Afonso Cruz conduce il lettore tra le pagine di scrittori dell'età antica, come Plutarco, e di quella contemporanea, come Amos Oz, Cartarescu e Faciolince, passando da Wharton, Kafka e Lorca, invitandolo a rendersi conto di far parte di una comunità tanto antica quanto attuale: quella accomunata dal vizio delle pagine scritte e delle storie. L'autore ha la straordinaria capacità di unire la leggerezza della raccolta di racconti i capitoli sono molto brevi a un tono profondo tipico del saggio, supportato da un apparato di note. La scrittura di Cruz è asciutta, intima e immediata: parla al lettore,ad esempio quando racconta le proprie esperienze di scrittore, che si tratti dei Libri che ci sposano o della storia del lettore galeotto. Cruz parte dalla lettura per parlarci della nostra condizione esistenziale di uomini, di uomini-lettori, come quando afferma: «Aprire un libro vuol dire aprire persone ed esplorare il nostro mondo attraverso l'esperienza degli altri. ... I personaggi dei libri che leggiamo sono il mezzo di trasporto per raggiungere ciò che non siamo, o meglio, ciò che siamo senza essere. Credo che questa nozione sia fondamentale: essere profondamente ciò che non siamo». Ne Il vizio ritroviamo i temi già trattati nel romanzo I libri che divorarono mio padre, ad esempio il ruolo salvifico e allo stesso tempo nefasto dei libri, come nel caso dello scrittore Al-Jahiz e del pianista Charles-Valentin Alkan, entrambi morti per essere stati schiacciati dal peso - non metaforico - dei propri libri. O gli attentati compiuti contro i libri, come quello della via Al-Mutanabbi, a Bagdad, una strada piena di librerie dove nel 2007 ci fu un attacco suicida. La lettura è qui concepita come un processo capace di cambiare ogni lettore grazie al potere di trasformazione dei libri. Alla fine del libro si ha voglia (come sempre, con Afonso Cruz) di leggere tutti gli autori citati nell'appendice bibliografica, il volume è inoltre impreziosito da opere d'arte sui libri e la lettura dal Medioevo al Novecento