Il vantaggio di ogni crisi, come quella che sta attraversando attualmente la società, è che "costringe a tornare alle domande; esige da noi risposte nuove o vecchie, purché scaturite da un esame diretto" (Hannah Arendt). È un invito ad aprirsi agli altri e a non irrigidirsi sulle proprie posizioni. È un'occasione di incontro e una circostanza preziosa anche per i cristiani, chiamati a verificare la capacità della fede di reggere davanti alle nuove sfide, chiamati a entrare senza timore in un dialogo a tutto campo nello spazio pubblico.
"La bellezza disarmata" propone gli elementi essenziali della riflessione svolta da don Julián Carrón a partire dal 2005, anno della sua elezione a presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione dopo la scomparsa del fondatore, il Servo di Dio don Luigi Giussani, che nel 2004 lo aveva chiamato dalla Spagna per condividere con lui la responsabilità di guida del movimento. Gli scritti, nati in occasioni diverse, sono stati ampiamente rielaborati e ordinati dall'autore allo scopo di fornire organicamente i fattori di un percorso decennale, lungo il quale egli ha approfondito il contenuto della proposta cristiana nel solco di don Giussani, alla luce del magistero pontificio e in paragone col travaglio e le urgenze dell'uomo contemporaneo. Il volume intende offrire il contributo di una esperienza di vita a chiunque sia alla ricerca di ragioni adeguate per vivere e costruire spazi di libertà e di convivenza in una società pluralistica.
PREFAZIONE
di Javier Prades
In un mondo globale
Di recente ho avuto occasione di recarmi in Angola per motivi legati al mio lavoro in università. I miei ospiti hanno approfittato dei momenti di riposo per farmi conoscere alcune opere educative e assistenziali nei cosiddetti barrios, i sobborghi aridi e polverosi della città di Benguela.
Per un europeo come me, ogni occasione di viaggiare in Africa o in America Latina provoca un coacervo di sensazioni differenti. Emerge senza dubbio una certa nostalgia davanti alla freschezza di una forma di vita più semplice, libera dalle sofisticazioni della nostra società del benessere. A questo si aggiunge una sana invidia per la semplicità di una fede radicata nella vita quotidiana, capace di sostenere la fatica e la sofferenza di tante privazioni, diversa dalla fede tormentata e problematica che ben conosciamo. Nelle persone, specialmente nei bambini, si percepisce l'eco di una gioia che non è facile riconoscere nella nostra società opulenta, come la chiamava Augusto Del Noce.
Dall'altro lato, la precarietà di questa vita provoca con la stessa forza una sensazione di ingiustizia. È innegabile che queste forme di società, esposte a profondi e rapidi mutamenti, senza risorse umane, culturali, economiche e sociali per affrontarli, possano smarrirsi o impoverirsi ulteriormente. La solidità e la densità della vita sociale, culturale ed economica dell'Europa — pur con tutte le sue lacerazioni sembra allora far valere la sua forza unica nella storia dell'umanità. Allo stesso modo, la fede fresca e commovente di queste persone è molto esposta alle correnti antiumaniste che tanta influenza esercitano in Occidente e dall'Occidente, e i cui effetti già si vedono nelle loro società.
Questi contrasti, che ci colpiscono quando usciamo dall'Europa, rievocano le figure di illustri pensatori giunti alla conclusione che la nostra cultura ha smarrito la via e non trova rimedi efficaci per ristabilirsi. Da Glucksmann a Habermas o Manent, essi richiamano la nostra attenzione su un Occidente diviso, in lotta con se stesso, esausto. Forse per questo, nel corso del XX secolo, molti europei sono arrivati a mettere in dubbio il valore dei frutti della civiltà nella quale sono nati. Ciò nonostante, rileviamo anche la tensione per non perdere questo preziosissimo patrimonio europeo di civiltà e di umanità, la cui ricchezza non ha quasi paragone nella storia, e che ha permesso, fra le altre cose, di parlare oggi di «persona».
In questo momento, noi europei sembriamo intravedere la fine di una crisi economica che è stata profonda e dolorosa per milioni di nostri concittadini. Da un lato, essa ha fatto emergere con particolare intensità quella sensazione di stanchezza e di esaurimento a cui abbiamo accennato, come se un profondo malessere albergasse nei nostri cuori. Dall'altro, la stessa crisi ci offre l'opportunità di ricominciare, di cambiare, di cercare di migliorare. A noi spetta un lavoro di discernimento della situazione in cui ci troviamo e delle possibili soluzioni. Che cosa sta accadendo agli europei? E, in particolare, che cosa sta accadendo ai cristiani europei? Non smetto di porre queste domande agli uomini di Chiesa, agli accademici e agli uomini di cultura, tanto credenti quanto agnostici o atei, che ho modo di incontrare. Non è facile tradurre la risposta in una strada pienamente determinata, ma la tabella di marcia che ci propone Julián Carrón nella prima parte del libro ci guiderà lungo i «sentieri interrotti» secondo l'espressione di Martin Heidegger — della nostra società.
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MIRELLA TRAVAGLIA il 28 aprile 2017 alle 12:20 ha scritto:
bello però un po lungo