L'inculturazione della prassi sacramentaria: una traduzione?
(Gestis Verbisque)EAN 9788830812130
È con vero coraggio che l’Istituto teologico marchigiano ha affrontato questa tematica dando vita al III Seminario specialistico di Teologia sacramentaria nel IV Centenario della morte di padre Matteo Ricci. L’occasione del centenario ricciano è stata per l’Istituto motivo per toccare uno degli aspetti che da tempo sta portando avanti e che rientra nello specifico della specializzazione assunta come caratterizzante la propria missio.
L’inculturazione della prassi sacramentaria è una questione di gesti e di parole da tradurre: questo il pensiero di Matteo Ricci. Da qui lo specifico del Seminario che cerca di rispondere agli interrogativi: quanto può l’esperienza della traduzione aiutare a comprendere ciò che accade quando si celebra il sacramento in un’altra cultura? I gesti sono traducibili come le parole? Esiste un intraducibile? La traduzione non comporta anche un contraccolpo per la cultura di partenza? Dinanzi a queste domande permane un dato di fatto: la trasmissione della fede è un’esperienza di traduzione nel tempo e nello spazio dal momento che si tratta di un particolare e unico fenomeno di assimilazione.
Di fronte a questo insieme di aspetti, ben puntualizzati nella Presentazione di M. Florio sotto il titolo: Inculturazione come traduzione? Genesi dell’ipotesi di lavoro: alcune annotazioni, si muovono i vari contributi organizzati secondo tre prospettive. Le «aperture» anzitutto: La Bibbia come «anima della teologia» (A. Gasperoni); Norma normata: traduzioni patristiche (B.S. Zorzi); L’evento della traduzione, comunicazione della fede nel rapporto tra le culture (P. Coda). Gli «sguardi» contemplano questi interventi: La traduzione, esperienza di dialogo tra culture: traduzione, esperienza e invenzione (C. Canullo); Matteo Ricci e la torre di Babele (A. Chiricosta); Se Matteo Ricci fosse sbarcato in Madagascar… La sacramentaria del 3o millennio: una tradizione in cerca di traduzione (C. Giraudo); Per ritus et preces transducere. Peripezie interculturali della forma, della materia e del ministro del sacramento (A. Grillo); Identità culturale - trasmissione - esperienza iniziatica (M. Sardella). Infine due «orizzonti»: Una parola ha detto Dio, due ne ho udite (Sal 62,12) (R. Virgili); Inculturazione e traduzione. Il significato di mimesis (F. Giacchetta). Il confronto con i contributi considerati singolarmente, ma anche nella globalità dell’orizzonte in cui sono stati pensati e realizzati, rinvia a uno degli aspetti che oggi – come sempre del resto! – toccano in modo particolare la vita delle Chiese ma anche la riflessione teologica.
Il cammino percorso in questo periodo postconciliare e alcuni decisivi documenti ufficiali hanno potuto individuare riflessioni e percorsi di cui non è ancora facile trarre delle conclusioni. Ne è, tra l’altro, un segno eloquente la questione relativa alle traduzioni liturgiche, sollevata dall’Istruzione Liturgiam authenticam (28 marzo 2001), in cui il ricorso alla traduzione letterale dei testi per il culto impone una linea problematica rispetto alla cultura di cui la lingua è espressione. Il confronto comunque con le posizioni espresse dagli autori costituisce un momento di particolare richiamo non tanto e solo riferito al tradurre un testo quanto soprattutto al tradurre un messaggio gestis verbisque!
Tratto da "Rivista Liturgica" n. 4/2012
(http://www.rivistaliturgica.it)