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La percezione della forma. Fenomenologia e cristologia in Hegel
(Contributi di teologia)EAN 9788831132916
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DETTAGLI DI «La percezione della forma. Fenomenologia e cristologia in Hegel»
Tipo
Libro
Titolo
La percezione della forma. Fenomenologia e cristologia in Hegel
Autore
Coda Piero
Editore
Città Nuova
EAN
9788831132916
Pagine
112
Data
gennaio 2007
Peso
132 grammi
Dimensioni
13 x 20 cm
Collana
Contributi di teologia
COMMENTI DEI LETTORI A «La percezione della forma. Fenomenologia e cristologia in Hegel»
Recensioni di riviste specialistiche su «La percezione della forma. Fenomenologia e cristologia in Hegel»
Recensione di Francesco De Carolis della rivista Studia Patavina
Nel complesso dell’opera hegeliana la Fenomenologia dello Spirito ha un valore che la filosofia e la storiografia filosofica contemporanea hanno sempre più evidenziato rispetto ad altri momenti del pensiero hegeliano che, forse per la loro sistematicità, sembrano parlare meno alla coscienza contemporanea.
Paradossale è, infatti, la stessa collocazione della Fenomenologia dello Spirito che, come ricorda Vincenzo Vitiello, unisce verità e storicità, logica e narrazione secondo un prospettiva che si ritrova anche nell’ermeneutica filosofica contemporanea. La Fenomenologia dello Spirito è, insieme, una propedeutica al sistema e una sua parte. Tutto il suo complesso svolgimento trascende il soggettivismo per mettersi sul piano di un pensiero che si sviluppa nella realtà, ne affronta le sfide e i drammi, apre la coscienza finita all’orizzonte infinito, ma non svincola illusoriamente tale consapevolezza dalla storia e dalla comunità degli uomini.
Perciò, ponendosi oltre il rigido formalismo e il trascendentalismo, Hegel pone le basi per un ripensamento profondo delle categorie filosofiche e teologiche.
In dialogo con Vincenzo Vitiello, Piero Coda, che ha già dedicato ad Hegel parte significativa del suo impegno di studioso e di teologo, si inserisce in un ambito di ricerche e di studi che caratterizza la riflessione teologica italiana e ci porta a collegare questo testo con i saggi di A. Rizzi, A. Bertellutti, P.A. Sequeri.
Si tratta di un testo che ripropone una serie di lezioni tenute presso l’Istituto italiano per gli studi filosofici nel 2004 e che ha come punti di riferimento dialogico molti studi sulla determinazione del rapporto tra la Fenomenologia dello spirito e la teologia di J.F. Courtine, J. L. Chrétiene, P. Ricoeur (p. 17). Il discorso procede secondo tre direzioni, quello della cristicità della forma, della percezione della forma e della realizzazione della forma. Questo andamento non deve essere inteso come una partizione triadica in un senso più o meno rigido e meccanico, ma come uno svolgimento trinitario.
Infatti, secondo Coda, occorre un ripensamento della filosofia hegeliana e della cristologia. Per ricordare la centralità dell’evento cristologico, dobbiamo segnalare che il termine forma va spogliato del suo aspetto empiristico o anche solo naturalistico. Tale termine va distanziato anche dalla nozione platonica di forma che ci porterebbe a vedere il divino, l’essenza e la perfezione come staccati dalla realtà e in una relazione che fugge la dimensione del tempo.
Invece, la forma, così come è qui proposta, ha proprio i caratteri dell’ eventualità e della storicità. Essa è il risultato vivo di un processo che, dall’interno, anima la storia e si pone oltre la semplice cronologia, oltre gli eventi staccati e separati ed oltre un’apparente concatenazione priva di un senso che la guidi.
Insomma, Hegel cerca un senso della storia nella storia stessa, si interroga sull’inserzione del divino nell’umano e dell’umano nel divino. Questa inserzione non avviene mediante categorie ferme e totalizzanti, statiche o comunque rigide, ma prende forma nella figura cristologica. Infatti, non si può separare la forma dal dramma, poiché non c’è forma umana e vita reale senza dolore. Una forma che volesse eliminare il dolore, la finitudine, la problematicità sarebbe fredda e fuorviante, così come sarebbe disperante la resa alla finitudine priva di aspirazione alla forma e alla ricomposizione. Perciò, nello sviluppo dell’opera hegeliana, si esprime il desiderio di una rivelazione che sia capace di dare un senso umano alla comunità.
La figura del Cristo è centrale in questo percorso in cui si rivela, con Hegel ed oltre la sua filosofia, tutta la ricchezza della Trinità divina. D’altra parte, Piero Coda sottolinea cha «da qui deriva una conseguenza a mio avviso primigenia e basilare per comprendere l’obiettivo e il percorso della Fenomenologia. Essa, infatti, è l’approccio necessario e indispensabile per cogliere la natura della forma che come tale si esibisce nell’evento cristologico. Come, di converso, e in prima istanza, è l’evento cristologico che rende possibile e perciò necessaria una pertinente fenomenologia della forma» (p. 28).
