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Sulla libertà del cristiano
(I minigrandi) [Libro in brossura]EAN 9788825012996
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DETTAGLI DI «Sulla libertà del cristiano»
Tipo
Libro
Titolo
Sulla libertà del cristiano
Autore
Lutero Martin
A cura di
Bof G.
Editore
Edizioni Messaggero
EAN
9788825012996
Pagine
154
Data
gennaio 2004
Peso
137 grammi
Dimensioni
10.5 x 18 cm
Collana
I minigrandi
COMMENTI DEI LETTORI A «Sulla libertà del cristiano»
Recensioni di riviste specialistiche su «Sulla libertà del cristiano»
Recensione di Ermanno Roberto Tura della rivista Studia Patavina
Al centro del pregevole volume della Claudiana sta il breve Tractatus scritto da Lutero nel 1520 in latino e in tedesco. Il testo latino, più lungo e destinato a persone intellettualmente preparate, è tradotto dal prof. Ricca; il testo tedesco, destinato al popolo, è accompagnato dalla traduzione di Giovanni Miegge redatta in anni ormai lontani. Da p. 75 a p. 244 su quattro colonne sinottiche si può così accostare l’importante trattato luterano nei due testi originali di Lutero e se ne può cogliere le diverse sfumature nelle due traduzioni integrali in italiano. Scritto con intento conciliativo, quando Lutero già conosceva la bolla Exsurge Domine, è accompagnato da una dedicatoria Lettera a Leone X retrodatata al 6 settembre 1520 (cf. pp. 36-67) in cui Lutero scarica sulla curia romana, su teologi e canonisti, la colpa di una mancata comprensione reciproca e implora il papa di diffidare di tanti collaboratori. Del suo opuscolo sulla libertà del cristiano nella lettera dedicatoria lo stesso Lutero dice: «È una piccola cosa, se guardi alle dimensioni, ma contiene, se non sbaglio, l’essenziale della vita cristiana, esposto in forma concisa, se ne afferri il significato» (pp. 65-67). Fin dalle prime righe l’autore espone in sintesi le due tesi fondamentali sulla libertà e la servitù dello spirito: «Il cristiano è signore di tutte le cose assolutamente libero, non sottoposto ad alcuno; il cristiano è servo zelantissimo in tutte le cose, sottoposto a tutti» (n. 2, p. 80).
L’opera di Lutero è divisa in due parti: la prima, dedicata all’uomo interiore, sottolinea come sola cosa necessaria per la vita la giustizia e la libertà cristiana radicate nella Parola di Dio accolta nella fede. «Per la sola fede senza le opere, l’anima è resa giusta, santa, vera, tranquilla, libera e ricolma di ogni bene e resa figlia di Dio» (n. 13, p. 106). L’anima unita al suo Signore diventa un ferrum ignitum (n. 14, p. 106) in un felice scambio di nozze regali con il Figlio di Dio, che fonda il sacerdozio comune e la regalità sacerdotale: siamo al cuore della prima parte del trattato. I veri credenti sono i re più liberi di tutti e i sacerdoti in eterno, anche se diversi si prospettano i ministeri attraverso i quali il sacerdozio si manifesta. La fede sola elargisce con dovizia tutto.
La seconda parte (dal n. 29 in poi) avverte che l’uomo esteriore non è ancora entrato nel Regno: perciò l’impegno per le opere è necessario ma per il prossimo, non per noi, a cui è sufficiente la fede; mai siamo giustificati per le opere, che vanno dedicate al prossimo come a Cristo. Qui il discorso raggiunge un ulteriore coronamento: iniziato con il felice scambio tra Cristo e la persona nella fede (n. 16), l’esito finale sta in quel «siamo reciprocamente e scambievolmente Cristo l’uno per l’altro, facendo al prossimo quel che Cristo fa a noi» (n. 49, p. 202). Il ritornello ribadisce l’unica preoccupazione: che la fede cresca contro ogni calcolo interessato delle opere. Così Lutero è convinto di percorrere, sulle orme dell’apostolo Paolo, la via intermedia tra Roma e i «radicali» fanatici.
Leggendo di seguito, accostata nel volume della Claudiana, la Bolla Exsurge Domine, (il cui autore non è ovviamente Martin Lutero, come sembrerebbe dall’intestazione di p. 245) anche al lettore cattolico più convinto risalta con spontaneo dispiacere la differenza abissale di ispirazione e di stile. Una retorica ampollosa tenta di coprire la frettolosa approssimazione teologica con cui a Roma probabilmente si pensò di liquidare la protesta con un atto di forza: se ne era accorto, in ritardo, anche Giovanni Eck, il più agguerrito avversario teologico di Lutero (cf. p. 34 dell’ottima introduzione di P. Ricca).
Appunto l’Introduzione del prof. Ricca (assieme alle note e alla traduzione italiana che accompagnano il testo latino di Lutero) merita un apprezzamento particolare perché colloca il trattato sulla libertà del cristiano nel giusto quadro di riferimento per capire il valore del breve scritto luterano. Ne sintetizza il messaggio centrale (cf. p. 25, senza dimenticare sintesi precedenti come quella di Giovanni Miegge riportata a p. 9), collocandolo sullo sfondo dei cinque modelli di libertà palpitanti nella cultura del 1500, evidenziando il valore della libertà del cristiano nella Riforma come chiave fondamentale per capire e per entrare nella modernità, pur soffrendo oggi nell’anima secolarizzata il divorzio della libertà dalla fede e del servizio dall’amore.
