Il dono efficace
-Rito e sacramento
[Libro in brossura]EAN 9788830810600
La chiave di lettura sul tema «rito e sacramento» è quella antropologica, di quell’antropologia liturgica che «si occupa del rito ossia di quell’azione con la quale la comunità ecclesiale si apre al mistero divino» e del sacramento come contemporaneità polare di «segno e azione». Tale unità bipolare di reciproca comprensione permette di accogliere il mistero di Dio nel corpo della Chiesa e nel corpo dei fedeli come dono la cui efficacia non è garantita (soltanto) dalle modalità di accoglienza ma dall’autenticità del Donatore: «Il sacramento è l’atto e la coscienza del dono di Dio».
Il discorso è in un percorso a tre cammini: «La fede e il corpo», «La parola nel contesto rituale del sacramento», «I percorsi rituali». Con un’ampia bibliografia e la bella edizione, caratteristica di questa collana e casa editrice. L’approccio antropologico rende originale la scrittura, le considerazioni e fa superare quella quotidianità noiosa che spesso connota non pochi studi di ripetizione usurante e usurata di parole sulla liturgia. Ripetizione qui intese non come «quella modalità primaria con la quale i riti mantengono la connessione tra il passato e il presente» (p. 150); molto dense e significanti le pagine su «la consistenza rituale della parola: la parola ripetuta (il rito e la scrittura), la parola originaria (il rito come scrittura), la parola potente (il rito come azione), la parola coinvolgente nella qualità ergologica (il rito come azione)» (pp. 149-161).
La lettura di queste pagine non è facilitata dalla distrazione del lettore né lo disimpegna da quell’attenzione obbligata che questa scrittura esige, per quanto facilitata e facilitante, anche se alcune sintetiche proposizioni meritano una lettura ricursiva e considerativa. Sono pagine che studenti di teologia devono/dovrebbero studiare, per liberarsi dalle tentazioni di omofonie liturgiche della ripetitività che trovano il consenso nell’omogenizzazione lessicale priva del corpo di ciò che dicono e del corpo di ciò che sono gli interlocutori e coloro che liturgicamente presiedono e coloro che liturgicamente ne vivono la partecipazione attiva ai misteri della salvezza. Il titolo, Il dono efficace, sembra restare nel titolo e sullo sfondo delle pagine (mentre il sottotiolo: Rito e sacramento avrebbe potuto costituirsi come titolo): infatti il dono efficace si aspetterebbe di vederselo presente più esplicitamente sia tra il senso e l’azione del sacramento, come anche «in quella commistione di corporeità, sacralità ed efficacia che predispone la scrittura al rito» (p. 176).
Mentre la terza parte annunciata che avrebbe «affrontato questi percorsi rituali nei quali si gioca l’evidenza del dono efficace » in realtà il tema del dono è isolato al secondo capitolo: Il rito come dono. Un confronto [tra chi?] con la teoria del sacrificio di R. Girard (pp. 211-229). Anche in questo capitolo è compito del lettore evincere quanto di «dono efficace» si può ricavare da queste pagine come per esempio quando, dopo aver «smascherato l’ipotesi girardiana», si afferma che «la croce di Cristo, intesa come sacrificio, implica proprio questa asimmetria, questa eccezionalità; l’asimmetria tra l’uomo e Dio, l’eccezionalità dell’evento che fonda la fede della Chiesa» (pp. 223-224), perché «il dono si fonda sulla logica asimmetrica che evoca il primato di Dio» (p. 231) o per la natura stessa del rito liturgico come «esperienza di intrascendibilità» e di riflesso nella consapevolezza dell’aspetto fatico del linguaggio del rito liturgico (come tenere i contatti e lo scambio con i membri dell’assemblea) «quasi a immagine del tenere il contatto con l’Altro («aspetto teologale», p. 243) così che «la partecipazione al rito è comunicare che si sta comunicando» (p. 244).
Queste pagine permettono ai liturgisti «puri» (!) e ai presbiteri (ma anche a tanti fedeli «devoti») di prendere evidenza del proprio corpo pensante e orante e di considerarlo come dono per generare altri doni allorquando il corpo si fa mistagogia al donum Dei (complemento di specificazione soggettiva e oggettiva, come la parola stessa di Dio) di cui le sue mirabilia sono soltanto le sue epifanie che gli antropologi devono leggere anche come ciò che Dio fa in noi e non soltanto ciò che noi facciamo per parlare di/con Dio.
Tratto da "Rivista Liturgica" n. 4/2012
(http://www.rivistaliturgica.it)
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Ernesto Valderrama il 24 ottobre 2022 alle 15:41 ha scritto:
Il libro è articolato nel seguente modo: consta di una prima parte La fede e il corpo, suddivisa in quattro punti: 1. Dalla "fides et ratio" alla "fides et corpus"; 2. la salvezza e il sacramento; 3. il sacramento tra segno a azione; 4. Il sacramento tra forma e contenuto; la parte seconda suddivisa in 1. Il rito tra nome e mistero; 2. la parola nel rito; 3. la parola tra oralità e scrittura; la terza ed ultima parte: i percorsi rituali, suddivise in 1. Il rito tra memoria e sacrificio, 2. il rito come dono. un confronto con la teoria del sacrificio di R. Girard, 3. Il rito come partecipazione.
Dott. luisa sirtoli il 28 febbraio 2023 alle 19:38 ha scritto:
Manuale del corso di liturgia dell'istituto santa Giustina. Analizza la vita liturgica vissuta nel rapporto tra fede e rito sulla basa di una nuova antropologia teologica in dialogo con le scienze umane e le neuroscienze