Il volume racconta il confronto tra la politica costantiniana, la tradizione imperiale romana e le grandi tradizioni religiose mediterranee.
Nel tessuto della città antica, a lungo le appartenenze religiose si erano sovrapposte e intrecciate, con scambi fecondi e convergenze inattese. Vi prendevano parte piena anche i fedeli cristiani, sempre più numerosi. Quando sancì la pace religiosa, Costantino scelse il Dio cristiano come protettore dell’impero e garante della coesione sociale, e attribuì ai suoi sacerdoti la gestione del sacro. Non volle sottomettergli a forza gli altri culti e fedi poiché pensava che nella concordia e nel tempo tutti si sarebbero convinti della sua verità. Ricorse alla legge per identificare i fedeli e, per amministrarli, cercò netti confini nella dottrina e nella pratica tra le diverse comunità religiose.
Il suo progetto fu in parte assecondato e in parte contrastato da cristiani, pagani ed ebrei. Del precario equilibrio di antico e di nuovo realizzato in quei decenni restano testimonianze evidenti nelle immagini auliche e di uso comune e nell’opera di costruzione dell’imperatore, che intervenne con sensibilità diverse a Roma, Costantinopoli e Gerusalemme.
Il mondo costantiniano durò poche generazioni. L’esigenza delle autorità cristiane di definire l’appartenenza dei fedeli sulla base del dogma trinitario, la loro volontà di affermare la propria libertà dal rapporto imperiale e la mancanza di imperatori della levatura politica e culturale di Costantino, in grado di governare la complessità religiosa, ne causarono la fine. Con conseguenze rilevanti per il futuro, perché si delineò un modello in cui la chiesa richiedeva all’autorità politica l’obbedienza nella fede riconoscendole il potere di costringere alla verità. Iniziavano intanto il loro cammino la leggenda del ritrovamento della croce di Cristo, che fece di Elena il modello della sovrana cristiana, e quella di papa Silvestro, che inventò un rapporto privilegiato, carico di conseguenze temporali, tra l’imperatore e il romano pontefice. Per innumerevoli generazioni furono esse, non i dati storici, a determinare immagine e fortuna dell’imperatore e della madre.