Anche le Note che accompagnano il trattato luterano e la lettera dedicatoria a papa Leone X rivelano la loro utilità per le informazioni storiche indispensabili ma anche per le esplicitazioni teologiche come ad esempio nelle note 50 alle pp. 140-142 sul sacerdozio comune, 59 a p. 152 sulle opere in rapporto al prossimo, 68 a p. 166-168 sulla possibile ipocrisia nascosta dietro e dentro le opere compiute da cristiani. Alcuni Indici conclusivi dei nomi, dei luoghi, dei passi biblici e degli argomenti confermano la serietà del lavoro complessivo.
Chi firma questa scheda ha letto il tutto in tempo quaresimale, trovandovi spunti validi per una primavera spirituale.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
L’opera di Lutero è divisa in due parti: la prima, dedicata all’uomo interiore, sottolinea come sola cosa necessaria per la vita la giustizia e la libertà cristiana radicate nella Parola di Dio accolta nella fede. «Per la sola fede senza le opere, l’anima è resa giusta, santa, vera, tranquilla, libera e ricolma di ogni bene e resa figlia di Dio» (n. 13, p. 106). L’anima unita al suo Signore diventa un ferrum ignitum (n. 14, p. 106) in un felice scambio di nozze regali con il Figlio di Dio, che fonda il sacerdozio comune e la regalità sacerdotale: siamo al cuore della prima parte del trattato. I veri credenti sono i re più liberi di tutti e i sacerdoti in eterno, anche se diversi si prospettano i ministeri attraverso i quali il sacerdozio si manifesta. La fede sola elargisce con dovizia tutto.
La seconda parte (dal n. 29 in poi) avverte che l’uomo esteriore non è ancora entrato nel Regno: perciò l’impegno per le opere è necessario ma per il prossimo, non per noi, a cui è sufficiente la fede; mai siamo giustificati per le opere, che vanno dedicate al prossimo come a Cristo. Qui il discorso raggiunge un ulteriore coronamento: iniziato con il felice scambio tra Cristo e la persona nella fede (n. 16), l’esito finale sta in quel «siamo reciprocamente e scambievolmente Cristo l’uno per l’altro, facendo al prossimo quel che Cristo fa a noi» (n. 49, p. 202). Il ritornello ribadisce l’unica preoccupazione: che la fede cresca contro ogni calcolo interessato delle opere. Così Lutero è convinto di percorrere, sulle orme dell’apostolo Paolo, la via intermedia tra Roma e i «radicali» fanatici.
Leggendo di seguito, accostata nel volume della Claudiana, la Bolla Exsurge Domine, (il cui autore non è ovviamente Martin Lutero, come sembrerebbe dall’intestazione di p. 245) anche al lettore cattolico più convinto risalta con spontaneo dispiacere la differenza abissale di ispirazione e di stile. Una retorica ampollosa tenta di coprire la frettolosa approssimazione teologica con cui a Roma probabilmente si pensò di liquidare la protesta con un atto di forza: se ne era accorto, in ritardo, anche Giovanni Eck, il più agguerrito avversario teologico di Lutero (cf. p. 34 dell’ottima introduzione di P. Ricca).
Appunto l’Introduzione del prof. Ricca (assieme alle note e alla traduzione italiana che accompagnano il testo latino di Lutero) merita un apprezzamento particolare perché colloca il trattato sulla libertà del cristiano nel giusto quadro di riferimento per capire il valore del breve scritto luterano. Ne sintetizza il messaggio centrale (cf. p. 25, senza dimenticare sintesi precedenti come quella di Giovanni Miegge riportata a p. 9), collocandolo sullo sfondo dei cinque modelli di libertà palpitanti nella cultura del 1500, evidenziando il valore della libertà del cristiano nella Riforma come chiave fondamentale per capire e per entrare nella modernità, pur soffrendo oggi nell’anima secolarizzata il divorzio della libertà dalla fede e del servizio dall’amore.
Anche le Note che accompagnano il trattato luterano e la lettera dedicatoria a papa Leone X rivelano la loro utilità per le informazioni storiche indispensabili ma anche per le esplicitazioni teologiche come ad esempio nelle note 50 alle pp. 140-142 sul sacerdozio comune, 59 a p. 152 sulle opere in rapporto al prossimo, 68 a p. 166-168 sulla possibile ipocrisia nascosta dietro e dentro le opere compiute da cristiani. Alcuni Indici conclusivi dei nomi, dei luoghi, dei passi biblici e degli argomenti confermano la serietà del lavoro complessivo.
Chi firma questa scheda ha letto il tutto in tempo quaresimale, trovandovi spunti validi per una primavera spirituale.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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Dott. DONATELLA PEZZINO il 5 luglio 2022 alle 09:23 ha scritto:
Breve opera nella quale Martin Lutero affronta il problema della libertà del cristiano, questione strettamente connessa alla vita interiore e alla grazia divina. Nello scritto confluiscono molti dei motivi fondamentali del pensiero luterano: può essere quindi un buon punto di partenza in vista di ulteriori approfondimenti.