INTRODUZIONE A GENESI 12-50
Questo volume è dedicato all'esegesi cristiana antica, o interpretazione, della storia dei Patriarchi, cioè le storie di Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe che troviamo in Genesi 12-50. Gli autori cristiani nel IV secolo usavano già ampiamente la parola greca nirjoic, che significa «tirare fuori il significato di un passo», per descrivere il processo attraverso il quale interpretavano la Scrittura. Da un punto di vista moderno, come vedremo, essi spesso leggevano un nuovo significato piuttosto che «tirare fuori» il significato originale. L'interpretazione cristiana della storia dei Patriarchi cominciò già negli scritti che vennero a completare il Nuovo Testamento. Di questi i più importanti per il nostro studio sono le lettere di Paolo, che impiega la figura di Abramo in Galati, Romani e 2 Corinzi.
INTERPRETAZIONE DELLA STORIA DEI PATRIARCHI DA PAOLO A ORIGENE
Esegesi neotestamentaria
In Galati, replicando ad oppositori che insistevano riguardo l'osservanza della legge mosaica, Paolo propone un'antitesi fra «le opere della Legge» e «l'ascolto per mezzo della fede», di cui Abramo rappresenta un esempio: Abramo credette in Dio, e ciò gli fu calcolato a giustizia (Gal 3, 6). Apparentemente anche gli oppositori di Paolo avevano fatto appello ad Abramo come uomo di fede e modello di obbedienza alla Legge. Paolo, però, è in grado di separare la fede di Abramo dalla questione della Legge, poiché la promessa fatta in Genesi 12 ad Abramo, che rispondeva all'appello nella sua fede, precede la menzione della legge della circoncisione, uno dei punti principali di discussione con i galati. In Gal 3, 8-9 Paolo sostiene che la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i gentili per mezzo della fede, predicò il vangelo in anticipo ad Abramo, dicendo "In te tutti i popoli saranno benedetti". Secondo Paolo la promessa fatta ad Abramo anticipa la buona nuova, secondo cui la giustificazione viene attraverso la fede in Gesù Cristo. Poi citando Dt 27, 26, Ab 2, 4 e Lv 18, 5, Paolo sostiene che compiere le opere della Legge non porta giustizia. In Gal 3, 13 egli afferma che Cristo ci redime dalla maledizione della Legge, che è diventata per noi una maledizione, per il fatto che pende da un albero, e mostra che la benedizione di Abrama è discesa sui gentili spostamenti della Legge ( Gal 3,14). Questa benedizione, precedentemente intesa come la terra e i discendenti, diviene ora la promessa dello Spirito attraverso la fede. Paolo usa poi un procedimento esegetico piuttosto comune nell'interpretazione cristiana antica, che potrebbe essere riassunto come «ogni dettaglio può essere reso importante». Egli sostiene, sulla base del singolare della parola «seme» in Gn 12, 7 che la promessa non era fatta al popolo ebraico in generale, inteso come i discendenti di Abramo, ma ad uno solo, ...che è Cristo (Gal 3, 16).
Paolo sviluppa questo argomento facendo appello ad un numero di altri testi per spiegare che la Legge era una misura temporanea, valida solo fino al compimento della promessa in Cristo. La promessa è stata ora compiuta. Il vero punto di partenza di Paolo nel suo argomento e nella sua esegesi sta nel fatto che una nuova età è così cominciata, o piuttosto che l'età finale (l'eschaton) è stata rivelata con la resurrezione di Cristo. Questa interpretazione di Abramo e della promessa costituisce un nuovo distacco che avrà una profonda influenza sullo sviluppo dell'interpretazione cristiana delle Scritture.
Un altro distacco radicalmente nuovo è costituito dall'interpretazione allegorica di Paolo della storia di Sara e Agar in Gal 4, 21 - 5, 1. In essa Agar viene interpretato come simbolo del patto di schiavitù, la Legge, mentre Sara rappresenta il patto di libertà. Il figlio dello schiavo era nato secondo la carne, il figlio della donna libera attraverso la promessa. Paolo afferma esplicitamente: Questa è un'allegoria; e aggiunge che Agar rappresenta il monte Sinai in Arabia (il luogo dove la Legge fu promulgata), e che questo corrisponde anche con l'attuale città di Gerusalemme, cioè il centro del giudaismo. Sara invece corrisponde alla Gerusalemme celeste. È implicita l'idea che la Gerusalemme celeste è stata rivelata attraverso la resurrezione di Gesù. Paolo conclude che i galati sono figli della promessa come Isacco, e che vengono ora perseguitati da coloro che sono nati secondo la carne, proprio come al tempo di Isacco Ismaele. A giustificazione egli cita Gn 21, 10: Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non deve essere erede insieme al figlio della donna libera (Gal 4, 30). L'introduzione da parte di Paolo di un'interpretazione allegorica nell'interpretazione del testo della Genesi influenzò grandemente Origene (vedi sotto) ed altri esegeti della scuola alessandrina, che considerarono Paolo come l'interprete per eccellenza delle Scritture dell'Antico Testamento.
In Romani Paolo ritorna alla figura di Abramo. Sotto molti aspetti la Lettera ai Romani rappresenta un'esposizione meno polemica e più accuratamente sviluppata dell'argomento già usato in Galati. In Rm 3, 21-31 Paolosostiene che tutti hanno peccato, sia che avessero o non avessero la legge, e che la giustificazione, sia per i giudei che peri gentili, viene attraverso la fede in Gesù. In Rm 4 egli introduce Abramo come il nostro progenitore secondo la carne. Come in Calati il testo principale ad essere interpretato è Gn 15, 6: Abramo credette in Dio, e ciò gli fu calcolato a giustizia. Di nuovo l'argomento di Paolo è basato sul fatto che la promessa Alla tua discendenza darò questa terra (Gn 12, 7) sia precedente alla legge sulla circoncisione in Genesi 17, così come lo è l'affermazione di Gn 15, 6, secondo la quale Abramo credette e ciò gli fu calcolato a giustizia, che Paolo interpreta nel senso che fu giustificato attraverso la fede. In Romani; con l'aiuto del Salmo 32, 1-2 (dove anche il termine «calcolare» viene usato), Paolo spiega che i giudei ed i gentili sono giustificati attraverso la fede, e che la promessa è per coloro che partecipano alla fede di Abramo.
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Stefano MACRINO, stefano_macrino@yahoo.it il 21 marzo 2021 alle 19:11 ha scritto:
Il testo, per importanza, è uno dei tre libri (Genesi) che meglio apre alla meditazione in virtù di una importante e sostanziale esegetica.