Imparare Cristo

«Maestro» (rabbì, in greco didáskale) è sicuramente – e unanimemente, secondo i vangeli – uno degli appellativi più frequenti con i quali i discepoli, più o meno intimi, si rivolsero a Gesù durante il suo ministero; con una sfumatura anche più personale, proprio «Maestro mio» (rabbouní ) fu il grido di gioia e di riconoscimento di Maria di Magdala nel giardino della risurrezione (cfr. Gv 20,16). Gesù non rifiutò mai questo “titolo”, anzi: si comportò sempre come maestro autorevole nella formazione dei suoi, sebbene con alcune peculiarità rispetto ad altre forme di discepolato del tempo. Alla figura di Gesù maestro nei vangeli è dedicato il volume Imparare Cristo di Claudio Doglio, edito dalla San Paolo. Il titolo richiama l’espressione di Ef 4,20, riferita ai destinatari della lettera (ed estendibile a qualsiasi discepolo) come a coloro che hanno riconosciuto Gesù come proprio maestro di vita e sono stati in lui istruiti nella verità. Il percorso del libro si snoda attraverso l’analisi degli aspetti storici e contestuali del ministero di Gesù, chiedendosi, per esempio, quale tipo di formazione possa aver ricevuto Gesù (sebbene i racconti biblici non ci parlino che implicitamente della frequentazione della sinagoga); oppure come mai Gesù abbia scelto e chiamato in prima persona i propri discepoli, senza attendere che loro si rivolgessero a lui (diversamente da altre forme coeve di discepolato). Soprattutto, però, il volume è un’intensa analisi di quella novità che – dalle rive del mare di Galilea fino all’albero della croce – fu la persona stessa di Gesù per gli uomini del suo tempo, grazie alla sua straordinaria capacità performante di creare attorno a sé liberazione e dignità, rendendo le persone capaci di realizzare quanto da sole, anche con tanta buona volontà, non sarebbero mai riuscite ad attuare.

Tratto dalla rivista "Parole di Vita" n.3 del 2016
(https://www.queriniana.it/parole-di-vita)