Introduzione alla sapienza. Un manifesto dell'umanesimo europeo del sec. XVI a servizio dell'odierna emergenza educativa. Ediz. multilingue
(Veterum et coaevorum sapientia)EAN 9788821308314
Il testo, curato dal prof. C. L. Rossetti, costituisce una vera e propria sintesi del pensiero di Juan Luis Vives, in versione italiana e cinese con l’originale latino, voluta dal Pontificium Institutum Altioris Latinitatis, nella collana “Veterum et Coaevorum Sapientia”, nata allo scopo di illuminare e sorreggere la vita civile e lo sviluppo culturale cristiano.
Alla sua prima pubblicazione, l’opera – che risale al 1524 – riscuote immediatamente un grande successo, poiché in essa si respira la grande tensione pedagogica e cristiana di Vives, uno dei più grandi filosofi, pedagogisti e umanisti spagnoli dell’umanesimo rinascimentale, amico di eminenti intellettuali, quali Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro, uomini capaci di esprimere, nelle loro opere, il meglio la cultura europea del secolo XVI, in termini di razionalità critica, senso della giustizia e spiritualità religiosa. Il pensatore valenziano, infatti, si ispira al moralista stoico Lucio Anneo Seneca (Cordova, 4 a.C. Roma, 65 d. C) e con lui condivide «il senso della gravitas e della dignitas tipicamente romane» (8).
Vives nasce in una famiglia di mercanti di origine ebraica, convertita al cristianesimo. Dopo aver ricevuto una buona formazione iniziale nella propria città natale, si trasferisce a Parigi all’età di 17 anni, per studiare le Artes e dedicarsi, in particolare, all’approfondimento degli autori classici. Dal 1514 decide di vivere nei Paesi Bassi, in qualità di precettore del cardinale Guglielmo De Croy; a Lovanio, infatti, stringe un profondo rapporto di discepolato e di amicizia con Erasmo da Rotterdam, che tanta influenza ha sullo sviluppo successivo del suo pensiero. Il 1523 segna lo spostamento di Vives – in qualità di docente di latino – a Oxford, dove si approfondisce il suo legame di amicizia con Tommaso Moro, conosciuto a Lovanio nel 1515. Gli ultimi anni – dal 1528 al 1540 – trascorrono nella cittadina fiamminga di Bruges, dove il pensatore di origine spagnola si dedica a opere relative alla vita famigliare e alla pace in Europa.
Il pensiero di Vives non può essere compreso in pienezza, se non si tiene conto del suo costante riferimento alla filosofia greca e al testo biblico, di cui si avvale per esplicitare il suo ideale di vita cristiana, che si riassume nei termini di spiritualità, temperanza, operosità e dignità dell’uomo in quanto persona.
I 18 capitoli dell’Introduzione alla sapienza, contenenti 592 perle di saggezza, rappresentano un vero e proprio faro nell’esistenza del cristiano, poiché lo invitano a valorizzare al meglio l’esperienza quotidiana come via alla verità, attraverso l’uso di una ragione retta, in cui la sapienza filosofica si unisce alla riflessione teologica e biblica. Secondo Vives, infatti, non vi è alcuna contrapposizione fra ragione e fede, poiché le due realtà – anziché essere contrapposte – vengono abilmente integrate, secondo quanto espresso dalla tradizione cattolica: da Clemente d’Alessandria, a Tommaso d’Aquino, al magistero degli ultimi Pontefici.
Ciò che accomuna i temi eterogenei che vengono trattati è la sapienza, intesa come capacità di discernere il bene dal male, attraverso un giudizio di valore espresso secondo coscienza. Il sapiente, infatti, è in grado di assegnare a ogni realtà il suo giusto peso, ponendola in relazione con la vera giustizia. Pur attribuendo all’anima un tradizionale primato sul corpo, Vives non scinde la realtà in modo dualista, mostrando disprezzo per ciò che è materiale, ma cerca di esprimere sempre un giudizio sano, alla luce della virtù e della religione. In tale contesto, la figura di Gesù Cristo diviene un’autentica chiave di volta per la comprensione di tutta l’argomentazione presentata, poiché tutto il vissuto quotidiano riceve luce dagli insegnamenti del Maestro e dalla carità che emerge dalle sue azioni.
L’intento pedagogico dell’opera è chiaro: la vera educazione, secondo Vives, consiste, in ultima analisi, nella capacità di prendere coscienza della dignità e del valore della persona, la cui umanità può esprimersi in pienezza soprattutto dal punto di vista teologico ed etico: l’uomo vale in quanto voluto e amato da Dio, che lo chiama a rispondere all’Amore con la carità di Cristo vissuta nel quotidiano.
Il testo manca di una dedica particolare, a differenza di tutti gli altri testi di Vives: ciò consente di ipotizzare che il contenuto sia rivolto a ciascun lettore in particolare (cf. 13). Il tempo in cui viviamo, infatti, è attraversato da una profonda crisi culturale, che si esprime, anzitutto, come perdita di identità a livello europeo, mentre – in secondo luogo – assume i caratteri di una vera e propria “emergenza educativa”, che colpisce i singoli e i gruppi sociali di appartenenza (famiglia, realtà sportiva, scuola…).
L’opera di Vives può costituire, quindi, un utile strumento per attingere con discernimento al patrimonio classico e cristiano, oltre che permettere di riscoprire i principi educativi che, nei secoli, sono stati a fondamento del progresso verificatosi in Europa. Come spiega il professor Manlio Sodi, nella presentazione dell’opera, l’Introduzione alla sapienza ha, fra le altre cose, il pregio della traduzione in lingua cinese, soprattutto per consentire a ragazzi italiani e cinesi di accedere al pensiero di Vives attraverso «una traduzione piana e accessibile» (6), potendosi confrontare – al tempo stesso – con il testo originale.
I molti semi di saggezza raccolti e diffusi da questo testo, agile e di piacevole lettura, possono contribuire allo sviluppo di un nuovo umanesimo, sull’esempio di quello nato in Europa all’epoca di Vives, oggi, troppo spesso ignorato o sottovalutato. Il progressivo intensificarsi degli scambi umani e culturali con una grande cultura e tradizione, quale quella cinese, ha un duplice valore: costituisce, da un lato, un’opportunità di arricchimento umano e spirituale reciproco; dall’altro, è – per i cristiani europei – un ulteriore stimolo ad approfondire e a valorizzare la propria civiltà più genuina, che rischia di essere travolta da un indifferentismo etico e culturale strisciante e, per questo, ancor più pericoloso.
Tratto dalla rivista Lateranum n.3/2013
(http://www.pul.it)