Nomade
-Perché lIslam non è una religione per donne
(Saggi stranieri)EAN 9788817034371
Le donne, nel cristianesimo, sono teologicamente sullo stesso piano degli uomini; il mondo laicista, però, pone l’accento sul sacerdozio maschile per propagare una “leggenda nera” anticattolica (eppure, basterebbe pensare al ruolo dato dai cattolici alla Madonna per rendersi conto di quanto sia falsa una simile diceria…). Invece esiste una religione per cui le donne sono considerate apertamente come esseri inferiori: sono sottoposte in tutto e per tutto al marito, la loro testimonianza vale la metà di quella di un uomo e, in quanto alla carriera sacerdotale, non c’è neppure da parlarne… Ma, in questo caso, il mondo laicista tace, continuando a far credere che tale religione sia accettabile e che possa perfettamente esistere nei territori europei.
Tale religione è, ovviamente, l’islam. Allora, dato che le numerose opere di autori europei e americani che mettono in guardia contro l’apparente bontà dell’islam non vengono prese in considerazione, il mondo laicista dovrà tener conto almeno di questo lavoro della somala Ayaan Hirsi Ali, nota per essere stata l’ispiratrice del film Submission, quello che è costato la vita a Theo van Gogh.
La Ali, che viene da un’educazione musulmana, attraverso i suoi libri (questo è il terzo edito da Rizzoli, dopo la biografia Infedele – uscita tre anni fa e ora approdata alla collana economica Bur – e Se Dio non vuole, mentre con Einaudi ha pubblicato Contro la segregazione nella società islamica) ha denunciato il clima di violenza e sopraffazione che esiste per le donne nell’islam. Pur inficiato da una visione che ella stessa definisce “illuminista”, il suo grido di dolore colpisce per l’intensità: esso può venire solo da chi ha conosciuto la violenza islamica e ha tentato di fuggirla (per evitare un matrimonio combinato) scappando in Europa, salvo poi ritrovare sacche di mentalità islamica anche nelle nostre zone e, soprattutto, l’indifferenza vigliacca e colpevole della cosiddetta “intellighentsia” occidentale che, forse per odio alla religione cristiana, difende a spada tratta, in nome della pluralità, una religione come l’islam che tutto è fuorché pluralista.
In Nomade, seguito ideale della controversa autobiografia Infedele, racconta la sua esperienza di figlia e di donna in un contesto culturale in cui l’altra metà del cielo è ancora costretta alla mutilazione genitale, alla schiavitù coniugale, alla lapidazione: non in un Paese remoto e selvaggio, ma nell’appartamento accanto, nella “libera” Olanda. Il racconto della sua vita diventa infatti il punto di partenza di un viaggio nel cuore delle comunità islamiche in Europa intrapreso per ascoltare le testimonianze di decine di donne maltrattate e oppresse.
La conclusione, secondo l’autrice, è che da questa terribile realtà si può uscire solo con una solidarietà nuova, capace di coinvolgere le scuole, la politica, la Chiesa. Quella stessa Chiesa, considerata retrograda dai laicisti, ma che per la ex musulmana Ali è invece un faro di libertà. Ma non è possibile, dunque, colloquiare almeno con le frange più moderate dell’islam? Non esiste, sostiene l’autrice, un islam moderato, ma solo una dittatura sessista che si deve combattere come la più grave forma di razzismo. Un grido del cuore, un racconto sconvolgente e spietato, che ci ricorda come l’istruzione, il lavoro e la libertà non siano un dato di fatto, ma una conquista e un privilegio. Che a molte, troppe, è negato, anche per colpa del nostro silenzio.
Tratto dalla rivista Radici Cristiane n. 58 - Ottobre 2010
(http://www.radicicristiane.it)
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