatore caratterizzato dal “distinguere ma per unire”, dal moto pendolare onde evitare eccessive fughe in avanti o nostalgici ritorni alla societas christiana, innamorato della Costituzione italiana e del concilio Vaticano II dove percepiva l’eco degli antichi Padri del cristianesimo: con l’amarezza (che mai sfocia nello scoraggiamento) degli ultimi anni di vita nel constatare il deficit culturale nella scarsa ricezione dei documenti conciliari e nella superficialità delle occasioni storiche perdute in Italia e nella Chiesa italiana.
La seconda parte del volume porta gli aggiornamenti bibliografici, quasi “corone” di patristica memoria in grado di raccogliere i gesti testimoniali del cristiano commemorato. Cinquanta pagine ripercorrono in altro modo i tratti salienti della biografia attraverso le opere di e su Lazzati, riproponendo di nuovo la fisionomia spirituale e culturale del suo progetto e del suo metodo per una «nuova maturità» del laicato, purtroppo misconosciuta anche nella vita della Chiesa postconciliare: «essere “vicari” di Dio nell’opera cominciata dal Logos creatore che fece del caos iniziale un ammirevole cosmo, e portata a compimento dal Logos redentore, che riparò il nuovo caos prodotto dal peccato, ordinandolo nel nuovo cosmo della creazione nuova operata con la morte e risurrezione del nuovo Adamo» (p. 134). Le pubblicazioni dicono anche la perdurante attualità di Lazzati nella sua teologia e spiritualità del laicato e nella sua molteplice diaconia nell’edificare una polis migliore.
La terza parte riporta tre conferenze di Vanzan tenute alla associazione «Città dell’uomo» a Roma nel 1996, alla pontificia Università Gregoriana nel 2001 e a Fidenza il 24 novembre 2002: confermano la diuturna attenzione che p. Vanzan presta alla figura di G. Lazzati.
Specie nelle note (talora più interessanti del testo) l’a. usa a volte i verbi al futuro: quei verbi contengono indicazioni discrete ma precise di piste meritevoli di ulteriore approfondimento specie da parte di giovani ricercatori in grado di approfondire aspetti storico-teologici di posizioni lazzatiane tuttora in penombra. Un contributo in tal senso è dato già dall’elenco bibliografico conclusivo delle opere di e su Lazzati (pp. 205-208), dove purtroppo vengono omesse le opere di carattere più scientifico, legate alla sua cattedra universitaria.
Conclusivamente il grazie a p. Vanzan va motivato: se Giuseppe Lazzati può essere correttamente definito dallo studioso gesuita come «uno starez occidentale sui generis» nel senso di animatore ed edificatore di cristiani, le duecento pagine del volume possono concretizzare anche per un insegnante di teologia una autentica lectio spiritualis edificante nel senso più intenso del termine. Dunque benedetta l’insistenza del dott. A. Oberti nel “pretendere” questo testo (cf. p. 15), con la speranza che p. Vanzan possa riprendere più avanti il materiale e riproporne una edizione più amalgamata e ulteriormente documentata.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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