Perciò, bisogna anche notare che «L’essenza è forma e la forma è il suo darsi in figura (gestalt), co-relazione strutturale del Dasein e della sua Vor-stellung, la vicenda della forma è nella drammatica delle figure in cui essa s’esprime e che giunge al compimento di sé, nell’atto in cui la forma si dà nella figura che rende disponibile la comprensione di sé come forma» (pp. 33-34).
A questo punto va anche aggiunto che l’evento cristologico (p. 37) non è tale se è un semplice dato. Esso si realizza, invece, in una percezione che, non essendo solo riproduzione del dato, è anche o soprattutto comprensione. Dunque, tale comprensione non è una conoscenza ferma o un dato intellettualistico, ma è consapevolezza dell’evento e del senso. Per questo, si deve anche dire che essa non è estranea e separata dall’evento.
Insomma, la Fenomenologia è atto primo e punto di partenza vivo del «sistema della scienza». Da tutto ciò viene riconfermata la vitalità di quest’opera che il Coda analizza in molti momenti significativi. Si pensi alle questioni del linguaggio e della dialettica dell’autocoscienza, che fanno emergere la tematica della forma nel suo senso attivo e spirituale. Non a caso la forma si manifesta nella dimensione della comunità, del perdono, della reciprocità e della plurilateralità del rapporto spirituale: «la forma, in quanto darsi del Wesen nella figura singolare del Cristo, accade e risplende - irrompe cioè nel Da-sein - producendone con ciò stesso l’Erscheinung - solo là ove le libertà reciprocamente si riconoscono in quell’amore che conosce e intenzionalmente vive la misura cristica del morire a sé per l’altro. Ivi è il luogo della percezione compiuta della forma. Ivi è il luogo ove può e deve nascere il vero sapere che è il sapere del vero: quello che concepisce l’essenza non come sostanza, ma come soggetto» (p. 75).
Un ulteriore aspetto di questa valida ricerca è l’analisi di tematiche, come quelle espresse nel capitolo quarto, che aprono ad un ripensamento e ad interessanti convergenze tra la filosofia hegeliana e la stessa filosofia della rivelazione di Schelling. Come acutamente ha scritto M. Donà, «l’ultimo non è il primo, ma ciò che il primo, pur restando primo, presuppone. Si potrebbe aprire così - penso -, e precisamente a partire da quest’annuncio, un confronto con lo Schelling della filosofia positiva e della rivelazione. E ancor più con l’istanza posta definitivamente al pensiero dell’essere dal darsi di Dio in Gesú Cristo» (p. 103).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2008, nr. 2
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
Paradossale è, infatti, la stessa collocazione della Fenomenologia dello Spirito che, come ricorda Vincenzo Vitiello, unisce verità e storicità, logica e narrazione secondo un prospettiva che si ritrova anche nell’ermeneutica filosofica contemporanea. La Fenomenologia dello Spirito è, insieme, una propedeutica al sistema e una sua parte. Tutto il suo complesso svolgimento trascende il soggettivismo per mettersi sul piano di un pensiero che si sviluppa nella realtà, ne affronta le sfide e i drammi, apre la coscienza finita all’orizzonte infinito, ma non svincola illusoriamente tale consapevolezza dalla storia e dalla comunità degli uomini.
Perciò, ponendosi oltre il rigido formalismo e il trascendentalismo, Hegel pone le basi per un ripensamento profondo delle categorie filosofiche e teologiche.
In dialogo con Vincenzo Vitiello, Piero Coda, che ha già dedicato ad Hegel parte significativa del suo impegno di studioso e di teologo, si inserisce in un ambito di ricerche e di studi che caratterizza la riflessione teologica italiana e ci porta a collegare questo testo con i saggi di A. Rizzi, A. Bertellutti, P.A. Sequeri.
Si tratta di un testo che ripropone una serie di lezioni tenute presso l’Istituto italiano per gli studi filosofici nel 2004 e che ha come punti di riferimento dialogico molti studi sulla determinazione del rapporto tra la Fenomenologia dello spirito e la teologia di J.F. Courtine, J. L. Chrétiene, P. Ricoeur (p. 17). Il discorso procede secondo tre direzioni, quello della cristicità della forma, della percezione della forma e della realizzazione della forma. Questo andamento non deve essere inteso come una partizione triadica in un senso più o meno rigido e meccanico, ma come uno svolgimento trinitario.
