La Chiesa francescana di Papa Francesco
EAN 9788820998660
La chiesa di papa Francesco, così come Gianfranco Grieco, scrittore, giornalista e studioso ad ampio spettro della tradizione francescana – impegnato in ambito non solo accademico –, l’ha presentata in sedici brevi ma densi capitoli, ha come modello il Poverello d’Assisi, dietro cui tutto il mondo va. Non può esistere senza le parole francescane della povertà, della gioia, del perdono, del Vangelo, della lieta notizia. Dovremmo avere più spazio per coniugare la bellezza con il verbo “riconciliare”: non è bello ciò che piace, né ciò che è perfetto (la simmetria delle parti, delle forme), bensì ciò che riconcilia, che dona pace, che mette il cuore al sicuro da ogni male. È bello ciò che riconcilia. In questo senso tutto il mondo va dietro a san Francesco, fratello universale e ministro e servo della fraternità. Poi è una chiesa profetica, che ha bisogno di sentinelle, di profezia, di persone capaci di svegliare il mondo.
Il profeta non è un veggente, ma colui che intravede nella cortina della morte e del male un po’ di bene. Il profeta sa leggere i segni di speranza nella storia presente, anche in mezzo alle tragedie e alle sofferenze della vita. Il profeta riconosce la presenza di Dio nell’oggi della storia. Il profeta sa dirci dove, come e quando Dio parla e cosa egli vuole da noi! Il profeta non dà certezze o false speranze, non tranquillizza gli animi, non anestetizza il popolo: mette inquietudine, educa al “chissà”, alla speranza che Dio intervenga e agisca con misericordia verso la sua gente, per noi.
Questa chiesa, pensata e amata da papa Francesco, si rende credibile attraverso la testimonianza della povertà (capitolo quarto) ed è al servizio del mondo perché non è una corte cui sono riservati privilegi e onori (capitolo quinto). Ha la sua essenza nella misericordia (capitolo sesto) che si deve poter vedere, toccare, abbracciare, sentire, contemplare, ed è non solo povera ma anche samaritana (aperta cioè a tutti, in cammino, in viaggio), di celestiniana memoria, capace cioè di fare della povertà una scelta controcorrente, una profezia nuova per il mondo. È una chiesa che sa ricordare e raccontare, perché vive del memoriale, della pasqua. È, ancora, una chiesa in grado di costruire un futuro di pace avendo memoria di ciò che si è (capitolo ottavo). È una chiesa aperta ai peccatori (capitolo nono) che sa abbracciare il futuro con speranza ed è in grado di mettere al centro la famiglia con i suoi problemi e le sue risorse (capitolo undicesimo). Papa Francesco sogna e vive un’immagine di comunità ecclesiale che guarda ai problemi della gente e ai disastri del mondo e che ha la sua speranza radicata in Cristo (capitolo dodicesimo). È una speranza vera, affidabile, feconda, credibile, che si mette in ascolto degli ultimi e si fa ospedale da campo, rifugio e accoglienza per i migranti, i senzatetto, i sopravvissuti ai viaggi della speranza, ai mari in tempesta (cf. il capitolo quattordicesimo). È, altresì, una comunità che riconosce nel creato i segni della presenza del Signore e non solo ne canta le lodi ma ne denuncia il male per le brutture della terra, per l’inquinamento e le devastazioni in atto su tutto il pianeta (capitolo quattordicesimo). È una chiesa che vive di profezia, del coraggio dei martiri e dei testimoni, che fa suo il coraggio del dialogo, dell’integrazione, dell’accoglienza, della convivialità, del confronto; che sente e vive lo spasmo dell’unità (cf. il capitolo quindicesimo a proposito dell’ecumenismo) e della pace fino ai confini della terra, così come verso la Cina o il Medio Oriente (capitolo sedicesimo). Dalla lettura del testo di padre Gianfranco Grieco, per lunghissimi anni capo ufficio dell’Osservatore Romano e poi del Pontificio Consiglio per la Famiglia, colpiscono alcune parole chiave del pontificato di Bergoglio che qui possiamo rievocare.
Dialogo: da dia-logos, ossia attraverso e oltre le parole. Si fa dialogo incontrando l’altro, a contatto con il prossimo. Il dialogo è un vissuto dialogico. È indossare i panni dell’altro e, nella logica dell’incarnazione, è compassione, ossia sentire, provare, prendere su di sé, la miseria, il peccato, dell’altro. Il dialogo è accoglienza: “Io accolgo te”, cioè un atto sponsale che apre e crea la comunione.
Misericordia: che scandalizza il nostro metro di giudizio, di valutazione, di legge, di giustizia. Il frutto della misericordia è la giustizia, ossia custodire l’altro nel bene, volere per l’altro, finanche per il nemico, solo il bene. Io sono misericordioso, ossia responsabile per l’altro, nella misura in cui lo accolgo e lo benedico.
Povertà: che non è miseria, bensì cuore radicato in Cristo, vera ricchezza. Povertà che è condivisione dei beni con gli ultimi. Povertà che vuol dire arricchirsi davanti a Dio, ossia guardando ai bisogni dei poveri. Povertà che non è fine a se stessa ma orientata alla comunione, all’agáp?, alla condivisione. È lo stile di Francesco d’Assisi: sodalizio, matrimonio, con madonna povertà per essere completamente di Cristo, rivestito dal suo amore, dalla sua stessa carne. Fraternità: essa è, anzitutto, dono. Il Signore, scrive san Francesco, “mi do-
nò dei fratelli”. Fraternità che vive di una spiritualità di comunione: fare spazio al fratello, cedergli il posto, promuovere i suoi doni, restando lontano dall’avarizia e dall’invidia, dalle chiacchiere che dividono e uccidono. Fraternità che è più di comunità. Fraternità in cui si esalta il carisma, il dono, del singolo, la sua estrosità, la sua diversità, i suoi desideri e le sue speranze. Fraternità che ha la sua radice nella comunione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Fraternità universale che è il sogno di Dio, Padre di tutti. Fraternità in cui il perdono è di casa, dove non si è schiavi delle regole, delle costituzioni, degli atti comuni e degli orari, bensì liberi nell’amore che accoglie e cura le ferite dell’altro. Fraternità in cui i cuori sono vicini, gli uni accanto agli altri, miti e umili, che sanno ringraziare, chiedere scusa. Fraternità in cui ci si abbraccia, dove il calore del padre e della madre, dei fratelli e delle sorelle, si sente. La fraternità è, per papa Francesco, la vera immagine del corpo di Cristo che è la chiesa.
Nel concetto di fraternitas vi è qualcosa in più rispetto a quello di communitas: il dono del singolo prevale sulla gerarchia e sui principi comuni della convivenza; la fraternità offre maggiore spazio ai carismi del singolo fratello rispetto all’ordine costituitosi nella comunità che prevede, comunque, la condivisione di beni, risorse, carismi, ministeri, progetti… In tale prospettiva, Bergoglio è sovversivo come lo stesso san Francesco che nel Medioevo rovesciò completamente i valori della società e della stessa chiesa, rileggendo non solo la sua esistenza ma anche quella della società dagli ultimi, rifuggendo però ogni sorta di pauperismo inutile e sterile. Bergoglio, nella sua visione di chiesa, riletto e interpretato magistralmente da Gianfranco Grieco, sembra dirci che, nel Terzo Millennio, appena iniziato, la chiesa – il cristianesimo – o sarà francescano, cioè mistico, perché attaccato alla terra e al cielo, innamorato del volto di Cristo e compassionevole con la carne dei poveri, o non sarà più niente.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-4/2016
(http://www.pftim.it)
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