Guarita dall'amore
-Storia di Maria Grazia Veltraino
EAN 9788820998516
L’ultimo libro di don Carlo Ambrosio Setti, scritto con il giornalista Rosario Faggiano, è la storia di Maria Grazia Veltraino, la cui guarigione miracolosa ha consentito al veneziano Luigi Caburlotto, fondatore delle omonime Figlie di San Giuseppe, di essere beatificato il 16 maggio 2015. La storia è arricchita di elementi di fantasia, per così dire “esterni” o “collaterali” rispetto al racconto delle vicende reali vissute dalla protagonista; l’invenzione, che nel testo non intacca e non sminuisce la valenza di assoluta attendibilità della testimonianza di Maria Grazia, non viene utilizzata per risaltare i punti centrali della storia (non ne avrebbero bisogno), ma solo per rendere maggiormente “avvincente” la lettura del testo. I due livelli procedono insieme e parallelamente; con gli elementi di fantasia, chiaramente distinti, che si innestano e intrecciano con quelli reali, per articolare maggiormente il plot narrativo.
Maria Grazia, romana ma di origini abruzzesi, offre senza veli i momenti drammatici e dolorosi vissuti prima in un brefotrofio e poi in altri istituti di accoglienza per minori abbandonati. La sua permanenza “obbligata” presso l’ultima struttura in cui soggiornò, finì quando raggiunse la maggiore età. Un giorno prese la circolare rossa, il tram della linea esterna di Roma, per fuggire verso il mondo e la libertà che aveva sempre sognato. Ma non tutto, nel bene e nel male, si svolse come aveva preventivato.
Colpiscono, nel libro, innanzitutto i trattamenti riservati ai bambini “ospiti” di strutture che erano tenute dalle suore… Anzi, oseremmo dire – senza esserci confrontati in alcun modo con essi – che gli autori di questo romanzo, diversamente da altri racconti di tal genere, in cui la fantasia o l’esagerazione predomina sulla realtà dei fatti, sicuramente sono stati soft e hanno omesso diversi altri particolari.
Altri tempi, altro stile di educazione, altra mentalità, certamente… Tanti, però, come Maria Grazia. Tanti innocenti figli – dell’amore o della colpa? – che sono stati strappati all’abbraccio dei genitori. Tanti figli delle guerre che mai hanno conosciuto o che ricordano vagamente il volto del padre o della madre. Tanti figli della miseria e della fame che sono stati costretti a vivere lontani dai loro affetti più cari e più naturali. Tanti, numerosissimi, troppi…
Di chi la responsabilità? È facile, come spesso siamo abituati a sentire o a leggere, “scaricare” tutto su Dio: “Dov’era Dio?”. Dov’era e dov’è, oggi, di fronte agli attentati terroristici, alle grandi tragedie, alla sofferenza di interi popoli? Dov’era e dov’è dinanzi al letto della malattia o alle bare dei piccoli, dei giovani, degli innocenti? Dov’era e dov’è dinanzi all’uccisione di coloro che professano la fede nel Suo stesso nome?
Dio c’era e c’è! Lo testimoniano con la loro delicata penna il prete-medico e il giornalista in queste pagine. Dio c’era e c’è! Una canzone – Dio è morto – che aveva segnato il tempo di una generazione sembra tornare alla moda anche nel nostro tempo con i suoi contenuti di rabbia e con il suo grido di dolore sulle “morti dell’uomo” e, conseguentemente, sulla “morte di Dio”. Noi, però, con don Carlo e Rosario, vogliamo gridare non la morte di Dio – avvenuta in alcune scelte e alcuni comportamenti dell’uomo –, ma la sua risurrezione, come canta la parabola della vita di Maria Grazia: vita di morte e di risurrezione, sugellata dal miracolo ricevuto per intercessione del beato Caburlotto.
Abbiamo usato di proposito, per riassumere la vita straordinaria di questa donna, il termine “parabola”, nel senso geometrico ma anche letterario. Geometrico perché siamo dinanzi a una storia che si evolve, aperta sempre a un futuro di novità e di speranza, mai rinchiusa su se stessa, sulla sua pur legittima rabbia e disperazione. Letterario perché anche nelle parabole raccontateci dal rabbi Gesù di Nazaret è il significato finale quello che conta, il messaggio che va oltre il paradosso dei contenuti e degli stessi personaggi, inventati o reali che siano. Un messaggio che, nella parabola di Maria Grazia, contagia e guarisce ancora altre vite, altre storie – come quella di Piero, il fantasioso giornalista inviatole da don Carlo – e che certamente non lascerà indifferente chi avrà la fortuna di leggere questo libro.
Dio c’era e c’è! Nella vita di Maria Grazia, nella vita dei tanti Piero, nella nella nostra vita, anche quando tutto sembra dirci il contrario… Ricordiamoci sempre queste parole dette dall’uomo – o dall’angelo? – che fermò la giovane mentre stava per suicidarsi: «Per nessuno l’esistenza è semplice, nemmeno per quelli che sembrano felici» (p. 102).
Dio c’era e c’è! E la parabola di Maria Grazia vuole dirci che il “miracolo” più grande, anzi quello vero, non è tanto la guarigione nel corpo ma quella nello spirito. Questa piccola donna è guarita innanzitutto dentro: quando ha saputo perdonare tutti, quando ha imparato a pregare veramente (con le parole del cuore e non con le formule senza significato imparate a memoria), quando non si è vergognata di piangere, quando, inerme, si è commossa dinanzi ai palloncini colorati di una bimba, suo sogno di sempre per volare al di sopra del mondo e non sentirne il dolore, le delusioni, le sofferenze. Maria Grazia è guarita quando su tutto il suo passato è riuscita a scrivere una parola: amore.
Certo, amore chiama amore: se la nostra protagonista non avesse conosciuto suor Girolama, Figlia di San Giuseppe del Caburlotto, non avrebbe fatto esperienza nella sua vita di Dio, di quel Padre-Madre nell’amore di cui lo straordinario Giubileo della misericordia voluto da papa Francesco ha desiderato farci comprendere la vera essenza, per poterla predicare, celebrare, praticare. Di questo padre materno ha bisogno il cuore dell’uomo, assetato di un grembo che avvolga, custodisca e generi instancabilmente alla vita. Di questo Padre-Madre nell’amore che ci ama rendendoci liberi hanno bisogno più che mai i giovani per capire che Dio non è il concorrente della nostra libertà, ma il fondamento di essa, la garanzia ultima della verità e della pace del nostro cuore: Dio sana l’angoscia con la medicina dell’amore e dissolve la paura che abbiamo di perdere la nostra libertà facendoci sentire amati in un modo che non schiavizza, non crea dipendenze. L’amore non possiede! L’amore basta all’amore!
Solo così potremo cantare, con Maria Grazia e con la dolce Vergine di cui ella porta il nome, fatti voce di tutti gli ‘anawîm della storia: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono» (Lc 1,49-50).
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-4/2016
(http://www.pftim.it)
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