Infatti, secondo Coda, occorre un ripensamento della filosofia hegeliana e della cristologia. Per ricordare la centralità dell’evento cristologico, dobbiamo segnalare che il termine forma va spogliato del suo aspetto empiristico o anche solo naturalistico. Tale termine va distanziato anche dalla nozione platonica di forma che ci porterebbe a vedere il divino, l’essenza e la perfezione come staccati dalla realtà e in una relazione che fugge la dimensione del tempo.
Invece, la forma, così come è qui proposta, ha proprio i caratteri dell’ eventualità e della storicità. Essa è il risultato vivo di un processo che, dall’interno, anima la storia e si pone oltre la semplice cronologia, oltre gli eventi staccati e separati ed oltre un’apparente concatenazione priva di un senso che la guidi.
Insomma, Hegel cerca un senso della storia nella storia stessa, si interroga sull’inserzione del divino nell’umano e dell’umano nel divino. Questa inserzione non avviene mediante categorie ferme e totalizzanti, statiche o comunque rigide, ma prende forma nella figura cristologica. Infatti, non si può separare la forma dal dramma, poiché non c’è forma umana e vita reale senza dolore. Una forma che volesse eliminare il dolore, la finitudine, la problematicità sarebbe fredda e fuorviante, così come sarebbe disperante la resa alla finitudine priva di aspirazione alla forma e alla ricomposizione. Perciò, nello sviluppo dell’opera hegeliana, si esprime il desiderio di una rivelazione che sia capace di dare un senso umano alla comunità.
La figura del Cristo è centrale in questo percorso in cui si rivela, con Hegel ed oltre la sua filosofia, tutta la ricchezza della Trinità divina. D’altra parte, Piero Coda sottolinea cha «da qui deriva una conseguenza a mio avviso primigenia e basilare per comprendere l’obiettivo e il percorso della Fenomenologia. Essa, infatti, è l’approccio necessario e indispensabile per cogliere la natura della forma che come tale si esibisce nell’evento cristologico. Come, di converso, e in prima istanza, è l’evento cristologico che rende possibile e perciò necessaria una pertinente fenomenologia della forma» (p. 28).
Perciò, bisogna anche notare che «L’essenza è forma e la forma è il suo darsi in figura (gestalt), co-relazione strutturale del Dasein e della sua Vor-stellung, la vicenda della forma è nella drammatica delle figure in cui essa s’esprime e che giunge al compimento di sé, nell’atto in cui la forma si dà nella figura che rende disponibile la comprensione di sé come forma» (pp. 33-34).
A questo punto va anche aggiunto che l’evento cristologico (p. 37) non è tale se è un semplice dato. Esso si realizza, invece, in una percezione che, non essendo solo riproduzione del dato, è anche o soprattutto comprensione. Dunque, tale comprensione non è una conoscenza ferma o un dato intellettualistico, ma è consapevolezza dell’evento e del senso. Per questo, si deve anche dire che essa non è estranea e separata dall’evento.
Insomma, la Fenomenologia è atto primo e punto di partenza vivo del «sistema della scienza». Da tutto ciò viene riconfermata la vitalità di quest’opera che il Coda analizza in molti momenti significativi. Si pensi alle questioni del linguaggio e della dialettica dell’autocoscienza, che fanno emergere la tematica della forma nel suo senso attivo e spirituale. Non a caso la forma si manifesta nella dimensione della comunità, del perdono, della reciprocità e della plurilateralità del rapporto spirituale: «la forma, in quanto darsi del Wesen nella figura singolare del Cristo, accade e risplende - irrompe cioè nel Da-sein - producendone con ciò stesso l’Erscheinung - solo là ove le libertà reciprocamente si riconoscono in quell’amore che conosce e intenzionalmente vive la misura cristica del morire a sé per l’altro. Ivi è il luogo della percezione compiuta della forma. Ivi è il luogo ove può e deve nascere il vero sapere che è il sapere del vero: quello che concepisce l’essenza non come sostanza, ma come soggetto» (p. 75).
Un ulteriore aspetto di questa valida ricerca è l’analisi di tematiche, come quelle espresse nel capitolo quarto, che aprono ad un ripensamento e ad interessanti convergenze tra la filosofia hegeliana e la stessa filosofia della rivelazione di Schelling. Come acutamente ha scritto M. Donà, «l’ultimo non è il primo, ma ciò che il primo, pur restando primo, presuppone. Si potrebbe aprire così - penso -, e precisamente a partire da quest’annuncio, un confronto con lo Schelling della filosofia positiva e della rivelazione. E ancor più con l’istanza posta definitivamente al pensiero dell’essere dal darsi di Dio in Gesú Cristo» (p. 103).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2008, nr. 2
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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Don Paolo Rossolini il 12 gennaio 2022 alle 12:21 ha scritto:
La percezione della Forma, in Hegel, significa qualche cosa di più rispetto ad una indagine fenomenlogica. In questo senso, il dialogo tra teologia e filosofia hegeliana ha ancora molto da dire per il valore euristico che l'incrocio tra le due possono fornire.